Il termine di inizio della mediazione e la ragionevole durata del processo. L’improcedibilità prima e dopo la riforma Cartabia.

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Avv. Silvio Zicconi

La Riforma Cartabia sembra superare la querelle circa la natura perentoria od ordinatoria del termine stabilito dal giudice per l’inizio della mediazione, portando l’attenzione sulla necessità che la mediazione sia effettivamente e tempestivamente esperita senza compromettere la programmazione operata dal giudice a garanzia della ragionevole durata del processo.

A cura del Mediatore Avv. Silvio Zicconi da Sassari.
Letto 1439 dal 01/07/2024

La problematica relativa al carattere ordinatorio o perentorio del termine per iniziare la mediazione è stata oggetto di ampio dibattito in dottrina e di interventi da parte della giurisprudenza, che hanno interpretato in maniera non omogenea la previsione di cui all'ultima parte dell'art. 5 comma 1, D. Lgs. n.28/2010 ante Riforma Cartabia.
 
La norma, nella sua formulazione iniziale, dopo l'elencazione delle materie oggetto di mediazione obbligatoria e la previsione del termine (a pena di decadenza) per sollevare la relativa eccezione e la rilevazione da parte giudice, proseguiva prevedendo un rinvio dell'udienza nel caso in cui la mediazione fosse ancora in corso. 
Ove invece la mediazione non fosse stata ancora esperita, la norma prescriveva che il giudice provvedesse allo stesso modo, fissando una nuova data di udienza dopo la scadenza del termine previsto per la conclusione della mediazione di cui all'art.6 (“tre mesi"), "assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione".    
Analoga previsione era stabilita dal comma 2 del medesimo articolo per il caso in cui la mediazione fosse demandata dal giudice in qualunque fase del processo, ed anche in appello.
 
Il problema del carattere perentorio od ordinatorio del termine quindicinale è stato ben presto sollevato dalla dottrina ed ha costituito oggetto di eccezioni, su cui anche la giurisprudenza si è dovuta pronunciare.  
Non è poi un caso che detta questione abbia interessato in larga misura le cause di opposizione a decreto ingiuntivo, per le quali la giurisprudenza ha dovuto affrontare l'ulteriore problema di chi, tra opposto e opponente, fosse onerato della proposizione della domanda di mediazione. 
Un termine così breve per l'introduzione della mediazione (obbligatoria o demandata) e l'improcedibilità discendente dal suo mancato rispetto  non è questione di poco conto, specie quando la conseguenza dell'improcedibilità è l'incontrovertibilità acquisita e la definitività del decreto opposto (seguendo la tesi che poneva l’onere in capo all'opponente) o, viceversa,  la caducazione di questo e l'eventuale improponibilità della domanda per intervenuta prescrizione (seguendo la tesi - poi accolta dalle SS.UU.- che indicava nell'opposto il soggetto onerato). 
A tal riguardo il Tribunale di Modena e la Corte d'Appello di Bologna, ad esempio, si sono schierate per il carattere perentorio del termine, mentre altri Tribunali come Roma e Vasto e la Corte d'Appello di Milano hanno abbracciato la tesi ordinatoria. 
 
