Questa innovazione si è resa necessaria dopo una lunga querelle sorta tra dottrina e giurisprudenza sulla corretta individuazione della parte a cui spetta l’onere di avviare la mediazione dopo l’opposizione a decreto ingiuntivo: decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione, se il creditore non attiva la mediazione il decreto è revocato (Sezioni Unite n. 19596/2020).
È questo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 18 settembre 2020, n. 19596.
1. Le due fasi del procedimento monitorio: la cognizione sommaria e l’opposizione – La collocazione della mediazione
Prima di ogni altra considerazione è bene ricordare che il legislatore ha stabilito che quando una parte intraprende un ricorso per decreto ingiuntivo la mediazione non è obbligatoria.
La ragione è chiara. Si è ritenuto di dover collocare la mediazione solo dopo che il giudice ha deciso di concedere o meno la provvisoria esecutività al decreto ingiuntivo.
La mediazione quindi diventa condizione di procedibilità solo nella eventuale fase di opposizione, che viene intrapresa per iniziativa del debitore contro il quale il creditore ha ottenuto il decreto ingiuntivo.
Il motivo va ricercato anche nella principale caratteristica del processo monitorio snodato in due distinte fasi:
- la prima fase, di cognizione sommaria, prevede l’emissione da parte del giudice competente del decreto ingiuntivo in presenza di specifica prova documentale del credito. Il contraddittorio è assente, tanto che la controparte viene a conoscenza del decreto emesso nei suoi confronti per ottenere il pagamento di una determinata prestazione solo quando questo atto gli viene notificato.
- La sommarietà della prima fase viene meno nel momento in cui il debitore si oppone al decreto ingiuntivo per contestare il diritto del creditore. Dall’opposizione, che rappresenta la seconda fase “eventuale” del procedimento monitorio, scaturisce un giudizio a cognizione piena, che si caratterizza per la garanzia del contraddittorio. Il debitore ha la possibilità di far cadere nel vuoto le pretese del creditore attraverso la produzione di prove idonee nella fase istruttoria, che è del tutto assente nella prima fase.
2. Il riferimento normativo - La condizione di procedibilità della domanda e il nuovo art. 5 bis d.lgs. 28/2010
L’art. 5, comma 1, del d.lgs. 28/2010 prevede che quando un soggetto intende far valere in giudizio un’azione rientrante nelle materie indicate l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Il successivo comma 4 stabilisce che le precedenti disposizioni riguardanti la mediazione obbligatoria “non si applicano [fra gli altri]: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.
Ante riforma, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, nessuna disposizione individuava chiaramente chi, tra debitore opponente o creditore opposto, fosse gravato dell'onere di promuovere la mediazione.
Difficile stabilirlo, tanto che il dibattito, per lungo tempo, ha portato dottrina e giurisprudenza ad essere in disaccordo.
L’aspetto più rilevante della riforma Cartabia riguarda proprio, con l’introduzione dell’art. 5 bis, l’individuazione del soggetto che deve intraprendere la mediazione quando si apre la fase di opposizione e che prevede il deposito dell’istanza presso un organismo abilitato: “Quando l'azione di cui all'articolo 5, comma 1, è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l'onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo”.
La formulazione di tale articolo è il frutto di un processo culminato con la pronuncia delle Sezioni Unite che hanno pronunciato il principio di diritto su cui la norma si basa.
3. Il principio della riforma Cartabia mediante il recepimento delle Sezioni Unite
Risolutiva è stata l’ordinanza interlocutoria n. 18741/2019, con la quale la Terza sezione della Suprema Corte ha rimesso alle Sezioni Unite la soluzione della questione di massima proprio relativa alla individuazione della parte processuale tenuta a promuovere la procedura di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Con la sentenza n. 24629/2015, la Corte di cassazione aveva dato una prima risposta: l'onere di proporre la mediazione grava sul debitore opponente, in quanto parte interessata all'instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, dal momento che in mancanza di opposizione o in caso di estinzione del processo, il decreto ingiuntivo acquista esecutorietà e diventa definitivo.
La soluzione offerta dalla Corte di cassazione nel 2015, tuttavia, non ha posto fine al dibattito e alle incertezze interpretative, dato che soprattutto nella giurisprudenza di merito si sono registrate numerose pronunce in aperto contrasto con l'interpretazione dei giudici di legittimità.
Nell'ordinanza interlocutoria sopra ricordata, la Terza Sezione sottolinea come ambedue le contrapposte tesi - quella secondo cui l'onere graverebbe sul debitore opponente e quella secondo cui l'onere farebbe invece carico al creditore opposto - siano “assistite da valide ragioni tecniche e appaiono essere proiezione di diversi principi”.
La tesi seguita dalla sentenza n. 24629/2015 si basa sull'idea che, essendo l'opponente il soggetto interessato a proporre il giudizio di opposizione, è su di lui che deve gravare l'onere di promuoverla.
La soluzione contraria, invece, si fonda sull'assunto per cui l'accesso alla giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio tutelato dall'art. 24 Cost.
