La competenza per territorio degli organismi di mediazione alla luce della riforma: accanto ai profili di incertezza applicativa, che permangono, si affaccia una novità positiva.

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Prof. Avv. Brunella Brunelli

Tra le norme di procedura che governano la mediazione riformata dall’art. 7 d.lgs. n. 149 del 2022, vi è quella dedicata alla competenza territoriale, che subisce un piccolo, ma, per certi versi significativo, restyling.

A cura del Mediatore Prof. Avv. Brunella Brunelli da Bologna.
Letto 4064 dal 30/07/2024

In questo contributo, descriverò nel dettaglio le regole contenute nel nuovo art. 4, comma 1°, d.lgs. n. 28 del 2010 per individuare l’organismo di mediazione territorialmente competente.
 
1. Note introduttive
 
Com’è noto, il d.lgs. n. 28 del 2010 ha introdotto nel nostro ordinamento il sistema della mediazione strutturata, ovvero accreditata ed amministrata dagli organismi, realizzando in tal modo una forma di integrazione tra la mediazione ed il sistema giudiziario e attuando, altresì, il principio fondamentale codificato all’art. 1, comma 1°, della Direttiva comunitaria 2008/52/CE del 21 maggio 2008,  che impone di  garantire « un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario ».
Non è possibile, quindi, esercitare le funzioni di mediatore al di fuori di un organismo di mediazione (tanto che a quest’ultimo è fatto divieto di percepire compensi direttamente dalle parti: art. 14 d.lgs. n. 28 del 2010) perché l’intero impianto legislativo è stato congegnato, fin dall’origine, sul presupposto che la mediazione debba comunque essere svolta in seno ad un organismo, assoggettato ad un sistema di  controlli e responsabilità.
Ciò nonostante, mancava nell’iniziale versione del d.lgs. n. 28 del 2010 l’inserimento di uno specifico criterio teso ad individuare l’organismo presso cui depositare la domanda di mediazione: spiegava, a questo proposito, il legislatore, nella Relazione illustrativa al decreto, che deliberatamente, non si stabilisce un criterio di competenza in senso proprio, così da evitare una impropria giurisdizionalizzazione della sequenza che avrebbe alimentato contrasti e imposto criteri per la risoluzione dei conflitti ».
Ma poi, nel 2013, al fine di arginare il fenomeno, subito segnalato dalla dottrina più accorta, di un possibile forum shopping, specialmente con riguardo alla mediazione obbligatoria, il criterio della competenza territoriale è stato inserito nel testo dell’art. 4, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010, facendo gravare sulla parte istante l’onere di scegliere l’organismo presso cui depositare la domanda, « nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia ». 
La novella  del 2013 intendeva favorire l'agevole partecipazione delle parti alla procedura compositiva in funzione deflattiva, anche per evitare ogni abuso o strumentalizzazione derivante dalla distanza intercorrente tra sede dell'organismo adito e luogo di residenza delle parti o sede dei loro interessi. Per altro verso, tuttavia, si è così determinata una sorta di giurisdizionalizzazione della mediazione, fissandosi un criterio di competenza territoriale dell'organismo che deve appunto avere sede nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia ».
 I primi dubbi interpretativi sono stati chiariti dalla circolare del 27 novembre 2013 del Ministero della giustizia che all’uopo ha precisato che  l’individuazione dell'organismo di mediazione competente a ricevere l'istanza va fatta tenuto conto del luogo ove lo stesso ha la sede principale o le sedi secondarie; condizione necessaria è che le suddette sedi siano state regolarmente comunicate a questa amministrazione ed oggetto di provvedimento di iscrizione ». 
Alla luce di tali chiarimenti, è stato quindi ritenuto sufficiente che nel circondario del tribunale territorialmente competente per la controversia si trovi una sede secondaria dell'organismo di mediazione, regolarmente comunicata e iscritta presso il dicastero della giustizia, perché il procedimento possa considerarsi correttamente radicato presso di essa
 