Sul punto è quindi intervenuta la Suprema Corte che, con la sentenza n. 40035/2021, ha elaborato il principio secondo cui: "ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui al D .Lgs. n.28/2010 art.5 commi 2 e 2bis, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di 15 gg. indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che dispone la mediazione".
A fondamento di detto principio la S.C. ha individuato in primo luogo la previsione di legge secondo cui "la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo" (art.5 comma 2bis - nella formulazione ante Cartabia). Da ciò si deprenderebbe la volontà del legislatore di riconnettere la statuizione giudiziale sulla procedibilità della domanda al solo evento dell'esperimento del procedimento di mediazione e non al mancato rispetto del termine di presentazione della domanda
A tale conclusione la Cassazione ha reputato altresì doversi pervenire anche in ragione del 2° comma dell'art.152 c.p.c. secondo cui "i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori".  L'art.5 comma 2 del D.Lgs. n.28/2010, infatti, "non prevede espressamente l'adozione di pronuncia di improcedibilità a seguito del mancato esperimento del procedimento di mediazione delegata entro il termine di quindici giorni".
Tale conclusione, poi, sarebbe anche rispettosa della ratio della norma che, in quanto tesa alla ricerca della soluzione migliore possibile per le parti, dato un certo stato di avanzamento della lite e certe sue caratteristiche, mal si concilierebbe con la natura perentoria del termine di presentazione dell'istanza di mediazione.
Secondo la Cassazione, quindi, "appare più coerente con la sistematica interpretazione delle disposizioni sulla mediazione e con la finalità della mediazione demandata dal giudice in corso di causa, privilegiare la verifica dell'effettivo esperimento della mediazione".  
Interpretando la norma in tal modo, questa "raggiunge[rebbe] lo scopo cui è rivolta e cioè favorire, ove possibile ed in termini effettivi, forma alternative ma altrettanto satisfattive di tutela mediante la composizione amichevole delle liti ed al contempo conferm[erebbe] il carattere di extrema ratio che il legislatore riconosce, in prospettiva deflattiva, alla tutela giurisdizionale". 
 
Il principio espresso dalla Cassazione nel 2021, oltre che ovviamente rispettoso della lettera delle norme, risulta cogliere in tutta la sua portata la ratio della norma ed il senso dell'introduzione della mediazione nell'ordinamento italiano.
Rimarchevoli appaiono quindi le affermazioni secondo cui si deve "privilegiare la verifica dell'effettivo esperimento della mediazione" (principio questo che trova ulteriore affermazione in tutta quella giurisprudenza che negli anni ha sottolineato l'imprescindibile necessità della partecipazione personale alla mediazione), così come il riconoscimento che lo scopo della previsione sia quello di "favorire ove possibile ed in termini effettivi, forme alternative ma altrettanto satisfattive di tutela" e che il giudizio deve costituire solo l'extrema ratio: finalità che mal si concilierebbe con prescrizioni e termini inutilmente costrittivi e vincolanti. 
 
Questo tuttavia non significa che la mediazione obbligatoria o demandata possa essere esperita quando si vuole.
Altro passaggio rimarchevole della citata pronuncia è infatti quello per cui "ove l'udienza di verifica sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione [...], senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione dell'istanza, quest'ultima si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura previsto per legge".
Se da un lato la S.C. rimarca che l'eventuale improcedibilità discenderebbe dal mancato rispetto del termine di durata della mediazione e non dal mancato rispetto del termine quindicinale di inizio della stessa, dall'altro tuttavia evidenzia la rilevanza che può avere, ed il giudice del merito non può non dare, all'eventuale inerzia e negligenza della parte onerata, che giustificherebbe una declaratoria di improcedibilità della domanda. 
 
Sul punto merita attenzione una pronuncia del Tribunale di Treviso (n.2026/2023) che, partendo proprio dai principi affermati da Cass. n.40035/2021, li ribadisce evidenziando come "il mancato rispetto del termine di quindici giorni comunque non deve pregiudicare il tempestivo e corretto svolgimento della procedura, né provocare alcun allungamento dei tempi di definizione del giudizio, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo, parimenti richiamato dalla Suprema Corte".
Il Tribunale nel caso di specie, richiamando la nota sentenza n.19596/2020, con riguardo al soggetto onerato di promuovere la mediazione nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo, ricorda infatti la conclusione cui le SS.UU. sono giunte quando affermano testualmente che "ne consegue che ove essa [la parte opposta] non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1bis [dell'art.5 D. Lgs. n.28/2010] conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo".
Secondo la giurisprudenza, quindi, all'udienza che il giudice ha fissato per la verifica dell'esito della mediazione e l'eventuale prosecuzione del giudizio, questi è chiamato verificare se la parte onerata si sia attivata, circostanza che dovrebbe escludersi non solo nel caso in cui la domanda di mediazione non sia stata neanche presentata, ma anche nel caso in cui questa sia stata presentata con colpevole ritardo, tale dovendosi intendere quello in ragione del quale la mediazione non si è potuta concludere nell'arco temporale previsto dalla legge e preso in considerazione dal giudice al momento della fissazione dell'udienza di rinvio.  
 
