Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA
SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Carolina Gentili
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4507/2016 promossa da:
I. SRL (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. ANTOGNOZZI PATRIZIA, elettivamente domiciliato in VIA ANTONIO DEL RE 15 00019 TIVOLI presso il difensore avv. ANTOGNOZZI PATRIZIA
ATTORE
contro
U.A. SPA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. GOLINI LAURA e dell'avv. DIOGUARDI PATRIZIA ((...)) VIA ENRICO POGGI 1 50129 FIRENZE; elettivamente domiciliato in VIA ENRICO POGGI 1 50129 FIRENZE presso il difensore avv. GOLINI LAURA
CONVENUTO
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con atto di citazione, notificato in data 21 marzo 2016, la società I. S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 684/2016, con il quale l'intestato Tribunale aveva ingiunto all'odierna opponente, in solido con il coobbligato D.A., il pagamento di Euro 138.501,00, oltre interessi e spese, in ragione quanto corrisposto da U.A. S.p.a. all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (d'ora in poi per brevità solo INFN), sulla scorta della polizza fideiussoria n. (...).
In primo luogo, parte attrice opponente eccepiva l'incompetenza del Tribunale di Bologna, a favore del Tribunale di Roma, individuato quale foro competente sulla scorta dell'art. 17 del contratto di appalto stipulato con l'INFN, sostenendo che la polizza fideiussoria prestata da U. si configurasse quale contratto accessorio rispetto a quello di appalto, indicato quale contratto principale.
In secondo luogo, eccepiva la nullità della polizza fideiussoria per indeterminatezza dell'oggetto e delle obbligazioni assunte dal G.U.A. S.p.a., avendo quest'ultima concesso la polizza rinviando, quanto alla specifica delle obbligazioni che intendeva assumersi nei confronti della società appaltatrice, all'abrogato art. 30, comma secondo, L. n. 109 del 1994, norma che, peraltro, sarebbe stata in ogni caso inidonea alla determinazione specifica del contenuto del contratto, contravvenendo così ai requisiti di cui all'art. 113 D.Lgs. n. 163 del 2006. Rilevava in punto che la società I., se avesse saputo che i richiami normativi predisposti dal contratto non erano idonei ad assicurare tutti i diritti garantiti dall'art. 113 Cd A, non avrebbe stipulato la polizza per cui è causa.
Lamentava inoltre la violazione della normativa in materia di informativa precontrattuale, non essendo stata adeguatamente informata in merito alle condizioni contrattuali ed evidenziando la propria mancata sottoscrizione della dichiarazione attestante la ricezione del Questionario dell'adeguatezza del contratto offerto, di cui al Regolamento Isvap n. 5 del 10 ottobre 2006, ulteriori motivi di nullità/annullabilità del contratto di fideiussione.
Si opponeva infine alla concessione della provvisoria esecuzione.
Concludeva quindi chiedendo, in via preliminare non concedersi la provvisoria esecutorietà al decreto ingiuntivo opposto; nel merito, accertare e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità della polizza fideiussoria n. (...) e, per l'effetto, annullare e revocare il decreto ingiuntivo per cui è causa; in via riconvenzionale, dichiarare U.A. S.p.a. tenuta al risarcimento, in favore dell'odierna opponente, di tutti i danni da questa patiti, a titolo di responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale.
Si costitutiva tempestivamente la società U.A. S.p.a., contestando, in primis, la fondatezza e l'ammissibilità dell'eccezione di incompetenza territoriale. In particolare rilevava che, nelle cause relative ai diritti di obbligazione, l'attore non aveva il dovere di specificare il criterio di competenza scelto; che il contratto fideiussorio per cui è causa non era inquadrabile come contratto accessorio al contratto di appalto, bensì quale contratto autonomo di garanzia, e che controparte, limitandosi ad invocare il foro facoltativo ex art. 31 c.p.c., senza in alcun modo esaminare i fori concorrenti, altro non aveva fatto se non radicare definitivamente la competenza presso il Tribunale di Bologna; che, stante la corretta individuazione della natura di contratto autonomo di garanzia della polizza fideiussoria, doveva necessariamente farsi riferimento alla disciplina dettata dal combinato disposto degli artt. 20 e 1182, III comma, c.p.c., a norma della quale, trattandosi di obbligazione pecuniaria, il luogo di esecuzione della stessa deve rintracciarsi nel domicilio del creditore, quindi in Bologna, quale sede legale di U..
Quanto all'eccezione di nullità del contratto fideiussorio per indeterminatezza dell'oggetto e delle obbligazioni assunte dal garante, affermava che le condizioni della polizza non erano solo le condizioni generali di assicurazione tra C. e G. in cui si operava il contestato richiamo all'art. 30 L. n. 109 del 1994, ma anche quelle richieste dal vigente D.M. n. 123 del 2004 per la cauzione definitiva, richiamate nel frontespizio di polizza, laddove si recita che "la presente scheda tecnica costituisce parte integrante dello Schema Tipo 1.2 di cui al D.M. n. 123 del 2004", richiamo che definisce in modo puntuale tutte le obbligazioni assunte dal G. nei confronti della Stazione Appaltante; che, ad integrazione delle condizioni previste nello Schema Tipo 1.2, veniva fatto espresso rinvio anche all'art. 113 Codice degli Appalti, cui seguiva ulteriore precisazione delle obbligazioni garantite da U..