2. La disciplina del nuovo art. 4, comma 1°, d.lgs. 28 del 2010

La disposizione in commento è stata conservata integra dalla riforma processuale del 2022, che si è limitata soltanto ad aggiungervi un importante ritocco, senza  pensare a risolvere i vecchi problemi.
Ma andiamo per ordine.
L’attuale testo dell’art. 4, comma 1°, d. lgs. n. 28/2010 così dispone: "La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è depositata da una delle parti presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. La competenza dell’organismo è derogabile su accordo delle parti. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito ».
Fondamentale rimane il richiamo all’art. 2 d.lgs. n. 28 del 2010, considerato che tale disposizione definisce le controversie oggetto di mediazione, ossia tutte quelle di natura civile o commerciale che vertono su diritti disponibili, senza preclusione alcuna per altri metodi di risoluzione alternativa delle controversie, come le negoziazioni volontarie e paritetiche e le procedure di reclamo e conciliazione previste dalle carte dei servizi. 
Il rinvio alle regole del codice del rito civile (contenute nel capo I, sezione III, dedicata alla competenza per territorio del giudice: artt. 18 – 30 bis c.p.c.) conferma poi la volontà del legislatore di imporre una corrispondenza tra luogo dell'organismo di mediazione e luogo del giudice competente, nel senso di collegare la localizzazione dell'organismo al foro della controversia e non viceversa. 
In coerenza con la finalità deflativa del processo, riconosciuta allo strumento della mediazione sin dalla sua introduzione nel nostro ordinamento, il meccanismo legislativo presuppone, in effetti, che prima sia individuato il foro giudiziale(secondo le regole processuali sulla competenza che, sotto il profilo territoriale, individuano in via principale il luogo di residenza/domicilio/sede del convenuto) e solo dopo sia determinato l'organismo cui accedere in fase conciliativa, sì da consentire alla parte invitata in mediazione la sua effettiva partecipazione senza oneri eccessivi  (così Cass., 2 settembre 2015, n. 17480).
La norma si preoccupa poi di regolare una situazione non particolarmente frequente nella pratica, ovvero l’eventualità che per la stessa controversia vengano presentate più domande avanti ad organismi differentiLa soluzione adottata è quella di prevenzione: si afferma, in particolare, che qualora siano state presentate più domande, relative alla medesima controversia, innanzi a organismi differenti, la competenza si radica in quello adito per primo.
Si stabilisce, infine, che il momento che deve essere considerato ai fini della prevenzione è quello del deposito della domanda.
Nulla, invece, è previsto per il caso di connessione, ovvero qualora diversi procedimenti radicati innanzi a molteplici organismi abbiano una comunanza di persone ovvero di petitum e/o causa petendi: si tratta, in realtà, di un’omissione voluta, posto che l’eventuale previsione di meccanismi di riunione dei procedimenti avrebbe potuto comportare un  indesiderato allungamento del termine di durata prescritto all’art. 6 d.lgs. 28 del 2010.
 