Come sempre più di frequente accade, la giurisprudenza anticipa il legislatore ed il legislatore adegua la norma ai principi ed alle elaborazioni interpretative e applicative fatte dalla giurisprudenza.
 
Questo è avvenuto ad esempio con l'art. 5 bis 2 introdotto dal D. Lgs. n.149/2022 in tema di opposizione a decreto ingiuntivo che, facendo seguito all'orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione, ha stabilito che "l'onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo".
Ma questo è avvenuto anche con riguardo alla natura perentoria od ordinataria del termine per la presentazione della domanda di mediazione.
Infatti la Riforma Cartabia ha modificato l'art.5 del D. Lgs. n.28/2010 eliminando il passaggio precedentemente previsto al 1° comma dell'articolo, secondo cui il giudice avrebbe assegnato "alle parti il termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione",  limitando la previsione alla sola fissazione di una successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art.6;  questo sia nel caso in cui si rilevi che la domanda di mediazione non è stata presentata, che nel caso in cui la mediazione pur iniziata non si sia ancora conclusa (art.5 comma 2 come modificato dall'art.7/1 lett. d) D. Lgs. n.149/2022).
 
Questo però non significa che la domanda di mediazione possa essere presentata quando si vuole. 
Infatti, la Riforma del Processo Civile, in linea con gli ormai consolidati principi di giusto processo e ragionevole durata del medesimo e con la necessità di assicurare forme alternative ma altrettanto satisfattive di tutela mediante la composizione amichevole delle liti ed al contempo confermando il carattere di extrema ratio che il legislatore riconosce alla tutela giurisdizionale (ricordato dalla Cass. n.40035/2021), ha stabilito che, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, la parte è onerata della preventiva presentazione della domanda di mediazione e deve dare atto già in citazione dell'assolvimento del proprio onere (art.163 comma 3 punto 3bis c.p.c.), costituendo ciò specifico contenuto dell'atto giudiziale. 
La previsione di cui al successivo punto 5) del medesimo comma impone poi, la relativa allegazione degli elementi probanti l'assolvimento del citato onere.
Alla prima udienza, quindi, il giudice, anche d'ufficio è chiamato a verificare se la condizione di procedibilità sia stata assolta; questo in quanto il mancato assolvimento precluderebbe qualsiasi ulteriore attività processuale, determinando l’immediata definizione del processo. 
 
Deve quindi rammentarsi che l'assolvimento dell'onere è dato solo ed esclusivamente dall'esperimento della mediazione, esperimento che, a sua volta, può dirsi effettuato solo nel caso in cui la mediazione sia stata svolta nella sua interezza.
 
