Va esclusa la natura perentoria del termine di 15 giorni dettato dall’art 5 D.lgs. 28/2010

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Avv. Stefano Nulli

Tribunale di Trapani, sentenza del 06-02-2018

A cura del Mediatore Avv. Stefano Nulli da Torino.
Letto 1642 dal 14/05/2018

Commento:
Sul tema della perentorietà o meno del termine di 15 giorni assegnato dal giudice entro il quale dover dare avvio al procedimento di mediazione il Tribunale di Trapani interviene facendo proprio il recente orientamento dettato dalla Corte d’Appello di Milano (sentenza 24.5.2017).
Il termine di 15 giorni non è perentorio in quanto manca una previsione legale che lo qualifica in tal senso. La mediazione è una parentesi del procedimento ordinario ragion per cui è giusto non applicare ad alcuni dei termini che la caratterizzano le più rigide regole processuali. 

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Arianna Lo Vasco,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. 2910/2015 promossa da:
— (— in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. —
Con atto di citazione notificato il 21.12.15 la società in bonis, unitamente ai fideiussori,
rappresentava:
- di aver acceso: un contratto di conto corrente con apertura di credito, contrassegnato con il n……..
— un contratto di conto corrente con apertura di credito, contrassegnato con il n……..
— un contratto di apertura di credito nella forma del conto tecnico contrassegnato con il n. —; un
contratto di apertura di credito nella forma del conto tecnico contrassegnato con il n………..
- che dalle risultanze della perizia di analisi bancaria allegata i rapporti presentavano un saldo, a
credito per la società attrice, pari a € 169.155,84, ai quale avrebbe dovuto essere aggiunta la somma
di € 208.564,22 per effetto della determinazione del danno
patrimoniale da applicazione del TEG usurario.
Chiedeva, pertanto, accertare e dichiarare: l'inesistenza/nullità del contratto di apertura di credito
per mancanza di forma scritta ad substantiam, nei rapporti citati; inesistenza/nullità della clausole
regolatrici del rapporto in riferimento all’applicazione illegittima di interessi al tasso ultralegale,
capitalizzazione trimestrale degli interessi, commissione di massimo scoperto, applicazione dei
giorni di valuta, costi, competenze e spese a qualunque titolo pretese dalla Banca; individuarsi
l’esatto
ammontare dei rapporti di debito-credito tra le parti; condannare la Banca al pagamento della
somma risultante a credito; condannare la Banca al risarcimento del danno patrimoniale e morale
per l’iscrizione a sofferenza nella Centrale Rischi; condannare la Banca al risarcimento dei danni
morali nei confronti dei soci fidejussori.
Costituitasi, la convenuta, con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 14.03.2016,
eccepiva la prescrizione delle domande di ripetizione dell’indebito; evidenziava la legittimità del
proprio operato e delle pattuizioni intervenute. In particolare, negava l’applicazione di tassi usurari,
giacché indicati come tali da parte attrice in esito ad operazione di sommatoria tra interessi moratori
e corrispettivi, e pure tenendo conto della commissione di massimo scoperto.
In merito alla domanda di nullità del contratto per mancata apposizione della firma, evidenziava la
mancata produzione del contratto, tale da non consentirne l’esame.
Infine, invocava il rigetto delle domande risarcitorie.
*****
All’udienza di prima comparizione del 28.04.2016, il precedente istruttore assegnava alle parti
termine di 15 giorni per l’avvio della procedura di mediazione obbligatoria e fissava per il prosieguo
l’udienza del 25.10.2016.
Con ricorso depositato in data 25.07.2016, la — depositava ricorso per la riassunzione il
procedimento in epigrafe, adducendo l’intervento della causa di interruzione ex art. 43 L.F., stante
la sentenza n. 7 del 2.05.2017, con la quale era stato dichiarato il fallimento della — s.r.l.; faceva
proprie tutte le difese, eccezioni e richieste istruttorie già formulate ne1l’originario atto
introduttivo.
Con memoria del 21.10.16, di costituzione delle altre parti attrici ex art. 302 cpc, i fideiussori si
costituivano anticipatamente in riassunzione per la prosecuzione del giudizio, e nel contempo si
univano alla Curatela nella richiesta di fissazione della data di udienza per la prosecuzione del
giudizio.
All’udienza del 25.10.16, preliminarmente, il g.o.t. già designato evidenziava la sopravvenuta
modifica tabellare escludente la possibilità per i giudici onorari di trattare le cause aventi tra le parti
una Curatela fallimentare.
Indi, il fascicolo veniva trasmesso a questo giudice in data 27.4.17, e con provvedimento di
ricalendarizzazione dei procedimenti da ultimo assegnati ad esito di variazione tabellare, agli atti,
veniva fissata per la trattazione dei procedimenti iscritti a ruolo nel 2015 l’udienza del 29.05.2017.
A detta udienza si procedeva anche alla trattazione della presente causa, con l’accordo di tutte le
