I PRINCIPI DELLA NUOVA MEDIAZIONE CONDOMINIALE IN GIURISPRUDENZA

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Avv. Silvio Zicconi

Breve rassegna della più recente giurisprudenza formatasi nell’ambito delle controversie condominiali oggetto di mediazione e delle novità introdotte dalla riforma del processo civile del 2022.

A cura del Mediatore Avv. Silvio Zicconi da Sassari.
Letto 57 dal 19/11/2024

Come è noto nelle controversie condominiali l’esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità. Non tutte le controversie che riguardano un Condominio, però, sono soggette a questa condizione. E’ stato infatti chiarito, che queste sono esclusivamente quelle che riguardano la violazione o la non corretta applicazione delle norme di cui al capo II Titolo VII Libro III del Codice Civile ed agli artt. 61-72 delle disposizioni di attuazione del medesimo Codice.
Per stabilire se la domanda giudiziale debba essere anticipata dall’esperimento della procedura di mediazione si devono pertanto esaminare il petitum e la causa petendi della medesima.  E’ quindi imprescindibile che chi propone l’istanza di mediazione abbia cura di specificare quanto più possibile l’oggetto della stessa e le ragioni su cui si fonda, se non vuole correre il rischio che alcune delle sue domande giudiziali siano colpite dalla mannaia dell’improcedibilità.
 
La materia condominiale è stata oggetto di molteplici interventi da parte della giurisprudenza ed è stata innovata anche dalla Riforma Cartabia, che per alcuni aspetti ha normato principi già affermati dai Tribunali e, in alcuni casi, anche dalla Cassazione, mentre per altri è stata innovativa.
Sotto il primo profilo vedasi ad esempio l’art.8 comma 1 del D.lgs. n.28/2010 post Riforma, quando esplicita che la comunicazione della domanda di mediazione può essere effettuata anche “a cura della parte istante”. Analogo discorso deve farsi con riguardo al caso dell’opposizione a decreto ingiuntivo, ora disciplinato dall’art.5 bis, ma su cui si era già espressa la Cassazione a Sezione Unite.
Esempio di norma che innova, non cristallizzando principi già riconosciuti dalla giurisprudenza, è invece quella di cui all’art. 5 ter circa la legittimazione dell’amministratore di condominio.
 
Sotto questo profilo il legislatore ha voluto innovare - e non poco - la materia.
Secondo la precedente formulazione, infatti, l’amministratore aveva necessità di un esplicito mandato assembleare per aderire alla procedura di mediazione, così come per partecipare agli incontri. E, per detta ragione, gli era consentito di chiedere un rinvio del primo incontro per convocare l’assemblea.
Detta previsione era sostanzialmente in linea con gli artt.1130, 1131 e 1135 c.c., in tema di attribuzioni e legittimazioni dell’amministratore e dell’assemblea, e con il ruolo primario svolto dall’assemblea nel condominio, di cui l’amministratore sarebbe solo un mandatario.
La nuova previsione, che all’art. 5 ter sancisce il principio che “l’amministratore del Condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi”, ha sollevato qualche dubbio e perplessità, specie in chi ha trovato una dissonanza tra i poteri limitati dell’amministratore e la possibilità di decidere in totale autonomia se sedersi al tavolo delle trattative su qualunque questione interessante il condominio, ivi comprese quelle di competenza esclusiva dell’assemblea. Non è neanche mancato chi ha auspicato un nuovo intervento chiarificatore del legislatore, teso a distinguere tra questioni rientranti nelle attribuzioni dell’amministratore (per le quali potrebbe attivare o aderire alla mediazione senza necessità di un espresso mandato assembleare) e questioni di competenza assembleare, per le quali, invece l’amministratore dovrebbe ancora munirsi del mandato dell’organo collegiale.
Bisogna quindi prestare attenzione alla ratio della norma, così come non può dimenticarsi quale sia la natura e funzione della procedura di mediazione. 
La norma soddisfa evidentemente un’esigenza di celerità del procedimento, che traspare anche dalla nuova disciplina della durata della mediazione e della tempistica stringente dettata per la fissazione del primo incontro. 
Ma l’esigenza di celerità, a ben vedere, non contrasta con i principi dettati dagli artt.1130, 1131 e 1135 del C.C. Nulla è cambiato, infatti, in merito al soggetto legittimato ad approvare l’accordo (che non può che essere sempre e solo l’assemblea). L’art. 5 ter, poi, non ha incrementato in maniera illogica i poteri dell’amministratore se solo si considera che la legittimazione, che gli è stata riconosciuta dal legislatore, è solo quella di sedersi al tavolo delle trattative e cercare una o più soluzioni conciliative della controversia da sottoporre poi al vaglio dell’assemblea.  L’unica nuova responsabilità che gli è stata attribuita è quindi quella di decidere se partecipare o meno alla mediazione: responsabilità comunque non di poco conto, dovendo l’amministratore valutare sia le rispettive ragioni che le conseguenze di ciascuna scelta, in una analisi prospettica per la quale necessita di una conoscenza non superficiale dell’istituto della mediazione, del codice anche di rito e della giurisprudenza: attività per la quale, nella maggior parte dei casi, non potrebbe che avvalersi della consulenza preliminare di un legale.
 
