Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE III SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, in persona del giudice dr.ssa Antonia Schiattarella, sentita la discussione orale ordinata alle parti ex art. 281 sexies c.p.c., ha reso la seguente
SENTENZA
mediante lettura della seguente esposizione delle ragioni della decisione in fatto ed in diritto e del seguente dispositivo nel procedimento civile iscritto al numero 2605/2020 del ruolo generale degli affari contenziosi avente ad oggetto: danni a cose;
TRA
(...) rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce dell'atto di citazione, congiuntamente e disgiuntamente dall'avv. (...) e dall'avv. (...), ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in (...) alla (...);
Parte attrice
E
(...) in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata in (...) alla (...) ;
(...) , in p. dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso dall'avv. (...) in virtù di procura in calce all'atto di costituzione di nuovo avvocato, ed elettivamente domiciliato in (...) , (...) ;
- Parte convenuta FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato la sig.ra (...) citava in giudizio dinanzi a questo Tribunale il (...) nonché la società ... (...) al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni patiti dall'immobile di sua proprietà.
A sostegno della propria pretesta l'istante rappresentava di essere proprietaria di un appartamento facente parte del condominio (...) sito in (...) , alla ... (...) identificato ai registri immobiliari nel Comune di (...) al 6, particella (...), sub (...).
Tale immobile era stato acquisito in virtù di atto di compravendita stipulato tra la sig.ra (...) e la società (...) in data (...).
L'appartamento per cui è causa, destinato a civile abitazione, dal mese di (...) ..., era stato
interessato da cospargimenti per fuoriuscite di liquami ed escrementi vari, provenienti dal
pozzetto di ispezione sito nella zona cucina, da olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti nel terrazzo zona giorno, nonché da olezzi maleodoranti
provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti lungo il vialetto pedonale di ingresso di detto condominio.
L'appartamento dell'istante, inoltre, era stato interessato da infiltrazioni sulle pareti dove erano installati i climatizzatori, il cui impianto veniva predisposto dalla ditta costruttrice e venditrice la quale provvedeva anche alla installazione delle macchine.
Affermava che prima del giudizio aveva proposto ricorso per accertamento tecnico preventivo innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Il procedimento recante n. di R.G 8570/2016 si concludeva con il deposito dell'elaborato peritale del nominato CTU, dei cui esiti si dirà in seguito.
La parte istante concludeva chiedendo di: accogliere la domanda attorea e per l'effetto condannare i convenuti al risarcimento dei danni subiti dagli istanti per i vizi al proprio immobile e causati dall'errata esecuzione degli impianti di condizionamento nonché dalla mancata manutenzione degli impianti condominiali; oltre al pagamento/rimborso delle somme anticipate dagli istanti per il pagamento delle competenze professionali; il tutto con vittoria di spese di lite da attribuire ai procuratori antistatari.
Si costituiva in giudizio la (...) in liquidazione che, dopo aver contestato il contenuto dell'atto di citazione, concludeva chiedendo di: in via pregiudiziale dichiarare
l'inammissibilità/improcedibilità della domanda; sempre in via pregiudiziale dichiarare il difetto di legittimazione passiva della ... (...) relativamente alla domanda risarcitoria dei danni per Euro 3.083,36 formulata dall'attrice e per l'effetto disporre l'estromissione della convenuta dal presente giudizio; in via gradata e preliminare dichiarare l'intervenuta decadenza dell'attrice da qualsivoglia azione e in ogni caso l'intervenuta prescrizione del diritto reclamato con l'atto di citazione; nel merito rigettare la domanda avversa in quanto infondata, oltre che priva di qualsivoglia fondamento probatorio; il tutto con vittoria di spese e compensi di lite; oltre alla condanna della sig.ra (...) al risarcimento del danno per lite temeraria.
Si costituiva altresì il (...) che dopo aver contestato tutto quanto dedotto e prodotto da parte attrice concludeva chiedendo di: in via preliminare, accogliere l'eccezione di mancata richiesta di mediazione; sempre in via preliminare accogliere la richiesta di estromissione dal giudizio del (...) ; nel merito, rigettare la domanda perché infondata in fatto e diritto, il tutto con condanna al pagamento delle spese di lite oltre alle spese legali anticipate dal (...) per la procedura di ATP e le successive spese di lite.
