L’amministratore decide per la mediazione, i condomini sono di diverso avviso e non ratificano la decisione dell’amministratore – quali conseguenze in ordine alle spese legate alla mediazione?

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In tema di mediazione, la c.d. “riforma Cartabia” ha dato all’amministratore grande importanza, attribuendogli il potere / dovere di decidere se il condominio debba essere coinvolto – attivamente, come parte istante, o passivamente, come parte invitata – in un procedimento di mediazione. La decisione circa la formalizzazione di un accordo transattivo, per contro, continua a essere di competenza esclusiva dell’assemblea. In ultima analisi, tuttavia, spetta a tale ultimo organo anche la competenza sulla decisione finale circa la bontà o meno della decisione presa dall’amministratore. Quale sarebbe la sorte delle spese legate a una mediazione voluta dall’amministratore, ma non condivisa e addirittura “bocciata” dalla compagine condominiale?

I termini della questione 
 
In fatto, la situazione ipotetica – ma niente affatto astratta o remota – è questa:
  1. un condominio si trova chiamato in una mediazione o, alternativamente, in una situazione, nella quale deve far valere un suo diritto e può / deve farlo attraverso la mediazione;
  2. l’amministratore, in totale autonomia e pienamente legittimato, decide di aderire alla mediazione o – nel secondo caso di cui sopra – di avviarla;
  3. tale decisione dell’amministratore comporta, per il condominio, dei costi;
  4. avviata la mediazione, l’amministratore convoca l’assemblea e chiede alla compagine condominiale la “ratifica” della sua decisione sub b). Da notare che questa “ratifica” è del tutto superflua sul piano giuridico e ha valenza relazionale e di fatto;
  5. l’assemblea esprime parere contrario alla mediazione e delibera di non approvare ex post l’operato dell’amministratore, con ciò non impartendo la sua “benedizione” alla spesa sostenuta a tale riguardo dall’amministratore.
 
Quella dianzi rappresentata è una situazione delicata e dubbia:
  • da un lato, il condominio è legittimamente “entrato” in una mediazione e ha sostenuto i relativi costi;
  • dall’altro lato, questa situazione è disapprovata dall’organo sovrano del condominio, che non riconosce l’utilità della spesa e non “ratifica” la bontà della decisione di sostenerla.
 
A tale ultimo proposito non bisogna perdere di vista quanto è stato apertamente statuito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 6.8.2010 n. 18331:
  • la Corte ha sottolineato che “l’organo principale, depositario del potere decisionale, è l’assemblea dei condomini”, definita anche come “l’organo deliberativo del condominio e l’organo cui compete l’adozione di decisioni in materia di amministrazione dello stesso”, 
  • la Corte ha chiarito che l’amministratore, in quanto tale, non ha “nessun potere decisionale o gestorio”;
  • la Corte ha puntualizzato che “la prima, fondamentale, competenza dell’amministratore consiste nell’’eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini’”.
 
Cosa succede della spesa sostenuta per la mediazione? La compagine condominiale ha titolo per rivendicare qualcosa dall’organismo di mediazione? Ha titolo per formulare qualche pretesa – di rimborso o di indennizzo – nei confronti dell’amministratore?
 
Il dato normativo
 
Le disposizioni rilevanti sono queste:
  • l’art. 1130, primo commacod. civ., ai sensi del quale l’amministratore deve fare “quanto previsto (…) dalle vigenti disposizioni di legge”;
  • l’art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28, ai sensi del quale l’amministratore “è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi”;
  • l’art. 1131, primo comma, cod. civ., ai sensi del quale, nei limiti delle sue attribuzioni, l’amministratore “ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi”;
  • l’art. 1388 cod. civ. – richiamato dall’art. 1704 cod. civ. in tema di mandato e cioè del contratto che lega il condominio e l’amministratore – ai sensi del quale “Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell'interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato”.
 
La soluzione interpretativa
 
Si ritiene che il Condominio debba farsi carico della spesa legata alla mediazione voluta dall’amministratore e che i condomini non abbiano la possibilità di censurare, sul piano giuridico, l’operato dell’amministratore.
 
Il ragionamento è questo:
  • l’amministratore deve, ex art. 1130, primo comma, cod. civ., fare quello che prevede la legge;
  • la legge – il riferimento è all’art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28 – prevede la completa autonomia decisionale dell’amministratore;
  • quanto l’amministratore, nella sua veste di mandatario con rappresentanza del condominio, fa nei limiti del suo mandato produce effetto ex artt. 1388 e 1704 cod. civ. direttamente per il condominio, nella sua veste di mandante rappresentato;
  • non occorre alcuna ratifica dell’operato dell’amministratore.
 
La decisione dell’amministratore impegna per legge il Condominio, il quale non può in alcun modo sottrarsi – né verso l’organismo di mediazione né verso l’amministratore – all’obbligo derivante dalla decisione di promuovere la mediazione / aderire a essa.
 
Resta “solo” il piano relazionale e negoziale. Nel senso che la compagine condominiale può ritenere, a causa e per effetto della decisone presa in ordine alla mediazione, che l’amministratore non meriti più fiducia e/o che non la rappresenti più in maniera adeguata e/o che non ci sia più la necessaria sintonia e, quindi, revocare l’amministratore stesso.
Ma la cosa è – come si diceva – su un piano diverso, relazionale e negoziale e non giuridico.
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