partì che si dichiaravano reintegrate nelle reciproche prerogative
difensive rispetto all’evento interruttivo (cfr. verbale) ed che indi effettuavano le rispettive
deduzioni in rito ed in merito, pure seguite dal deposito di ulteriori ed articolate note difensive.
La Curatela ed i fideiussori chiedevano fissarsi nuovo termine per l’avvio della mediazione, ritenendo
quello già assegnato travolto per effetto della causa interruttiva; parte convenuta, invece,
preliminarmente eccepiva l’improcedibilità della domanda proprio per il mancato esperimento del
tentativo di mediazione nei termini assegnati.
All’udienza del 11.12.2017 la causa veniva assunta in decisione relativamente alla eccezione
preliminare eccepita da parte convenuta.
*****
Tanto premesso, quanto alla questione preliminare sollevata da parte convenuta circa
l’improcedibilità del procedimento per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di
mediazione, si osserva quanto segue.
Nel caso di specie è incontestato che la controversia debba considerarsi rientrante nelle materie
che — ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. 28/2010 — sono soggette al tentativo di
mediazione civile obbligatoria.
Appare quindi opportuna una breve riflessione sulla natura del termine di giorni quindici che, ai
sensi dell’art. S, commi 1 bis e 2, D. Lgs. n. 28/10, il giudice assegna alle parti per la presentazione
della domanda di mediazione, quando decide di dispone l’esperimento «valutata la natura della
causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti».
E‘ noto come nella giurisprudenza di merito si siano registrati orientamenti oscillanti sulla natura
perentoria o ordinatoria del predetto termine.
In particolare, secondo un primo indirizzo, detto temine avrebbe carattere perentorio, pur in
assenza di una esplicita previsione legale in tal senso, derivando tale conclusione dal principio
giurisprudenziale secondo cui il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in
via interpretativa, tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso
debba essere rigorosamente osservato (cfr., in questo senso, Cass. n. 14624/00; Cass., n. 4530/04).
Quanto poi alla fattispecie della mediazione demandata, l’implicita natura perentoria del termine in
parola si evincerebbe dalla stessa gravità della sanzione prevista, vale a dire l’improcedibilità della
domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione. Da ciò conseguirebbe che il
tardivo esperimento della mediazione disposta dal giudice, ai sensi delPart. 5, comma 2, D.Lgs. n.
28/2010, produce gli stessi effetti del mancato esperimento della stessa, ossia impedisce
l’avveramento della condizione di procedibilità ed impone, sempre e comunque (vale a dire, senza
possibilità di sanatoria), la declaratoria di improcedibilità del giudizio, con chiusura in rito del
processo (cfr, in tal senso, Trib. Lecce, 03.03.2017; Trib. Cagliari, 08.02.2017; Trib. Firenze,
14.09.2016; Trib. Reggio Emilia, 14.07.2016; Trib. Firenze, 04.06.2015; Trib. Bologna, 15.03.2015).
Secondo l’opposto orientamento giurisprudenziale, in assenza di una espressa previsione di
perentorietà del termine assegnato dal giudice ex art. 5, secondo comma, D.Lgs. n. 28/2010, la
presentazione della domanda di mediazione successivamente al termine di quindici giorni assegnato
dal giudice non consentirebbe di ritenere operante la sanzione di improcedibilità invece prevista per
il mancato esperimento del tentativo di mediazione, dovendosi dare prevalenza all’effetto
sostanziale dello svolgimento del procedimento (cfr., Trib. Milano, 27.09.2016; Trib. Pavia,
14.10.2015).
A tale considerazione è stato aggiunto che, non essendo la domanda di mediazione un atto del
processo, "predicare la perentorietà del termine per la sua presentazione è fuori luogo" (cfr, in tal
senso, Trib. Roma, 14.07.2016, n. 14185), per cui la disciplina dello stesso non è riconducibile al
regime di cui all’art. 152 c.p.c.
Ciò posto, appare più corretto ritenere che il temine di quindici giorni assegnato dal giudice e
finalizzato alla presentazione della domanda di mediazione non possa considerarsi di carattere
perentorio, in quanto — stante l’inequivoca previsione di cui all’art. 152 c.p.c. — manca un’espressa
previsione legale di perentorietà del termine.
Inoltre, a ritenere il contrario risulterebbe irrimediabilmente frustrata la ratio sottesa alla previsione
di tale termine, ovvero quella di consentire alle parti di esperire il tentativo di mediazione non
attivato prima dell’instaurazione del giudizio e di trovare una soluzione stragiudiziale della
controversia.
Perciò, sposando l’orientamento esegetico seguito dalla Corte di Appello di Milano (cfr. sentenza
24.5.2017), “il termine di quindici giorni non appare corrispondere a un
termine processuale cui applicare il disposto di cui all'art. 154 c.p.c.. Difatti il procedimento di
mediazione costituisce una parentesi (giustappunto un'alternativa) del procedimento ordinario, e
