L'art.4 comma 1 del D.Lgs. n.28/2010, così come sostituito dall'art.84/1 lett. Ob) D.L. n.69/2013 e dall'art.7/1 Lett.C n.1 D.Lgs. n.149/2022, stabilisce che "la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'art.2 è depositata da una delle parti presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia". Nel caso di più domande relative alla medesima controversia - continua ancora la norma - la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. E ancora: "per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito".
Il richiamo all'art. 2, invece che all'art. 5 del Decreto, rende evidente che la competenza territoriale dell'Organismo presso il quale viene depositata la domanda di mediazione rileva per tutte le procedure di mediazione, ivi comprese quelle volontarie, e non solo quelle per le quali la mediazione costituisce condizione di procedibilità, quali appunto quelle di cui all'art.5 o quelle demandate dal giudice ex art.5 quater.
Altro dato che si evince dalla lettera della norma è che, in caso di più domande di mediazione relative alla medesima controversia (circostanza che si verifica nel caso in cui sia l'attore che il convenuto in giudizio o alcune delle parti coinvolte presentino autonome domande di mediazione aventi il medesimo oggetto, nanti differenti organismi, come ad esempio nel caso di scioglimento di comunioni), la mediazione non deve necessariamente proseguire davanti all'Organismo presso il quale è stata depositata la prima domanda, in quanto il criterio della priorità soggiace alla condizione preliminare della competenza dell'Organismo.
Pertanto deve verificarsi innanzi tutto se gli Organismi interessati siano territorialmente competenti, quindi, potrà portarsi avanti la mediazione che sia stata promossa per prima.
Aprendo solo una parentesi, non rientrando questo nell'oggetto dell'odierno approfondimento, la norma non esclude che le parti possano portare avanti contemporaneamente più mediazioni davanti a differenti organismi (ipotesi più che remota, considerata l'inutilità e le maggiori spese che le parti andrebbero a sostenere), purchè territorialmente competenti, non essendo previsti in mediazione gli istituti processuali della litispendenza nè la continenza. In quest'ultima eventualità, ferma la necessità della competenza territoriale di tutti gli organismi coinvolti, si porrebbe solo il problema del valore novativo o assorbente degli eventuali accordi conclusivi, dovendosi dare prevalenza all'ultimo, nella misura in cui sia incompatibile con quello raggiunto anteriormente nanti altro mediatore.
Resterebbe solo da capire che valore avrebbe e se soddisferebbe la condizione di procedibilità, la prosecuzione della mediazione iniziata successivamente in luogo della prima; in assenza di previsioni normative si reputa che ove le parti decidano di portare avanti la mediazione intrapresa successivamente, abbandonando la prima, la condizione di procedibilità debba ritenersi comunque assolta...sempre a condizione che anche l'Organismo successivamente adito sia competente.
Tralasciando, però, queste ipotesi di scuola, il problema, non chiarito dalla norma è:
· che valore ha una mediazione esperita nanti un organismo territorialmente incompetente?
· in quali conseguenze pregiudizievoli incorre la parte che ha depositato una domanda di mediazione presso un organismo che non ha sede nella circoscrizione dell'ufficio giudiziario competente per la relativa causa?
La risposta non fornita dal D.Lgs. n.28/2010 è stata fornita dalla giurisprudenza.
In verità è bene precisare che, con la Riforma del Condominio di cui alla L. n.220/2012, una risposta era stata fornita dal legislatore, sebbene espressamente riferita alle sole mediazioni in materia condominiale. Questa, però, era stata reputata utile dalla giurisprudenza a fini interpretativi, ed in particolare all'individuazione delle conseguenze dell'incompetenza dell'organismo (cfr. Tribunale Modena n.405/2024).
L'art.71quater d.att. C.C. così come modificato dalla citata riforma, infatti, prescriveva al 2° comma che "la domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato", così evidenziando essere l'inammissibilità della domanda la conseguenza del mancato rispetto del criterio della competenza.
Questa previsione, però è stata abrogata dalla Riforma Cartabia (art.2/2 lett. a D.Lgs. n.149/2022) a decorrere dal 28.02.2023.