Altra questione che rientra pacificamente nel novero delle controversie per le quali la preventiva presentazione dell’istanza di mediazione costituisce condizione di procedibilità è l’impugnazione delle delibere assembleari.
A tal riguardo, in giurisprudenza si è rimarcato che “la domanda di impugnazione di delibera assembleare introdotta dal singolo condomino, anche ai fini della stima del valore della causa non può intendersi ristretta all’accertamento della validità del rapporto parziale che lega l’attore al condominio e dunque al solo importo contestato, ma si estende necessariamente alla validità dell’intera deliberazione […] giacché l’effetto caducativo dell’impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale, […] opera nei confronti di tutti i condomini, anche se non abbiano partecipato direttamente al giudizio promosso da uno o alcuni di loro” (Cass.n.19250/2021; cfr. anche Cass. n.15434/2020, Trib. Milanon-3809/2024). 
 
Appare poi consolidato anche il principio secondo cui il termine di impugnazione della delibera assembleare previsto dalla legge a pena di decadenza, sia interrotto e non sospeso dalla introduzione della procedura di mediazione; questo, secondo una giurisprudenza di merito, in ragione della formula utilizzata dal legislatore ante Riforma Cartabia quando, all’art.5, prevede che “la domanda di mediazione impedisce la decadenza” e del fatto che veniva previsto un nuovo termine di decorrenza in caso di fallimento della mediazione (per tutte cfr. Tribunale Napoli n.3743/2024).
 
Pacifico risulta ancora il principio secondo cui l’effetto impeditivo debba essere ricondotto alla comunicazione dell’istanza di mediazione e non al mero deposito della stessa.   La norma sul punto è chiara, posto che, sia all’art. 5, comma 6, ante Cartabia che all’art. 8, comma 2, della nuova formulazione, la legge riconduce l’effetto impeditivo al momento della comunicazione alle altre parti e non al momento del deposito della domanda.
Per la verità, sul punto, la giurisprudenza in un primo momento aveva fatto registrare posizioni contrastanti, in quanto alcuni Tribunali avevano ritenuto non potersi far ricadere sull’istante il ritardo nella fissazione dell’incontro e nella conseguente notificazione della convocazione da parte dell’Organismo (cfr. Trib. Firenze n. 2718/2016). La giurisprudenza maggioritaria ha però rimarcato come l’effetto interruttivo sia ricondotto dalla legge alla comunicazione dell’istanza di mediazione e non alla convocazione, per cui, è diritto ed onere della parte istante comunicare al Condominio l’avvenuto deposito della domanda di mediazione (cfr. ex multis: Tribunale Milano n.253/2020, Tribunale Napoli n.10959/2017, Trib. Napoli 04.12.2019 e n.3743/2024, Tribunale Roma n.3159/2021).  A conferma di quanto sopra, la Riforma Cartabia, all’art.8 comma 2 del D.Lgs. n.28/2010, dopo aver ribadito che la comunicazione della domanda di mediazione impedisce la decadenza, ha stabilito che “la parte può a tal fine comunicare all’altra parte la domanda … fermo l’obbligo dell’organismo di procedere alla comunicazione della domanda e di ogni altra informazione prescritta dal comma 1 del medesimo articolo.
 