3. Le questioni ancora controverse 
 
Come si accennava sopra, la norma pone una serie di questioni, non affrontate dalla riforma Cartabia.
In primo luogo, il criterio fissato imporrebbe una chiara identificazione, ex ante, dell’oggetto della vertenza, cosa che non sempre è possibile, non solo perché, con riguardo alla domanda di mediazione, il legislatore ha volutamente omesso di indicare requisiti a pena di nullità e/o formalità particolari, ma anche per la buona ragione che spesso i confini della mediazione si allargano per ospitare nuovi elementi utili per favorire la ricerca di un percorso conciliativo.
Ne deriva che la ‘‘controversia’’ cui si lega la competenza dell’organismo spesso risulta l’insieme di una serie eterogenea di questioni, che si connettono ciascuna a differenti regole di competenza. 
In secondo luogo, l’eventuale genericità della domanda potrebbe poi offrire il destro alla parte chiamata per contestare l’identificazione dell’organismo operata dall’istante.
In simili casi, a mio avviso, la decisione dovrebbe spettare la mediatore, che potrebbe eventualmente consultarsi, specie nelle ipotesi più dubbie, con l’organismo cui appartiene. 
Diversamente ragionando, e negando perciò il potere del mediatore di valutare la fondatezza dell’eccezione, si dovrebbe arrivare a concludere che, salvo il caso in cui le parti si accordino a favore di un altro organismo reputato da entrambe competente, al mediatore non resterebbe altra soluzione che porre termine al procedimento con verbale negativo. Ma ciò implicherebbe poi l’ulteriore conseguenza che, se il giudice del successivo processo ritenesse infondata la questione di competenza, dovrebbe poi applicare le sanzioni previste dall’art. 12 bis d.lgs. 28 del 2010 per la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione.
In terzo luogo, è indubitabile che, nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, il preventivo esperimento della mediazione presso la sede di un organismo in luogo diverso da quello del giudice competente per la controversia possa, in astratto, apparire inidoneo a soddisfare la condizione di procedibilità della domanda.
Tuttavia, oggi come ieri, l'art. 4 in commento omette di individuare le sanzioni applicabili in caso di violazione del criterio di competenza per territorio. 
Al riguardo, la giurisprudenza ha ritenuto che, in caso di domanda di mediazione avanzata unilateralmente avanti ad organismo territorialmente incompetente, la conseguenza sia l'inefficacia della domanda: la richiesta di mediazione non produrrebbe alcun effetto, salva la facoltà delle parti di derogare al criterio di competenza territoriale e di rivolgersi, con domanda congiunta, ad altro organismo (cfr. Trib. Foggia, 19 luglio 2021, n. 1831; Trib. Torino, 16 ottobre 2022, n. 2577; Trib. Milano, 13 gennaio 2023, n. 220; Trib. Piacenza,  30 gennaio 2023, n. 28; Trib. Ragusa, n. 496/2020; Trib. Napoli, 14 marzo 2016; Trib. Mantova, n. 1049/2015; Trib. Milano, 26 febbraio 2016; Trib. Milano, 29 ottobre 2013).
Altra giurisprudenza opta invece per la soluzione secondo cui la domanda avanzata ad organismo incompetente debba ritenersi non tanto inammissibile o inefficace, quanto piuttosto, improcedibile, tamquam non esseta tenore della regola fissata dall'art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 (così Trib. Modena, 15 febbraio 2024, n. 405; Trib. Torino, 10 giugno 2022).
Per altro verso, è opportuno precisare, infine, che la competenza territoriale dell’organismo di mediazione non subisce spostamenti qualora la mediazione avvenga in modalità telematica. Si tratta, infatti, semplicemente, di modalità alternativa di svolgimento della procedura. La domanda di mediazione, quindi, dovrà essere presentata presso un organismo territorialmente competente, anche se si opta per gli incontri di mediazione a distanza con mezzi telematici.
 
 
4. Le novità introdotte dalla riforma Cartabia
 
Resta da commentare l’unica novità introdotta dalla novella, che senz’altro attenua il tasso di giurisdizionalizzazione della mediazione: la derogabilità della competenza su accordo delle parti, anche nelle ipotesi in cui la competenza territoriale del giudice sia inderogabile.
Orbene, la nuova norma, da un lato, non aggiunge nulla di particolarmente innovativo, essendosi sempre ritenuto – così come del resto avviene per la deroga alla competenza territoriale (derogabile) nel giudizio – che questo aspetto avrebbe potuto anche essere regolato diversamente dall’autonomia delle parti; dall’altro lato, non precisa in quale modo può avvenire la deroga: ex post, con istanza congiunta dinanzi ad un organismo astrattamente incompetente? Ex ante, con clausola contrattuale di mediazione? In via implicita, mediante mancata contestazione della parte invitata, da cui deriverà implicito accordo in deroga? 
A mio parere, tutti e tre questi modi vanno bene, visto che la norma non pone limitazioni.
Anzi, si può arrivare a concludere che eventuali accordi conclusi per facta concludentia non siano semplicemente legittimi, ma realizzino altresì il superamento di potenziali comportamenti ostruzionistici, attuati dalla parte che prima decida di partecipare al procedimento di mediazione, senza opporre alcunché in ordine al profilo della competenza, e successivamente, innanzi al giudice, sollevi invece l’eccezione dell’incompetenza territoriale dell’organismo.
Peraltro, vale la pena di ricordare che, nella vigenza della precedente disciplina, una coraggiosa giurisprudenza era già arrivata a tale soluzione, osservando quanto fosse priva di pregio «la tesi dell'assenza di preclusioni alla deduzione dell'incompetenza dell'organismo di mediazione, ove si consideri che anche il procedimento di mediazione, dopo le modifiche introdotte dall'art. 84 del d.l. n. 69 del 2013, ha una precisa scansione. Ai sensi dell'art. 5, comma 2 bis, d.lgs. n. 28 del 2010 [oggi art. 5, comma 2°] infatti un momento della fase di mediazione, quello del primo incontro davanti al mediatore, è dedicato a valutare se sussistano le condizioni perché essa possa proseguire proficuamente, anche al fine di contenere i costi della procedura. In quel frangente le parti dovranno allora rendere nota la loro eventuale disponibilità ad una soluzione transattiva ma anche, e ciò vale soprattutto per la parte convocata, l'esistenza di eventuali impedimenti (giustificato motivo di assenza, assenza del difensore o incompetenza per territorio dell'organismo di mediazione) alla loro partecipazione effettiva alla mediazione. Così facendo esse avranno modo di rimuovere l'ostacolo eventualmente verificatosi poiché, a seconda della sua natura, la parte priva di difensore potrà nominarlo entro una successiva seduta, quella impossibilita a partecipare di persona potrà ottenere un rinvio e quella che avesse rilevato l' incompetenza del mediatore darà di fatto alla controparte la possibilità di aderire all'eccezione riattivando il procedimento presso l'organismo territorialmente competente. La parte che invece rimanga inerte e silente in fase di mediazione, assumendo così una posizione assimilabile a quella del contumace in giudizio, si è sostenuto, non avrà diritto a far valere in sede giudiziale l' illegittimità del procedimento di mediazione sotto uno qualsiasi dei predetti profili e potrà evitare solo le conseguenze previste dall'art. 8, comma 4 bis, d.lgs. n. 28 del 2010 [oggi art. 12 bis ]se dimostrerà in giudizio la sussistenza di un giustificato motivo di assenza» (così Trib. Prato, 14 luglio 2021, n. 515).
 