non può ritenersi come un’appendice di quest'ultimo, certamente sottoposto a più rigorose regole
endoprocessuali”.
Occorre soprattutto evidenziare che le nonne che prevedono, quale sanzione processuale,
l’improcedibilità — incidendo su un diritto costituzionalmente garantito quale il diritto previsto
dall’art. 24 Cost. — devono considerarsi di stretta interpretazione e sono insuscettibili di
interpretazione analogica.
L’eccezione di improcedibilità deve essere dunque disattesa, con assegnazione di un nuovo termine
per l’espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione tra le parti.
Né rileva, nel singolare caso di specie, l'inutile decorso anche del termine di sospensione di tre mesi
del giudizio, ancorché oggetto di specifica qualificazione legislativa, necessario a consentire nel
rispetto del principio di ragionevole durata, l'espletamento del tentativo di mediazione, sia esso
obbligatorio che demandato dal giudice.
Ed invero, nello specifico caso in esame, detta condizione è stata superata dall’assorbente effetto
dell’interruzione automatica, generatasi, pur in assenza di sua formale enunciazione, in ossequio
all’art. 43 l.f., con la dichiarazione di fallimento della società attrice a soli quattro giorni dalla
concessione del menzionato termine; tra 1’altro, alla prima udienza successiva ed utile — quella del
29.05.2017, non potendosi considerare all’evidenza tale quella meramente chiamata dinanzi a
giudice già tabellarmente incompetente — e con susseguenti note difensive le parti interessate
hanno richiesto (affatto rinunciando — cfr. verbale) formale autorizzazione all’avvio del
procedimento di mediazione.
Ciò, all’esito del superamento dell’effetto interruttivo, cui era all’evidenza riferita la reintegrazione
delle prerogative difensive, sollecitato a tale specifico riguardo il contraddittorio delle parti.
Infatti, nel caso di specie, da un lato va rilevato come le due cause (ossia quella riguardante la società
e quella riguardante i fideiussori), pur scindibili, non fossero state oggetto di provvedimento di
separazione; dall’altro, vanno rammentato le condivisibili riflessioni del S.C., a Sezioni Unite, a
tenore delle quali sebbene nel caso
di trattazione unitaria o di riunione di più procedimenti relativi a cause connesse e scindibili…un
evento interruttivo che riguardi una delle parti di una o più delle cause
connesse, opera di regola solo in riferimento al procedimento di cui è parte il soggetto colpito
dall'evento, ciò vuol dire che, rispetto ai giudizi riuniti (rectius non separati), cui non si è propagata
la causa interruttiva, non si può profilare né la necessità di una loro riassunzione ne’ quella di una
loro estinzione per esserne mancate la prosecuzione spontanea o la riassunzione.
A detta premessa, quindi, non consegue che quanto alle altre domande il processo debba ancora
proseguire, nel senso che sia possibile quanto ad esse compiere atti istruttori od assumere decisioni:
ma anzi che il processo, quanto alle altre cause, dovrà essere governato in modo da continuare sol
dopo che riguardo al giudizio raggiunto dall‘interruzione si sia determinata la riassunzione o
verificata l'estinzione (Cassazione, Sezioni Unite, n. 9686 del 22.04.2013): in altre parole, dovrà
essere
governato differendo ad altro momento - come nell’ip0tesi di cui all'art. 269 c.p.c., espressamente
ed esemplificativamente richiamata - gli atti rilevanti per il procedimento, ed in particolare a1
momento della risoluzione, nel senso della proseguibilità ovvero dell’estinzione per inattività, della
peculiare condizione generata dal verificarsi della causa interruttiva e descritta dagli artt. 298 ss.
c.p.c..
Per tale ragione, essendo nel caso in esame tempestivamente intervenuta la costituzione della
Curatela — ed addirittura anche dei fideiussori - il termine può e deve essere nuovamente concesso,
con separata contestuale ordinanza di rimessione della causa sul ruolo.
La statuizione sulle spese va differita al merito, stante la natura della presente pronunzia.
P.Q.M.
Il Tribunale, non definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione, difesa disattesa
e/o assorbita:
rigetta l’eccezione di improcedibilità della domanda;
provvede in ordine al prosieguo del procedimento con separata contestuale ordinanza;
differisce alla pronunzia definitiva la statuizione sulle spese di lite.
Trapani, 6 febbraio 2018
Il Giudice
Arianna Lo Vasco

aa
Chi è l'autore
Avv. Stefano Nulli Mediatore Avv. Stefano Nulli
Sono avvocato civilista, torinese ma con spirito fortemente dinamico. Dal 1993 mi prendo cura degli interessi dei miei clienti consigliandoli ed affiancandoli personalmente in ogni passaggio delle procedure intraprese per la miglior soluzione dei loro problemi.
Ero scettico sulle opportunità offerte dalla mediazione, ma da quando sono entrato a far parte del team di 101Mediatori ne ho compreso appieno le potenzialità - purché sia svolta con l'impegno e la professionalità che costituiscono lo st...
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