All'odierna udienza le parti concludevano come da verbali di causa.
Preliminarmente va rigettata l'eccezione di improcedibilità della domanda, proposta dal (...) per il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria.
Il (...) afferma l'obbligatorietà della procedura di mediazione ritenendo che la presente controversia rientri tra quelle per cui è prevista la mediazione obbligatoria ex art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010 in combinato disposto con l'art. 71 quater disposizione di attuazione c.c.
Questo giudice, pur non ignorando l'esistenza di un orientamento contrario, aderisce all'impostazione in base alla quale il contenuto della domanda risarcitoria non rientra in quello specifico indicato dall'art. 71 quater suddetto.
Più precisamente, la controversia avente ad oggetto i danni da immissioni ovvero da infiltrazioni deve essere inquadrata nell'ambito dell'art. 2051 cod. civ., il che esclude l'applicabilità dell'art. 5, comma 1 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010. Lo stesso a dirsi per la domanda proposta nei confronti della società venditrice per i vizi dell'immobile; trattasi di domanda relativa ad un contratto di compravendita e come tale non sottoposta all'obbligo dell'esperimento della procedura di mediazione
Passando al merito della controversia la domanda è infondata e pertanto va rigettata. Parte istante nel proprio ricorso ex art. 696 bis c.p.c. e nell'atto di citazione dichiarava che
l'immobile di cui era proprietaria era interessato da:
- cospargimenti per fuoriuscite di liquami ed escrementi vari, provenienti dal pozzetto di ispezione sito nell'appartamento della ricorrente - zona cucina;
- olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti nel terrazzo - zona giorno;
- olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti lungo il vialetto pedonale di ingresso di detto condominio;
- infiltrazioni sulle pareti dove sono installati i climatizzatori, il cui impianto veniva predisposto dalla ditta costruttrice e venditrice.
In merito al primo punto in sede di ATP il CTU affermava: "... la problematica che inizialmente si palesava in atti è ascrivibile ad un rallentamento del deflusso in fase di scarico del lavello cucina per mancanza di manutenzione ordinaria dello stesso, perché solo dopo l'intervento di sturamento della condotta di scarico ... non si è più osservato alcun rallentamento" (Cfr. pag. 9 della bozza di CTU).
Trattasi, dunque, di una problematica imputabile ad una cattiva manutenzione ordinaria dei tubi di scarico della cucina ed al fatto di non aver chiuso bene il tappo del pozzetto di ispezione dello stesso scarico. Tali attività, secondo quanto affermato anche dal CTU, rientrano nel novero di operazioni a carico del proprietario dell'appartamento; dunque, nessuna responsabilità può essere addebitata agli enti convenuti.
Parte istante chiede altresì il risarcimento del danno cagionato dagli olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti, sia nel terrazzo, sia lungo il vialetto pedonale di ingresso del condominio (...)
Dall'esame della relazione peritale per gli odori sgradevoli provenienti dal terrazzo emerge che: "La problematica di cui all'atto è attribuibile ad una serie di cause, tra cui:
1 Mancata pulizia delle tubazioni di ricezione dell'acqua proveniente dalle griglie ubicate nei terrazzi (una per ciascun terrazzo) spettante al condominio e alla pulizia della griglia spettante al condomino proprietario esclusivo del terrazzo per eventuali ammassi di fogliame ed altro che possa accogliere la griglia con possibilità di fermentazione a seguito di mancato e non regolare svuotamento della stessa, dicasi lo stesso per il pozzetto di scarico a tenuta idraulica;
2 Mancata pulizia delle condotte di scarico, in quanto la pulizia della sola fossa settica avviene solo due volte l'anno a cadenza semestrale ed è insufficiente ad arginare la problematica, se non unita alla pulizia di tutti i fognoli dei pozzetti di scarico sia interni che esterni.