· Altra domanda, alla quale, invece, il legislatore ha dato risposta (positiva) è quella relativa alla possibilità per le parti di derogare alla competenza dell'organismo (art. 4/1 D.Lgs. n.28/2010).
Ciò che tuttavia la norma non chiarisce è che forma debba o possa avere l'eventuale accordo derogatorio.
Anche su questo punto una risposta è stata fornita dalla giurisprudenza di merito.
La ratio della norma
La risposta ai quesiti di cui sopra non può prescindere dalla individuazione della ratio della norma dettata dall'art.4.
A tal proposito il Tribunale di Modena, con la sentenza n.405/2024, pur evidenziando come l'art.4 del D.Lgs. n.28/2010 ometta di individuare le sanzioni applicabili in caso di violazione del criterio di competenza per territorio, rimarca come il criterio della competenza territoriale dell'organismo introdotto dall'articolo in commento esiga una sorta di "giurisdizionalizzazione della mediazione".
Questa giurisdizionalizzazione (che non significa applicazione tout court delle regole processuali) non può però essere casuale e priva di significato; il richiamo anche in sede di mediazione (che si rammenta essere "non soggetta a formalità", ex art.3 comma 3) alle regole sulla competenza dettate dal codice per il processo evidenzia una coincidenza di interessi tutelati, nel processo come nella mediazione.
A tal riguardo non può dimenticarsi come in forza dell'art.25 della Costituzione nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, tale dovendosi intendere quello territorialmente competente secondo le norme del codice di rito.
La previsione di cui all'art.4, quindi, conferma la validità di detto principio anche per una procedura alternativa al giudizio, quale è, appunto, la mediazione: questo può essere giustificato solo in ragione dei diritti coinvolti e del carattere della mediazione come strumento alternativo al giudizio per la risoluzione delle controversie aventi ad oggetto quei diritti e quegli interessi.
Sul punto il Tribunale di Palmi, con la sentenza n.77/2024, non solo conferma detta interpretazione, reputando applicabili alla mediazione i principi dettati dal codice per la competenza processuale, ma reputa che il consentire al convenuto di partecipare alla mediazione senza oneri eccessivi sia una finalità della norma perfettamente coerente con la finalità deflattiva della mediazione (testualmente: "mediazione risponde ad una finalità deflattiva: è con essa coerente la indicazione che l'organismo di mediazione debba avere sede nel luogo del giudice competente per la controversia, riportandosi quindi ai principi che determinano la competenza, sì da consentire al convenuto di partecipare senza oneri eccessivi").
Anche secondo il Tribunale di Taranto (sentenza n.791 del 03.04.2023) "è evidente che l'esigenza stabilita dall'art.4 comma 1 del d.lgs. 28/2010 è quella di consentire in prima battuta la comparizione personale delle parti interessate al procedimento". Nella stessa direzione si è mosso anche il Tribunale di Modena (sentenza n.405/2024), secondo cui "la novella intendeva favorire l'agevole partecipazione delle parti alla procedura compositiva in funzione deflattiva"; quindi il giudice emiliano, richiamando tacitamente il principio costituzionale a base della normativa del codice di rito, aggiunge che detta previsione normativa trova la sua ratio nella volontà di "evitare ogni abuso o strumentalizzazione derivante dalla distanza intercorrente tra sede dell'organismo e luogo di residenza delle parti o sede dei loro interessi".
Che valore ha una mediazione esperita nanti un organismo territorialmente incompetente?
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n.220 del 10.01.2023, in una controversia in materia bancaria, ha affermato il principio che "l'esperimento della procedura di mediazione presso un organismo che ha sede in luogo diverso da quello del giudice competente non produce effetti e non è idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità della domanda".
Negli stessi termini risulta essersi espresso il Tribunale di Civitavecchia, con la sentenza n.245 del 06.03.2023, quando afferma il principio che "la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all'organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti e pertanto ... dev'essere considerata come non espletata".
Di inefficacia hanno parlato poi anche il Tribunale di Piacenza (sentenza n.28 del 30.01.2023), di Torino(n.2577/2022) e di Foggia (n.1831/2021).
