Mentre inseriva la moneta per sbloccare il carrello del supermercato in cui andava ogni giorno a fare la spesa, Lisa fu assalita da un’ondata di rabbia mista a sconforto: “Perché nessuno l’ascoltava mai!?
Come ogni giorno, anche quella mattina, appena sveglia, aveva dovuto affrontare la frustrazione di constatare l’inutilità di ogni tentativo che aveva posto in essere per ottenere un comportamento più responsabile dai suoi due figli, Petra e Ferruccio, i quali non volevano saperne di alzarsi dal letto in tempo per prepararsi ad andare a scuola senza lasciare la loro camera ed il bagno come se vi fosse passato un ciclone, costringendola ogni volta all’inutile fatica di riordinare.
Diego, suo marito, non sembrava neppure accorgersi dell’avvilimento che lei provava per non avere mai nessuno che si interessasse realmente ai suoi problemi, ai suoi desideri. Lui trovava a malapena il tempo per qualche comunicazione di servizio, durante la frettolosa colazione, prima di uscire per andare al lavoro, da dove tornava la sera, stanco e nervoso a causa di tutti i problemi che lo avevano angustiato durante il giorno, che non mancava mai sciorinare in un monologo che si esauriva solamente quando lui si sedeva sul divano, davanti alla televisione.
Strappò stizzosamente la linguetta di carta con il numerino dal distributore situato davanti al bancone della gastronomia. Sentì le lacrime salirle agli occhi, mentre le tornavano alla mente le conversazioni tra lei e Greta, la sua collega d’ufficio che, teoricamente, avrebbe dovuto essere anche la sua migliore amica, sebbene fosse di quindici anni più giovane. Invece non faceva altro che parlare di sé, dei “suoi” rapporti con gli altri colleghi, delle difficoltà che incontrava nel “suo” lavoro e di quanto il capoufficio fosse stato costretto a riconoscere le “sue” capacità, specialmente dopo il periodo in cui era stata assente dal lavoro perché si era fatta fare l’operazione di chirurgia estetica al seno.
Il capoufficio! Per poter dire al commesso il tipo e la quantità di affettati che desiderava acquistare, dovette mordersi con forza il labbro inferiore, nel tentativo di far cessare il tremito di rabbia provocatole dal pensiero di quel donnaiolo da strapazzo, che non sapeva far altro che caricarla di lavoro per avere la libertà di provarci con tutte le “gattemorte” dell’ufficio, infischiandosene delle sue lamentele sulla disorganizzazione del lavoro e sugli orari impossibili che lei era costretta a fare per sbrigare la mole di pratiche che lui le scaricava addosso.
Le si annebbiò la vista a causa della pressione psicologica esercitata da quei pensieri, così che quando il giovanotto dall’affettatrice le chiese distrattamente: “Oltre al prosciutto cotto, cosa ha detto che voleva?” lei sbatté con violenza il pugno sul vetro del bancone ed urlò con quanto fiato aveva in gola all’allibito garzone:
“VOGLIO CHE QUALCUNO MI ASCOLTI, RAZZA DI SALAME!”
La situazione descritta è frutto della mia fantasia, certo.
Eppure quanti di noi avvocati si confrontano ogni giorno con la frustrazione di clienti che cercano invano, nelle aule dei tribunali, qualcuno che mostri un reale interessamento per le loro questioni, piccole o grandi che siano; qualcuno che sappia guardare oltre il freddo dettato di norme generali ed astratte, per calarsi nella quotidianità delle loro storie e coglierne quegli aspetti, magari meno evidenti ma non per questo meno importanti.
Quante volte è capitato a ciascuno di noi avvocati di ascoltare, non senza un pizzico di ironico disincanto, un cliente affermare con ingenua convinzione: “Vedrà che quando il giudice sentirà ciò che ho da dire, non potrà fare altro che darmi ragione!”
Al contrario, mi pare un dato di fatto incontrovertibile che al giorno d’oggi l’amministrazione della giustizia mediante la gestione del contenzioso, sempre meno richieda, sempre meno ricerchi il contatto diretto e non filtrato tra la voce dei cittadini e le orecchie di chi, delle loro questioni, è chiamato a giudicare.
Ecco perché sono convinto, come avvocato e come mediatore, dell’utilità che può scaturire dall’istituto della mediazione, specialmente se condotta con professionalità e cura, rivolta all’indagine approfondita di tutti gli interessi effettivamente coinvolti nelle singole controversie analizzate, per la ricerca di un loro equo contemperamento alla luce del Diritto e della Ragione.
101 Mediatori investe nella formazione dei suoi mediatori affinché tutte le parti della controversia possano trovare ascolto e comprensione effettivi dei loro rispettivi bisogni per aumentare le possibilità di successo nella ricerca dell’accordo.