Per ciò che attiene agli olezzi maleodoranti provenienti dal vialetto del condominio il c.t.u. conclude affermando che: "La problematica di cui all'atto è attribuibile ad una serie di cause, tra cui: Mancata pulizia delle tubazioni (fognoli) di ricezione dell'acqua proveniente dai pozzetti a
chiusura idraulica ubicati lungo il vialetto pedonale di ingresso condominiale, in quanto l'amministrazionecondominiale ha sempre e solo provveduto allo svuotamento periodico (semestrale) della fossa biologica.
Ne è conferma che durante la prova di carico sono stati estratti trovanti lapidei costituiti da materiale di lavorazione edilizia (pezzi di marmo e di calcestruzzo) presenti all'interno del collettore principale di scarico (All.5 foto n.75-79).
Ciò fa presumere che da quando è stato realizzato il fabbricato non sia mai stata operata alcuna pulizia delle condotte di scarico a valle della fossa biologica e precisamente del collettore che porta alla fogna comunale, fatto salvo la pulizia semestrale della stessa fossa biologica.
Il c.t.u pertanto attribuiva la responsabilità al condominio a cui spetta la manutenzione del sistema fognario delle aree comuni, escludendo la responsabilità della (...)
Per deliberare circa la responsabilità del condominio, occorre procedere alla qualificazione giuridica della domanda, in base alle circostanze di fatto dedotte nell'atto introduttivo, anche al fine di individuare il criterio di ripartizione dell'onere della prova.
Nella fattispecie in esame, in base alle circostanze di fatto dedotte, la domanda di risarcimento danni va ricondotta nell'alveo dell'art. 2051 c.c..
Secondo la ormai consolidata e condivisa giurisprudenza di legittimità e di merito, "la responsabilità di danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c. prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha carattere oggettivo, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed
evento; che tale responsabilità prescinde, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile alla produzione del danno" (Cfr. Cass. Civ. sez. III, (...) ,n.7580).
In merito al regime della prova, è altrettanto pacifico che grava sull'attore l'onere di dimostrare soltanto l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera oggettiva idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o anche dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità ed eccezionalità (Cfr. Cass. Civ. sez. III, (...) , n. 3793; nel medesimo senso, Cass. Civ. sez. III, (...) , n. 858; Cass. Civ. (...) , n. 1106; Cass. Civ. (...) , n. 5910; Cass. Civ. sez. III, (...) , n. 2660).
Il condominio di un edificio, dunque, in quanto custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali beni e servizi non rechino danni ad alcuno e risponde pertanto, in base all'art. 2051 c.c. (secondo il quale, "C. è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito") dei danni dalle dette cose arrecati, anche se tali danni siano etimologicamente imputabili altresì al concorso del fatto di un terzo. La responsabilità del (...) sarà esclusa, dunque, solo se il danno è imputabile al caso fortuito (che, per essere tale, deve poi avere carattere di imprevedibilità e di incontrollabilità), inteso come fatto esterno idoneo ad interrompere il rapporto di causalità tra la cosa in custodia e il danno venutosi a creare (Cfr.: Cass. Cv. sez. 6, (...) , n. 7044; Cass. Civ. Sez. 3, (...) , n. 12211; Cass. Civ. sez. 2, (...) , n. 15291).
Parte attrice, come detto, per ottenere il risarcimento è tenuta a provare il danno, il nesso tra danno e cosa che lo ha provocato e il rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode.
È il (...) invece, per liberarsi da responsabilità, a dover dimostrare l'esistenza di un fattore esterno idoneo ad escludere il rapporto causale tra il danno lamentato e il bene condominiale che lo ha causato.
Tanto premesso, nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale, facendo applicazione degli orientamenti giurisprudenziali richiamati ed ai quali si intende aderire, le risultanze istruttorie non consentono di ritenere provato ed accertato che le esalazioni abbiano cagionato un danno alla sig.ra (...)