Al riguardo la giurisprudenza ha altresì rimarcato come non possa applicarsi alla notifica dell’istanza di mediazione o della convocazione il principio della scissione degli effetti della notificazione (in ragione del quale gli effetti a favore del notificante decorrono dalla data della richiesta della notifica e non dal ricevimento della stessa), potendosi questo applicare solo agli atti processuali (Cass. n.24822/2015; Trib. S. M.Capua Vetere n.324/2024).  Da ciò ne consegue, che l’effetto interruttivo della domanda di mediazione matura esclusivamente con la notifica della stessa e non con la sua richiesta all’unep o all’agente postale.
 
Altra questione è quella di quando il termine decadenziale ricominci a decorrere.
Il comma 6 dell’art.5 ante Riforma prevedeva che “se il tentativo fallisce la domanda giudiziale dev’essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale presso la segreteria dell’Organismo”. A tal riguardo la giurisprudenza aveva affermato il principio che detto termine riprenda a decorrere dalla scadenza del termine entro il quale ex lege deve concludersi la procedura di mediazione, posto che i termini decadenziali fuoriescono dalla disponibilità delle parti. Pertanto anche nel caso in cui le parti concordemente proroghino la durata della mediazione, i 30 gg. per l’impugnazione giudiziale della delibera assembleare riprenderebbero a decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per la conclusione della mediazione se anteriore a quello di deposito del verbale negativo (cfr. per tutte Tribunale Salerno 18.09.2023).
La nuova formulazione della norma pone però dei problemi.  Infatti l’art.8 post Cartabia al 2° comma riproduce solo in parte la precedente formulazione dell’art.5 comma 6, riaffermando il principio che “dal momento in cui la comunicazione […] perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta”. Con la riforma è però scomparsa la frase che all’art.5 sanciva che, in caso di esito negativo della mediazione, la domanda giudiziale dovesse essere proposta “entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale presso la segreteria dell’Organismo”.  Questo, suscitando forti perplessità in dottrina e giurisprudenza e richieste di interventi correttivi del legislatore, ha portato il Tribunale di Napoli ad affermare che allo stato la domanda giudiziale debba essere proposta entro il termine decadenziale di 30 giorni dalla comunicazione della domanda di mediazione (cfr. sent. n.8555/2023).
 
Altro principio affermato in giurisprudenza è l’inapplicabilità in mediazione del meccanismo del dissenso alle liti di cui all’art.1132 c.c.. 
Essendo la “soccombenza” del tutto aliena alla mediazione, il condomino dissenziente non può rifiutarsi di partecipare alle spese legali e di mediazione utilizzando la procedura di cui all’art.1132 c.c., non estendibile in via analogica alla mediazione.
Conclusione questa del tutto in linea con la natura di strumento di definizione della controversia alternativo al giudizio, che aveva già indotto la giurisprudenza a non ritenere utilizzabile in mediazione la procura alle liti, anche ove estesa alla facoltà di conciliare e transigere.
 
Per concludere, sono molteplici in giurisprudenza i casi di condanna alle spese di lite ed ex art. 96 c.p.c. del Condominio assente in mediazione (cfr. ex multis Tribunale Termini Imerese n.312/2022); vi sono poi diverse pronunce che qualificano come voci di danno risarcibili in giudizio anche le spese della mediazione conclusa negativamente per assenza della controparte (così come per rifiuto della proposta conciliativa del mediatore: cfr. Cass. n.5389/2024). 
In una recente vertenza avente ad oggetto l’impugnazione di una delibera assembleare, poi, il Tribunale di Milano ha ritenuto che, in caso di rigetto dell’impugnazione, il condominio convenuto possa in via riconvenzionale chiedere e ottenere la condanna dell’attore, sempre a titolo di risarcimento danni, al rimborso non solo delle spese legali e di mediazione, ma anche del compenso corrisposto all’amministratore per la sua partecipazione alla procedura di mediazione, trattandosi di attività rese necessarie a causa delle domande giudiziali dell’attore, rivelatesi infondate (cfr. Tribunale Milano n.3809/2024).   
 

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Chi è l'autore
Avv. Silvio Zicconi Mediatore Avv. Silvio Zicconi
Avvocato Civilista dal 1995, consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Sassari dal 2008, dal 2010 al 2014 è Consigliere Segretario del medesimo Ordine. Già componente della relativa commissione "Mediazione", dal 2011 è Mediatore civile e commerciale ai sensi del D.Lgs. n.28/10. Svolge attività di consulenza ed assistenza legale giudiziale ed stragiudiziale prevalentemente nel settore del diritto civile, diritti reali, obbligazioni e contratti, divisioni, successioni, assicurazioni, diritto comme...
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