Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE V CIVILE
Il Giudice, in persona della dott.ssa Fabiana Corbo, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile di I grado iscritto al n. 45371/2018 del Ruolo Generale degli Affari Civili, TRA
(...), (...), (...),
elettivamente domiciliati in Roma, Via (...), presso lo studio dell'avv. (...), che li rappresenta e difende come da procura in atti
ATTORI contro
CONDOMINIO (...) IN ROMA, elettivamente domiciliato in Roma, (...), presso lo studio dall'avv. (...), che lo rappresenta e difende come da procura in atti
CONVENUTO
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato, (...), (...) e (...) convenivano in giudizio il Condominio di (...) in Roma, chiedendo di "accertare e dichiarare la illegittimità, nullità e/o annullabilità della delibera assembleare adottata dal Condominio (...) Roma in data 9.5.2018 (denominata per errore
materiale di trascrizione "Verbale dell'assemblea del giorno 12/05/2014) con riferimento al punto n. 9 posto all'ordine del giorno per i motivi esposti in narrativa e per l'effetto dichiarare nulla in parte qua la menzionata delibera, inefficace ed invalida, con ogni conseguente pronuncia di legge " Gli attori, in particolare, deducevano:
- di essere, (...), nudo proprietario e, (...) e (...), usufruttuari di un locale "uso negozio" posto al piano primo, categoria C/1, con accesso da (...) in Roma;
- che l'assemblea del 9 maggio 2018, con la presenza di condomini per 531,7 millesimi ed il voto favorevole di condomini per millesimi 295,4, deliberava di procedere alla collocazione di rastrelliere per biciclette sulla rampa di accesso al garage condominiale;
- che, una volta apposte dall'Amministrazione condominiale le rastrelliere in argomento, gli attori ne avevano rilevato la lesività nell'ambito del procedimento di mediazione dai medesimi promosso dinanzi all'Organismo di Mediazione Forense di Roma con istanza n. 2338/2018;
- che il procedimento di mediazione suddetto si era chiuso senza seguito stante l'assenza del Condominio il quale, nelle more, aveva provveduto a rimuovere temporaneamente le rastrelliere confermando tuttavia la validità della delibera contestata;
- che, stante la mancata risoluzione della vertenza in sede di mediazione, gli attori si erano visti costretti a impugnare giudizialmente la citata delibera del 9 maggio 2018;
- che, in particolare, tale delibera appariva viziata dalla nullità e/o annullabilità per insussistenza della prescritta maggioranza valida per il deliberato di cui al punto n. 9 posto all'ordine del giorno, risultando la stessa comunque lesiva degli interessi degli attori, posto che le rastrelliere erano state posizionate nei pressi delle finestre del locale interrato di proprietà degli stessi, determinando un rilevante pregiudizio per la fruibilità dello stesso ed una diminuzione della visuale e della luce.
Si costituiva in giudizio il Condominio di (...), Roma, chiedendo il rigetto delle domande attoree e "in via riconvenzionale, previo accertamento della contrarietà alle disposizioni contenute nel regolamento di Condominio dell'utilizzo al quale gli attori hanno adibito il proprio locale sito all'int. B del Condominio di (...), condannare gli stessi a cessare immediatamente tale indebito utilizzo nonché a ripristinare l'originaria destinazione d'uso dell'immobile sopra citato". Il Condominio, in particolare, deduceva:
- che a sostegno dell'azione giudiziale incardinata dagli attori erano state poste ragioni ed eccezioni non conformi a quelle poste dagli attori medesimi a fondamento dell'istanza di mediazione poiché, da una parte, l'azione di annullamento della delibera era da ritenersi inammissibile per decorso del termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c. e, dall'altra, risultava improcedibile la domanda di nullità per mancato esperimento del procedimento di mediazione ex D.Lgs. 28/2010;
- che l'intervenuta installazione delle rastrelliere per bici, oltre ad essere espressione di sensibilità alle tematiche ambientali e come tale da ritenersi moralmente lodevole, non poteva in alcun modo ledere gli interessi degli attori, né gli stessi avevano offerto alcun riscontro probatorio di segno contrario;
- che, stante l'illegittimo cambio di destinazione d'uso posto in essere dagli attori con riguardo al proprio immobile (convertito da autorimessa C/6 a negozio C/1 senza richiedere la prescritta autorizzazione all'assemblea condominiale, trattandosi di trasformazione non contemplata dal regolamento), gli attori medesimi dovevano in via riconvenzionale essere condannati a ripristinare l'originario status del proprio immobile.