5. Osservazioni conclusive
 
Considerando il fatto che non vi è alcun obbligo stabilito per legge di partecipare ad un procedimento di mediazione incardinato presso un organismo territorialmente incompetente, il legislatore ha perso una buona occasione per affermare se, nelle ipotesi di mediazione obbligatoria cui la parte invitata non abbia aderito senza comunicare alcunché, si possa o meno ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità. Sarebbe bastato poco, per evitare il successivo uso strumentale dell’eccezione di incompetenza. 
Come si è detto, la giurisprudenza nega che in tale ipotesi si possa configurare detta condizione; ma – a ben ragionare –  la scelta di un organismo incompetente non dovrebbe, da sola, comportare una simile conseguenza: il giudice, oltre a valutare (anche d’ufficio) la fondatezza dell’eccezione, dovrebbe anche verificare, alla luce del principio di buona fede, i comportamenti delle parti e considerare così se la mancata partecipazione dell’invitato derivi o meno da un fatto non imputabile alla parte; se, ed eventualmente in che misura, la convocazione avanti ad un organismo incompetente sia stata per il chiamato pregiudizievole in termini di costi e di tempo ecc. 
Soltanto alla luce di queste ulteriori circostanze il giudice dovrebbe poi decidere, optando per l’improcedibilità della domanda proposta dalla parte attrice, ovvero decretando l'applicazione di una sanzione pecuniaria alla parte convenuta per assenza ingiustificata al procedimento di mediazione.
Al riguardo, una lodevole pronuncia ha precisato che « la mancata comparizione all'incontro di mediazione è ingiustificata, non solo quando non si comunica alcuna causa di impedimento, ma anche quando la parte non si presenta, avendo comunicato preventivamente la propria assenza, sulla base della presunta inutilità del tentativo di conciliazione, posto che la partecipazione all' incontro di mediazione è una condotta assolutamente doverosa, dovendo il tentativo di mediazione essere effettivo, il che può avvenire solo con un confronto effettivo tra i partecipanti. Pertanto, l'assenza è giustificata solo se sussiste un reale motivo impeditivo, permanente e non temporaneo » (così App. Firenze, 31 agosto 2023, n. 1771).
 

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Chi è l'autore
Prof. Avv. Brunella Brunelli Mediatore Prof. Avv. Brunella Brunelli
Conseguita la laurea presso l’Università degli Studi di Bologna (con una tesi in diritto processuale civile su L'arbitrato commerciale internazionale nella prassi delle camere arbitrali) e l'abilitazione, mi sono iscritta all’Albo degli Avvocati di Bologna ed esercito la professione dal 1986.
Ho avuto il privilegio di essere allieva del prof. avv. Federico Carpi e, dal 1992, sono docente dell’Università di Bologna, dove oggi insegno Diritto processuale generale, del lavoro e delle procedure ...
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