Ove la condizione non sia stata assolta (ipotesi che, come si è visto, potrebbe verificarsi sia nel caso della mancata presentazione della domanda di mediazione, che nell’ipotesi di pendenza del procedimento), il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art.6, ovvero non prima di 3 o 6 mesi (vista la possibile proroga), senza tenere conto del periodo di sospensione feriale, non applicabile alla mediazione.
Pertanto, considerato che il termine di 3 o 6 mesi in caso di proroga decorre non dalla data della prima udienza ma dal deposito della domanda di mediazione, al momento della fissazione della successiva udienza il giudice deve tenere conto anche della tempistica necessaria alla presentazione della domanda di mediazione; esigenze che è onere delle parti rappresentare al giudice.
A tal riguardo considerato l’ultimo comma dell’art. 6, in virtù del quale “se pende giudizio, le parti comunicano al giudice la proroga del termine di cui al comma 1”, si dovrebbe ritenere che, nel caso in cui l’udienza sia stata fissata alla scadenza dei tre mesi dalla domanda di mediazione ma prima del compimento del 6° mese, le parti possano presentare istanza per lo spostamento dell’udienza (già fissata), in data successiva alla scadenza dei 6 mesi. In alternativa potranno rappresentare detta esigenza all’udienza medesima, nella quale il giudice potrà chiedere loro conto della data esatta del deposito della domanda di mediazione.
Detto problema, invece, non potrebbe porsi nel caso in cui alla prima udienza sia stato disposto un rinvio superiore ai 6 mesi, avendo il giudice voluto tenere conto in partenza della possibilità di proroga della mediazione.
In ogni caso all’udienza così fissata il giudice è chiamato a verificare l’assolvimento o meno della condizione di procedibilità. 
Da ciò ne discende che, ove la mediazione non si sia ancora conclusa, il giudice non potrà concedere ulteriori rinvii e dovrà necessariamente dichiarare l’improcedibilità della domanda giudiziale, così ponendo fine al processo o, con sentenza parziale, alla parte di giudizio avente ad oggetto una delle domande di cui all’art.5 o a quella per la quale la mediazione era stata demandata.
 
La scomparsa dalla norma della previsione di un termine di 15 gg. per l’inizio della mediazione, quindi, deve reputarsi come espressione della volontà del legislatore di porre l’accento sulla necessità che, nei termini rigorosi imposti dalla riforma ed in ossequio al principio della durata ragionevole del processo, la mediazione sia esperita (alias conclusa), essendo l’esperimento e non il solo suo inizio, rilevante processualmente.   
Se quindi il termine di 15 giorni per il deposito della domanda di mediazione che inizialmente era previsto dal legislatore (e che la giurisprudenza aveva ritenuto ordinatorio) è scomparso dal nuovo testo della norma, ciò non significa che il momento di presentazione della domanda di mediazione sia ininfluente, dato che da questo può discendere la conclusione o meno della procedura di mediazione nei termini di legge, e la conseguente inevitabile declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale. 
 
Detto rigore va di pari passo con quello, apparentemente immotivato, dettato dalla previsione che non possa essere fissato il primo incontro della mediazione prima di 20 giorni e non oltre 40 giorni dal deposito della domanda, così come dalla previsione che per il primo incontro di mediazione devono essere riservate dall’Organismo e dal mediatore non meno di due ore.
 
Il legislatore, nell’ottica del rispetto della ragionevole durata del processo, ha quindi voluto dettare una serie di norme che, nel rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa (vedasi il termine minimo e massimo di programmazione del primo incontro), mirano a responsabilizzare gli avvocati affinché curino adeguatamente la procedura di mediazione e coltivino concretamente la possibilità di raggiungere un accordo sin dal primo incontro, stante l’estrema difficoltà che possano tenersi più di due/tre incontri prima della scadenza del termine di legge.
 
In questa ottica può leggersi anche la nuova previsione di cui al comma 6 dell’art.8 secondo cui “le parti e gli avvocati cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse”, perfettamente in linea con il principio ricordato dalla S.C. di assicurare forme alternative ma altrettanto satisfattive di tutela mediante la composizione amichevole delle liti ed il carattere di extrema ratio che il legislatore riconosce, in prospettiva deflattiva, alla tutela giurisdizionale.
 

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Chi è l'autore
Avv. Silvio Zicconi Mediatore Avv. Silvio Zicconi
Avvocato Civilista dal 1995, consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Sassari dal 2008, dal 2010 al 2014 è Consigliere Segretario del medesimo Ordine. Già componente della relativa commissione "Mediazione", dal 2011 è Mediatore civile e commerciale ai sensi del D.Lgs. n.28/10. Svolge attività di consulenza ed assistenza legale giudiziale ed stragiudiziale prevalentemente nel settore del diritto civile, diritti reali, obbligazioni e contratti, divisioni, successioni, assicurazioni, diritto comme...
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