All'udienza del 25 gennaio 2019, il Giudice, rilevando che l'oggetto della domanda riconvenzionale spiegata dal Condominio convenuto non era stato previamente discusso in sede di mediazione, onerava le parti di incardinare il relativo procedimento. All'incontro di mediazione del 26 febbraio 2019, alla presenza di tutte le parti, il mediatore prendeva atto dell'indisponibilità delle parti a mediare e redigeva conseguentemente verbale di mediazione negativa.
All'esito dell'udienza del 20 settembre 2019, il Giudice - preso atto dell'esito negativo del procedimento di mediazione - come da richiesta dei procuratori delle parti, concedeva i termini per il deposito delle memorie istruttorie di cui all'art. 183, comma 6 c.p.c. All'udienza del 22 ottobre 2021 le parti precisavano le proprie conclusioni e la causa veniva, pertanto, trattenuta in decisione, con concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e relative repliche.
La domanda attorea non merita accoglimento.
L'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità è nel senso di considerare "nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito, le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto. Debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione delle parti, quelle adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritte dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto" (Cass. n. 4806/2005).
La nullità, in tema di condominio, è quindi categoria residuale che ricorre solo laddove il vizio sia così grave da inficiare in radice l'atto e che può, pertanto, essere rilevato in ogni tempo. Nel caso di specie, è da escludersi che la delibera assembleare de qua possa considerarsi nulla, non potendosi ritenere che la stessa incida "sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini".
Gli attori, infatti, non hanno provato la pericolosità derivante dal posizionamento delle rastrelliere in discesa lungo la rampa carrabile. Neppure può affermarsi che tale rastrelliera comporti una significativa limitazione di luce o di aria in danno della proprietà attorea né la medesima può essere considerata fonte di immissioni nocive (che, al più, potrebbero derivare dal passaggio di veicoli a motore). La doglianza degli attori, infatti, è rimasta una allegazione generica priva di riscontri probatori e, in ogni caso, smentita dalle evidenze della documentazione fotografica versata in atti. Come si evince dalle foto prodotte, infatti, sia per il posizionamento della
rastrelliera che per la struttura delle biciclette, unici veicoli che possono essere posizionati su detta rastrelliera, deve escludersi che il locale degli attori subisca una significativa riduzione di luminosità (quand'anche fossero utilizzate tutte le rastrelliere contemporaneamente) e in alcun modo una limitazione di aria.
L'uso più intenso di detta porzione di rampa, oltre a non intralciare il passaggio e la manovra dei veicoli sulla rampa (anche ciò è già evidente dalle foto) e a non mutare la destinazione del bene comune, non costituendo, all'evidenza un'innovazione (e non richiedendo peraltro, maggioranze qualificate), rappresenta, piuttosto, un ampliamento ed un miglioramento dei servizi comuni fruibili da tutti i condomini, attuativi, peraltro, delle prescrizioni regolamentari vigenti nel Comune di Roma e puntualmente richiamate dalla parte convenuta. Oltre alla lesione dei diritti individuali, gli attori lamentano vizi formali della delibera, vizi che, tuttavia, non sono stati tempestivamente dedotti in sede di mediazione e rispetto ai quali -stante la necessaria simmetria che deve sussistere tra istanza di mediazione e domanda di merito (sotto il profilo di petitum e causa petendi) ai fini della procedibilità della domanda e degli effetti interruttivi della stessa (tra cui quello che qui rileva del termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c., trattandosi di vizi di mera annullabilità) - deve escludersi l'ammissibilità nel presente giudizio. Per mera completezza può, peraltro, rilevarsi che, non trattandosi di innovazione, come sopra rilevato, la maggioranza richiesta nel caso di specie era quella di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. (secondo il quale "l'assemblea, in seconda convocazione, è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno 1/3 del valore dell'intero edificio e 1/3 dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno 1/3 dal valore dell'edificio"), in concreto rispettata.
