Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di ROVIGO
SEZIONE PRIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Alessandra Paulatti ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. /2013 promossa da:
“C. M. & C: SNC” (C.F. ),
contro
L. R. (C.F. ),
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni del 25.10.16.
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione, ritualmente notificato, la società C. M. e& C. snc proponeva opposizione al Decreto Ingiuntivo n. 893/13 Ing., mediante il quale le veniva ingiunto di pagare a R. L. la somma di euro 3.062,25 per canoni locativi scaduti, oltre alle spese del procedimento monitorio. Rilevava preliminarmente l’opponente che il D.I. era conseguente al procedimento di sfratto per morosità promosso da R. L. e R. A. contro l’odierno opponente e radicato con il n. R.G.; che nell’ambito di detto procedimento la sola R. L. aveva chiesto l’ingiuzione di pagamento dei canoni, ingiunzione poi emessa dal Giudice in data 4.9.13 e provvisoriamente esecutiva per legge, non corrispondendo esattamente la parte intimante alla parte ingiungente il titolo era da considerarsi viziato e nullo; parte opponente, comunque chiedeva la chiamata in causa anche di R. A., chiamata che veniva autorizzata. Nel merito esponeva l’istante che il contratto di affitto di azienda de quo doveva piuttosto essere considerato come contratto di locazione; rilevava che il contro commerciale nel quale il negozio era inserito era stato aperto due mesi dopo la data prevista per l’apertura, che il Centro non aveva avuto il successo sperato a causa della ridotta apertura del supermercato, cosa che aveva comportato l’insuccesso anche di tutte le altre attività commerciali; che il negozio era stato locato al grezzo e che l’opponente aveva dovuto sostenere notevoli spese sia per il completamento, che per l’arredo per le quali formulava apposita domanda riconvenzionale. Ritenendo di nulla dovere concludeva per la revoca dei D.I. e per l’accoglimento della domanda riconvenzionale.
Si costituiva ritualmente la parte opposta eccependo preliminarmente l’improcedibilità dell’opposizione, atteso che – essendo stata proposta con atto di citazione e non con ricorso – doveva essere considerata tardivamente proposta; contestava l’eccepita nullità del D.I. per mancata indicazione nello stesso anche del nominativo di R. A., perchè frutto di un errore materiale del G.I. che tale nome non avrebbe riportato nel testo del decreto; nel merito contestava le affermazioni avversarie, sostenendo in particolare che l opposizione proposta era illegittima e pretestuosa e concludeva per il rigetto sia dell’opposizione, che della domanda riconvenzionale.
Nel corso del procedimento il G.I., attesa l’introduzione della causa con citazione e non con il rito lavoro, rito tipico della materia delle locazioni, disponeva il mutamento di rito, concedendo i termini per le memorie integrative; venivano ammessi ed espletati i mezzi di prova richiesti e si acquisivano agli atti i documenti ritualmente depositati.
All’udienza del 25.10.16 i procuratori delle parti discutevano la causa e il G.I. la assumeva in decisione, dando pubblica lettura del dispositivo.
Preliminarmente si rileva come, effettivamente, la mancata indicazione del nominativo di R. A. sia stato frutto di un errore materiale, atteso che il procedimento di intimazione di sfratto era stato promosso da entrambe le signore R., L. ed A., mentre nell’ingiunzione di pagamento venne riportato il solo nome di L..
Tale errore materiale è stato sanato anche dalla chiamata in giudizio di R. A. e andrà corretto nel dispositivo della presente sentenza.
Ancora in via preliminare si osserva come ne D.I. n. 893/13, predisposto su prestampato, il giudice, nel liquidare le spese, abbia omesso di interlineare la frase “del procedimento di sfratto, essendo palese che – avendo già liquidato a suo tempo le spese del procedimento di sfratto, quelle liquidate nel decreto non potevano che essere intese in riferimento al solo decreto ingiuntivo, sicchè il precetto, giustamente, ha riportato le voci corrette.