Tenuto conto della vastità del contenzioso interessato dalla mediazione e dell'ampia diffusione della procedura monitoria nella prassi giudiziaria, la Terza Sezione ha ritenuto necessario richiedere l'intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.
4. La decisione delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite ritengono che la soluzione offerta dalla sentenza n. 24629/2015 non sia appagante per una serie di ragioni di carattere testuale, logico e sistematico:
· l'istanza di mediazione deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa (art. 4, c. 2). È naturale che sia l'attore, cioè chi assume l'iniziativa processuale, a dover chiarire l'oggetto e le ragioni della pretesa; sarebbe invece illogico pretendere che sia l'opponente, cioè il debitore, a dover precisare oggetto e ragioni di una pretesa “non sua”;
· l'art. 5, comma 1-bis, laddove stabilisce che “chi intende esercitare in giudizio un'azione” deve promuove la mediazione non può che alludere alla posizione di colui che è il c.d. “attore sostanziale”nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: vale a dire il creditore opponente;
· la domanda di mediazione, dal momento della comunicazione alle altre parti, produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e ha un effetto impeditivo della decadenza per una sola volta (art. 5, comma 6). Sarebbe illogico che l'effetto di interruzione della prescrizione fosse conseguenza dell'iniziativa assunta dalla parte contraria a farla valere (il debitore opponente) e non dal creditore;
· la tesi seguita dalla sentenza n. 24629/2015 si pone in contrapposizione con l'orientamento della Corte costituzionale (fra queste cfr. sentenza n. 98/2014), secondo la quale le forme di giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri sono legittime solo in presenza di certi limiti e sono invece illegittime le norme che fanno derivare la decadenza dell'azione giudiziaria dal mancato esperimento di rimedi amministrativi;
· un ulteriore argomento si fonda sulla considerazione delle diverse conseguenze che si verificano in caso di inerzia delle parti secondo l'una o l'altra tesi: se l'onere è a carico dell'opponente e questi non si attivi, l'opposizione sarà dichiarata improcedibile e il decreto diverrà irrevocabile; quindi ci sarà un risultato definitivo (irrevocabilità); se invece l'onere è a carico dell'opposto, la sua inerzia causerà sì l'improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo, ma non gli impedirà di riproporre la domanda; quindi ci sarà un effetto solo provvisorio, senza alcuna preclusione .
5. Il principio di diritto
In conclusione, le Sezioni Unite enunciano il seguente principio di diritto:
“Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.
Diventa perciò rilevante la prima udienza del processo di cognizione in cui il Giudice è chiamato a pronunciarsi su eventuali istanze relative all’adozione di provvedimenti provvisori che hanno a che fare con il decreto ingiuntivo.
L’art. 648 c.p.c. prevede infatti la possibilità per il giudice, in caso non l’avesse già fatto in fase di emissione del decreto, di concedere la provvisoria esecutività ovvero, qualora vi avesse provveduto e in presenza di gravi motivi, ai sensi dell’art. 649 c.p.c., di sospenderla se l’opponente ne fa istanza.
A conclusione di tale fase, qualora rilevi il mancato espletamento della mediazione, fissa la successiva udienza, nel rispetto dei termini di legge per portarla a compimento ( “il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza con accordo scritto delle parti”- Art. 6 d. lgs. n. 28/2010).
All’udienza di rinvio fissata per consentire alle parti di concludere la mediazione, il giudice, se la parte che doveva avviare la procedura non lo ha fatto, potrà rilevare l’improcedibilità della domanda e revocare quindi il decreto ingiuntivo.
6. Considerazioni finali
Le modifiche introdotte con l’insieme degli interventi legislativi che vanno sotto il nome di “riforma Cartabia”, hanno incontrato critiche e consensi, dando origine a un amplissimo dibattito nelle più diverse sedi scientifiche e dottrinarie. Certo è che, con riferimento alla procedura di mediazione, il legislatore è stato in grado di dettare regole precise, lasciando poco spazio ad interpretazioni giurisprudenziali.
È indubbia la rilevanza dell’introduzione dell’art. 5 bis d.lgs. n. 28/2010, che ha finalmente scritto la parola fine al proliferare di orientamenti contrastanti, in dottrina e giurisprudenza, fonte di dibattiti che hanno generato confusione ed incertezza in materia.
Una legislazione chiara non può che essere un valido strumento affinché il procedimento di mediazione venga sempre più utilizzato per la risoluzione alternativa del contenzioso.
Mediatore Avv. Manuela Canu
Laureata all'Università degli Studi di Sassari, vivo ad Alghero in cui condivido lo studio con colleghi con i quali abbiano costituito un'associazione professionale. Esercito la professione nell'ambito civilistico, in particolare in materia condominiale, proprietà, divisioni e famiglia.
Da sempre mi adopero per trovare una soluzione bonaria alle controversie rendendo consapevoli i clienti dei vantaggi che ci riserva un accordo stragiudiziale e dei rischi, anche economici, che invece si dovrann...
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