Il Tribunale di Modena, con la pronuncia citata, richiamando la giurisprudenza del Tribunale di Milano e quella del Tribunale di Mantova, pur non condividendo la tesi dell'inefficacia della domanda di mediazione sostenuta dalla richiamata giurisprudenza lombarda, reputa che "la domanda avanzata ad organismo incompetente deve ritenersi non priva di conseguenze giuridiche in quanto, non tanto inammissibile o inefficace, quanto piuttosto improcedibile, tamquam non esset, a tenore della regola fissata dall'art.5 D.Lgs. n.28".
Le pronunce appaiono sostanzialmente in linea. Infatti quale che sia la qualifica della mediazione svolta nanti un organismo incompetente, che la si reputi inefficace o inesistente (tamquam non esset), detta inefficacia/inesistenza si traduce sempre e comunque nell'inidoneità a soddisfare la condizione di procedibilità in tutti i casi in cui questa è prevista dalla legge; senza considerare gli effetti in termini di prescrizione, decadenza o usucapione connessi all'oggetto della domanda stessa.
La deroga per accordo tra le parti.
Uno dei punti comuni ai casi di specie affrontati dalla citata giurisprudenza era che le domande di mediazione erano state presentate unilateralmente da una parte nanti un organismo non competente per territorio.
Nulla quaestio nel caso in cui la parte invitata in mediazione non aderisca e non partecipi alla mediazione; ma che succede nel caso in cui la parte invitata aderisca?
Che forma deve avere l'accordo che deroga alla competenza dell'Organismo di mediazione?
Come anticipato, la norma non fornisce alcuna risposta.
Sul punto il Tribunale di Palmi, con la sentenza n.77/2024, afferma che la derogabilità della competenza dell'organismo si verifica in caso di accordo tra le parti che si traduca nella presentazione di una domanda congiunta dinanzi ad un Organismo anche non territorialmente competente (sul punto cfr. Tribunale di Catanzaro n.1001/2023, Tribunale Foggia n.1831/2021 e Tribunale di Piacenza n.28/2023 e la giurisprudenza citata da quest'ultimo: T. Torino n.2577/2022, T Ragusa n.49672020, T Napoli 14.03.2016, T Mantova n.1049/2015, Milano 26.02.2016 e 29.10.2013 e Cass. civile n.17480/2015), ma anche nel caso di una mediazione che derivi da una clausola contrattuale che, in deroga alla legge, disciplini la competenza territoriale in caso di mediazione.
Ultima ipotesi individuata dal citato giudice è, infine, quella della mancata contestazione della parte invitata in mediazione, da cui deriverebbe l'implicito accordo in deroga.
Non sempre tuttavia l'adesione alla mediazione si può tradurre in un accordo tacito/implicito circa la competenza dell'O.d.M., altrimenti incompetente secondo le norme di legge.
Deve infatti escludersi qualsiasi ipotesi di accordo tacito/implicito ogni qualvolta la parte invitata aderisca alla mediazione al solo fine di sollevare l'eccezione, che, a tutela della parte invitata/aderente, dovrebbe quindi essere espressa nell'adesione medesima e riportata nel verbale che conclude negativamente la mediazione stessa.
Sulla medesima linea si era già espresso il Tribunale di Torino, con la sentenza n. 161 del 17.01.2023, quando aveva respinto l'eccezione di improcedibilità sollevata dal convenuto in giudizio in quanto la mediazione (nel caso di specie svolta in modalità telematica) si era svolta con la piena partecipazione del convenuto medesimo che nessuna eccezione aveva mai sollevato prima del giudizio.
In senso analogo anche il Tribunale di Torre Annunziata (sentenza n.1504/2023) che per le stesse ragioni ha respinto l'eccezione di improcedibilità.