Mettici alla prova. Affidati a 101 Mediatori per la tua prossima mediazione.
Come ogni giorno, anche quella mattina, appena sveglia, aveva dovuto affrontare la frustrazione di constatare l’inutilità di ogni tentativo che aveva posto in essere per ottenere un comportamento più responsabile dai suoi due figli, Petra e Ferruccio, i quali non volevano saperne di alzarsi dal letto in tempo per prepararsi ad andare a scuola senza lasciare la loro camera ed il bagno come se vi fosse passato un ciclone, costringendola ogni volta all’inutile fatica di riordinare.
Diego, suo marito, non sembrava neppure accorgersi dell’avvilimento che lei provava per non avere mai nessuno che si interessasse realmente ai suoi problemi, ai suoi desideri. Lui trovava a malapena il tempo per qualche comunicazione di servizio, durante la frettolosa colazione, prima di uscire per andare al lavoro, da dove tornava la sera, stanco e nervoso a causa di tutti i problemi che lo avevano angustiato durante il giorno, che non mancava mai sciorinare in un monologo che si esauriva solamente quando lui si sedeva sul divano, davanti alla televisione.
Strappò stizzosamente la linguetta di carta con il numerino dal distributore situato davanti al bancone della gastronomia. Sentì le lacrime salirle agli occhi, mentre le tornavano alla mente le conversazioni tra lei e Greta, la sua collega d’ufficio che, teoricamente, avrebbe dovuto essere anche la sua migliore amica, sebbene fosse di quindici anni più giovane. Invece non faceva altro che parlare di sé, dei “suoi” rapporti con gli altri colleghi, delle difficoltà che incontrava nel “suo” lavoro e di quanto il capoufficio fosse stato costretto a riconoscere le “sue” capacità, specialmente dopo il periodo in cui era stata assente dal lavoro perché si era fatta fare l’operazione di chirurgia estetica al seno.
Il capoufficio! Per poter dire al commesso il tipo e la quantità di affettati che desiderava acquistare, dovette mordersi con forza il labbro inferiore, nel tentativo di far cessare il tremito di rabbia provocatole dal pensiero di quel donnaiolo da strapazzo, che non sapeva far altro che caricarla di lavoro per avere la libertà di provarci con tutte le “gattemorte” dell’ufficio, infischiandosene delle sue lamentele sulla disorganizzazione del lavoro e sugli orari impossibili che lei era costretta a fare per sbrigare la mole di pratiche che lui le scaricava addosso.
Le si annebbiò la vista a causa della pressione psicologica esercitata da quei pensieri, così che quando il giovanotto dall’affettatrice le chiese distrattamente: “Oltre al prosciutto cotto, cosa ha detto che voleva?” lei sbatté con violenza il pugno sul vetro del bancone ed urlò con quanto fiato aveva in gola all’allibito garzone:
“VOGLIO CHE QUALCUNO MI ASCOLTI, RAZZA DI SALAME!”
La situazione descritta è frutto della mia fantasia, certo.
Eppure quanti di noi avvocati si confrontano ogni giorno con la frustrazione di clienti che cercano invano, nelle aule dei tribunali, qualcuno che mostri un reale interessamento per le loro questioni, piccole o grandi che siano; qualcuno che sappia guardare oltre il freddo dettato di norme generali ed astratte, per calarsi nella quotidianità delle loro storie e coglierne quegli aspetti, magari meno evidenti ma non per questo meno importanti.
Quante volte è capitato a ciascuno di noi avvocati di ascoltare, non senza un pizzico di ironico disincanto, un cliente affermare con ingenua convinzione: “Vedrà che quando il giudice sentirà ciò che ho da dire, non potrà fare altro che darmi ragione!”
Al contrario, mi pare un dato di fatto incontrovertibile che al giorno d’oggi l’amministrazione della giustizia mediante la gestione del contenzioso, sempre meno richieda, sempre meno ricerchi il contatto diretto e non filtrato tra la voce dei cittadini e le orecchie di chi, delle loro questioni, è chiamato a giudicare.
Ecco perché sono convinto, come avvocato e come mediatore, dell’utilità che può scaturire dall’istituto della mediazione, specialmente se condotta con professionalità e cura, rivolta all’indagine approfondita di tutti gli interessi effettivamente coinvolti nelle singole controversie analizzate, per la ricerca di un loro equo contemperamento alla luce del Diritto e della Ragione.
101 Mediatori investe nella formazione dei suoi mediatori affinché tutte le parti della controversia possano trovare ascolto e comprensione effettivi dei loro rispettivi bisogni per aumentare le possibilità di successo nella ricerca dell’accordo.
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