Il convenuto ha proposto domanda riconvenzionale di condanna degli attori al ripristino dell'originaria destinazione del locale da essi dichiaratamente utilizzato come negozio e sito all'int. B del Condominio, in quanto ritiene l'avvenuto cambio di destinazione contrario alle disposizioni contenute nel regolamento condominiale.
Sul punto deve in primo luogo rilevarsi che nel regolamento invocato dal Condominio, all'art. 4, si prevede che "è data facoltà al proprietario int. B al piano interrato di trasformare il locale stesso con tramezzi e porte al fin di utilizzarlo come ufficio, laboratorio, appartamento, magazzino, garage, senza che egli sia obbligato a chiederne il consenso condominiale". E' evidente che detta clausola non pone un espresso divieto alla trasformazione del locale di parte attrice in locale con destinazione negozio, limitandosi ad autorizzare, in via preventiva, alcuni tipi di trasformazione, ritenuti, evidentemente, a priori compatibili con le esigenze di tutela della comunità condominiale. Laddove pure la clausola avesse previsto un espresso e specifico divieto, tuttavia, essa avrebbe dovuto essere sottoposta (e tanto non risulta dagli atti) ad uno specifico regime di pubblicità ai fini della sua opponibilità.
Sul punto, l'orientamento giurisprudenziale di legittimità ormai consolidato ritiene che le clausole regolamentari (come quella che pone un particolare divieto di destinazione) limitative dei diritti dominicali dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive debbano essere approvate da tutti i condomini, in quanto hanno valore negoziale. Come chiarito dalla Corte di Cassazione, infatti, tali clausole danno luogo a servitù reciproche atipiche consistenti, fra l'altro, nell'assoggettare al peso della non modificabiltià della destinazione tutti i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva, a vantaggio delle altre proprietà immobiliari (Cass. n. 21024/2016). Orbene, l'art. 2643, n. 4, c.c. richiede la trascrizione dei "contratti che costituiscono o modificano servitù prediali" al fine di renderli opponibili ai terzi acquirenti di un diritto reale incompatibile con la servitù medesima. Pertanto, la trascrizione di un atto di trasferimento della proprietà - senza alcuna menzione della servitù costituita a favore dell'immobile trasferito - non conferisce a questa alcuna pubblicità e non la rende opponibile ai terzi acquirenti del fondo servente, tranne nel caso in cui la servitù sia stata portata a loro conoscenza nei rispettivi atti di trasferimento (Cass. n. 5158/2003). Conseguentemente, poiché i limiti negoziali alla destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere ricompresi nell'ambito delle servitù, deve affermarsi che, ove il regolamento di condominio non sia richiamato nell'atto di acquisto dell'immobile o non sia stato espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto acquirente, per poter opporre dette clausole ai nuovi titolari del bene non è sufficiente la trascrizione del regolamento ma è altresì necessario che, nella nota di trascrizione, sia fatta specifica menzione della servitù.
Nel caso in esame, il regolamento di condomino richiamato dai convenuti è, tuttavia, privo dei richiesti requisiti per poter essere opponibile. Il regolamento de quo, infatti, non risulta essere stato trascritto. Le pagine che riportano il contenuto del regolamento non recano stampigliatura alcuna in ordine alla data ed al numero di trascrizione né vi è prova della necessaria nota di trascrizione (non prodotta) con l'inserimento delle clausole limitative dei diritti dei condomini ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c. Neppure risulta dagli atti, del resto, che il regolamento di condominio e la clausola invocata siano stati espressamente oggetto di accettazione, al momento dell'acquisto, da parte degli attori.
Ne consegue il rigetto della domanda riconvenzionale formulata dal Condominio.
In ordine alle spese di lite, se ne può disporre la compensazione stante la soccombenza reciproca. P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa:
- rigetta la domanda principale;
- rigetta la domanda riconvenzionale;
Roma, 19 gennaio 2023.
Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2023.