Non avrebbe invece alcuna rilevanza, in quanto atto unilaterale e non espressione di una intesa con la parte istante nonchè atto successivo all'avvio della mediazione, la delibera condominiale, che autorizzi l'amministratore del Condominio invitato in mediazione a partecipare alla stessa (Tribunale di Velletri n.509/2024). A tal riguardo si reputa condivisibile la conclusione cui è giunta la menzionata sentenza in ragione del fatto che l'autorizzazione a partecipare alla mediazione, così come la nomina del difensore del Condominio, non determinano la formazione di alcuna volontà negoziale avente ad oggetto l'acquiescenza all'incompetenza o l'accettazione di una deroga alla competenza dell'organismo, eccezione che ben potrebbe essere sollevata dal Condominio in sede di adesione alla mediazione.
Mediazione presso sedi territoriali differenti dalla sede legale/principale dell'Organismo.
Il caso affrontato dal Tribunale di Torino ha evidenziato però anche un altro profilo: quello di una mediazione svolta presso la sede di altro Organismo con il quale l'Organismo investito della procedura aveva una convenzione ai sensi e per gli effetti dell'art.7 comma 1 lett. c del D.M. n. 180/2010.
Sul punto bisogna però precisare che il citato D.M. (compresa la menzionata norma) è stato abrogato dall'art.49 del D.M. n.150 del 24.10.2023. Già in precedenza il Ministero della Giustizia con la Circolare 27.11.2013 aveva chiarito che ai fini della competenza deve farsi riferimento alla sede principale ovvero alle sedi secondarie dell'Organismo nel luogo del giudice territorialmente competente a conoscere della controversia e che, ai fini dell'individuazione della sede principale o della sede secondaria, è condizione necessaria che queste ultime siano state regolarmente comunicate al Ministero vigilante.
L'abrogazione dell'art.7 del D.M. n.180/2010, lungi dal determinare il venir meno della possibilità che la mediazione sia utilmente esperita presso una sede secondaria (frutto di accordi con soggetti terzi titolari dei locali), deve invece leggersi come la volontà del legislatore di garantire in linea generale, con il nuovo D.M. n.150/2023, quei requisiti di trasparenza già espressi dieci anni prima nella citata circolare.
L'art.6 del D.M. 150/2023 prevede infatti che l'Organismo di Mediazione debba indicare ai fini dell'iscrizione nel Registro nazionale tenuto dal Ministero, "le eventuali sedi operative e la loro ubicazione territoriale" ulteriori rispetto alla sede legale/principale.
La mediazione in videoconferenza.
Detto requisito rileva anche nell'ipotesi di incontri di mediazione svolti in modalità telematica, come rimarcato dal Tribunale di Torino nella sentenza citata.
Sulla stessa linea si è posto anche il Tribunale di Taranto (sentenza n.791/2023) che, ricordando come l'esigenza stabilita dall'art.4 comma 1 del D.Lgs. n.28/2010 sia quella di consentire la comparizione personale delle parti e come il nuovo art.8bis introdotto dalla Riforma Cartabia consenta sempre a ciascuna parte di chiedere al responsabile dell'Organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza, ha ritenuto non utilmente esperita una mediazione (esperita in videoconferenza su richiesta della parte istante) nel cui atto di convocazione alla parte invitata non era stata indicata una sede nel circondario del Tribunale competente in cui avrebbe potuto presenziare (nè questa era evincibile dal sito dell'Organismo).
Pertanto anche nel caso di mediazioni telematiche è imprescindibile che l'Organismo adito abbia una sede operativa nella circoscrizione dell'ufficio giudiziario competente per la relativa causa, pena l'inefficacia/inutilità della mediazione e l'improcedibilità della successiva domanda giudiziale. Concorde sul punto anche il Tribunale di Catanzaro (sentenza 19.06.2023).
Mediatore Avv. Silvio Zicconi
Avvocato Civilista dal 1995, consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Sassari dal 2008, dal 2010 al 2014 è Consigliere Segretario del medesimo Ordine. Già componente della relativa commissione "Mediazione", dal 2011 è Mediatore civile e commerciale ai sensi del D.Lgs. n.28/10. Svolge attività di consulenza ed assistenza legale giudiziale ed stragiudiziale prevalentemente nel settore del diritto civile, diritti reali, obbligazioni e contratti, divisioni, successioni, assicurazioni, diritto comme...
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