Parte attrice nell'atto introduttivo si limitava ad affermare: "tali fenomeni hanno inciso negativamente sulla quiete domestica" senza descrivere in cosa si sostanziava il pregiudizio patito all'esito delle esalazioni provenienti dalla fogna; né tanto meno è stata chiesta l'ammissione di una prova per testi sul punto.
Del tutto generica è allora l'attività assertiva di parte attrice; assente qualsiasi attività di articolazione di mezzi istruttori.
In ogni caso, parte attrice richiedeva e quantificava a titolo di risarcimento del danno solo ed esclusivamente le somme conteggiate dal CTU e relative alla problematica delle infiltrazioni d'acqua provenienti dai condizionatori, oltre alle spese che la stessa parte attrice aveva sopportato per il procedimento di ATP.
Nulla è stato richiesto e quantificato a titolo di risarcimento degli altri danni che sarebbero derivati dai cattivi odori.
Resta infine da esaminare la richiesta di risarcimento danno da infiltrazioni sulle pareti dove sono installati i climatizzatori.
Tale richiesta risarcitoria era indirizzata alla ditta costruttrice che, secondo la prospettazione di parte istante aveva provveduto non solo alla predisposizione dell'impianto, ma anche all'installazione dei condizionatori.
Tale domanda può essere decisa nel merito per il principio della ragione più liquida indipendentemente dalla delibazione circa l'eccezione di decadenza e prescrizione sollevata dalla parte convenuta.
In riferimento a tipologia di danno il CTU nominato in sede di ATP affermava quanto segue: "I condizionatori installati all'interno degli ambienti, cucina, camera da letto padronale e corridoio, presentano al di sotto delle stesse infiltrazioni di acqua che hanno comportato il rigonfiamento del film di pittura in uno all'intonaco.
Tale infiltrazione è dovuta ad un anomalo allontanamento della condensa che l'elettrodomestico produce in fase di esercizio. Questa anomalia può attribuirsi tanto alla cattiva installazione degli elettrodomestici (condizionatori) quanto alla errata predisposizione dell'impianto stesso, in particolare al tubicino dello scarico della condensa. Non si è potuto indagare oltre, anche perché la parte istante (l'attrice) ha disatteso l'onere assunto della messa in esercizio durante le fasi di sopralluogo.
In primis si rileva che la parte solo con l'atto di citazione (e non in sede di ATP) afferma che la Contr avrebbe provveduto all'installazione dei condizionatori. Ma non ne dà prova. L'onere della prova era a suo carico trattandosi di fatto costitutivo della pretesa.
Non avendo dato prova del fatto costitutivo della pretesa allora anche tale voce di danno non può essere risarcita.
Per tutti questi motivi complessivamente considerati la domanda della parte attrice è infondata e come tale va rigettata.
Le spese, incluse quelle di ATP, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. del (...) n. 55, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del (...) (come successivamente modificato), (cfr. Cassazione S.U. n. 17405 e 17406 del (...) in relazione al D.M. (...) n. 140).
Ricorrono inoltre i presupposti di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c.
La responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte né la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia la mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell'azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione. (Cfr. Cass. Sez. U, 9912/2018)
Dovendo dunque ritenersi il presente giudizio proposto quanto meno con colpa grave dato atteso anche l'esito parzialmente negativo dell'espletato accertamento tecnico preventivo e la genericità della domanda; parte istante deve pertanto essere condannata d'ufficio al pagamento in favore dei convenuti, in aggiunta alle spese di lite, di una somma che va equitativamente determinata per un ammontare pari ad Euro 1.000,00 per ognuno dei convenuti.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede:
- rigetta la domanda proposta dalla sig.ra (...)
- condanna la parte attrice al pagamento delle spese del presente giudizio e di quelle dell'ATP a favore dei convenuti che liquida per ognuno in Euro 4.467,00 per compensi professionali oltre le spese generali nella misura del 15% del compenso totale ed oltre accessori come per legge;
- condanna parte attrice al pagamento in favore dei convenuti della somma di Euro 1.000,00 ognuno ai sensi dell'art. 96 c. 3 c.p.c.
Così deciso in Santa Maria Capua Vetere il 13 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2024.