Quanto infine all'ulteriore eccezione di merito circa la nullità del contratto per violazione della normativa precontrattuale, rilevava che la dichiarazione attestante la ricezione del Questionario dell'adeguatezza del contratto offerto, di cui al Regolamento Isvap n. 5 del 10 ottobre 2006, era in realtà presente nella polizza per cui è causa.
Chiedeva quindi il rigetto dell'opposizione, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto, nonché la condanna di controparte al risarcimento del danno, da quantificarsi in via equitativa, ex art. 96, primo e terzo comma, c.p.c.
Vista la richiesta di riunione, formulata da parte opponente in sede di prima udienza nel procedimento di opposizione n. 4517/2016, instaurato avverso il medesimo decreto ingiuntivo dal coobbligato della società I. S.r.l., A.D., con decreto del Presidente di Sezione, emesso il 3.11.2016, veniva quindi disposto che le cause n. 4517/2016 R.G. e n. 4507/2016 R.G., trattandosi di opposizioni al medesimo decreto ingiuntivo, venissero chiamate avanti allo stesso giudice, in modo che questi ne potesse valutare l'eventuale riunione.
In considerazione di detto decreto, la scrivente, in data 7.11.2016, concedeva i termini ex art. 183 c.p.c. e disponeva conseguente rinvio; alla successiva udienza, parte attrice opponente non compariva e parte convenuta opposta chiedeva fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni, rilevando che controparte non aveva nemmeno avviato il procedimento di mediazione delegata; alla data fissata per il suddetto incombente, parte opponente non compariva e, concessi i termini di legge ex art. 190 c.p.c., la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni in epigrafe indicate.
La scrivente, in armonia con l'orientamento fatto proprio dalla sezione II di questo Tribunale, intende aderire all'opinione giurisprudenziale esperessa dalla Suprema Corte nella sentenza n. 24629/2015, secondo la quale, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione verte sulla parte opponente, poiché l'art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010 deve essere interpretato in conformità alla sua "ratio" e, quindi, al principio della ragionevole durata del processo, sulla quale può incidere negativamente il giudizio di merito che l'opponente ha interesse ad introdurre.
Scrive la Suprema Corte: "In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira - per cosi dire - a rendere il processo la estrema ratio: cioè l'ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse. Quindi l'onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo. Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l'opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell'onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l'opposto nel giudizio di opposizione. Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l'attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l'onere. Ma in realtà - avendo come guida il criterio ermeneutico dell'interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione - la soluzione deve essere quella opposta. Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l'attore ha scelto la linea defiattiva coerente con la logica dell'efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. E' l'opponente che ha il potere e l'interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. E' dunque sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria, perchè è l'opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale, perchè premierebbe la passività dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l'onere di effettuare il tentativo di mediazione, quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo. E', dunque, l'opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c..
Soltanto quando l'opposizione sarà dichiarata procedibile, riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto - attore sostanziale. Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l'onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l'opposizione sarà improcedibile. "
La conseguenza del mancato esperimento del procedimento di mediazione è rappresentata, come disposto dall'art. 5 legge citata, dall'improcedibilità dell'opposizione per mancanza di un presupposto processuale e ciò determina il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto ai sensi dell'art. 653 c.p.c., in quanto la domanda che diviene improcedibile è quella formulata nell'atto di citazione in opposizione.
Tale tesi è sostenuta dalla maggior parte della dottrina e della giurisprudenza, formatasi anche in questo ufficio, e deriva dall'omissione di una sequenza di atti processuali prescritta come doverosa e le cui conseguenze sono desumibili dalle disposizioni dettate in tema di estinzione del processo.
Trattandosi di questione da risolvere preliminarmente e quindi prima di ogni altra questione sollevata in sede di opposizione, non può essere esaminata neppure l'eccezione di incompetenza sollevata da parte opponente.
Il giudizio va quindi dichiarato estinto con conseguente efficacia esecutiva definitiva del decreto ingiuntivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste a carico di parte attrice opponente; considerato l'esito della lite ed il mancato espletamento di qualsivoglia attività istruttoria, si ritiene di dover liquidare soltanto la fase di studio ed introduttiva e la metà della fase decisionale nella quale la società opposta ha sostanzialmente riprodotto le difese già svolte nell'atto di costituzione.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
rigetta l'opposizione e conferma il decreto ingiuntivo opposto che dichiara definitivamente esecutivo;
Condanna altresì la parte opponente a rimborsare alla parte opposta le spese di lite, che si liquidano in Euro 7.000,00 per compenso, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali.
Così deciso in Bologna, il 1 marzo 2018.
Depositata in Cancelleria il 8 marzo 2018.