Andrà disposta anche per questa voce la correzione di errore materiale.
Prima di scendere al merito della causa, va esaminata l’eccezione preliminare formulata dalla parte opposta.
La stessa appare fondata e meritevole di accoglimento.
Come esposto in narrativa la presente causa ha ad oggetto una opposizione a D.I. per il pagamento di canoni di affitto di azienda per un immobile ad uso non abitativo.
Il pagamento dei canoni era stato ingiunto nell’ambito del procedimento per convalida di sfratto e non era stato preceduto dal tentativo di mediazione obbligatoria.
In merito all’eccezione di improcedibilità del ricorso per decreto ingiuntivo perchè la parte ricorrente non avrebbe esperito il tentativo di mediazione obbligatoria si rileva che l’art. 5, comma 4, lettera a) del D. Lgs. 28/2010, esclude i procedimenti di ingiunzione dalle ipotesi per cui è prevista tale procedura.
Peraltro, la stessa disposizione, prosegue chiarendo che detto tentativo obbligatorio deve comunque essere esperito, in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, dopo la pronuncia sull’istanza di concessione o sospensione della provvisoria esecutività.
Nel caso di specie, all’esito dell’udienza del 21.5.14 è stata emessa ordinanza con cui il giudicante ha sospeso il procedimento ed ha rinviato all’udienza dell’11.02.2016 per consentire alle parti di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione.
Successivamente, all’udienza del 5.11.14 la parte attrice ha prodotto il verbale di mancata partecipazione della parte convenuta alla mediazione. Parte convenuta, allora, ha eccepito la tardività di detta istanza, che avrebbe dovuto essere presentata entro il termine di 15 giorni dalla data dell’ordinanza del 21.56.14 (atteso che essa era stata resa nel corso dell’udienza stessa e non necessitava di comunicazione) che ha disposto il detto tentativo di mediazione, e per l’effetto ha chiesto la declaratoria di improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo instaurata da parte attrice.
La giurisprudenza era oscillante sullo stabilire su chi incombesse l’onere di avviare il procedimento di mediazione nell’ipotesi particolare di opposizione a decreto ingiuntivo.
Nella fattispecie è pacifico che, nel termine concesso all’udienza 21.5.14, nessuna delle parti ha attivato tempestivamente la mediazione. Irrilevante e tardivo, ad avviso del Tribunale, è poi il successivo esperimento della mediazione su iniziativa della parte attrice solo in data 3.10.14 (cfr sul punto quanto risultante dall’istanza di mediazione depositata).
Trattasi, infatti, di adempimento posto in essere quando il termine ex lege assegnato per l’esperimento (rectius: attivazione) del procedimento di mediazione era già ampiamente scaduto.
Né d’altra parte giova obbiettare che, in difetto di legale espressa previsione, il termine in questione non avrebbe natura perentoria, ma solo ordinatoria (art. 152 c.p.c.).
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, che si condivide, il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (in questo senso Cass. n. 14624/00, 4530/04). Ritiene il giudicante che a conclusione analoga si debba pervenire in caso di mancato rispetto del termine concesso dal giudice ex art. 5, secondo comma, ultimo periodo D. Lgs. 28/2010 per il deposito della domanda di mediazione.
La implicita natura perentoria di tale termine si evince dalla stessa gravità della sanzione prevista, l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico.
Apparirebbe assai strano che il legislatore, da un lato, abbia previsto la sanzione dell’improcedibilità per mancato esperimento della mediazione, prevedendo altresì che la stessa debba essere attivata entro il termine di 15 gg, dall’altro abbia voluto negare ogni rilevanza al mancato rispetto del suddetto termine.
In proposito è solo il caso di rilevare che, anche a ritenere di natura ordinatoria e non perentoria il termine di 15 gg per l’avvio della mediazione, la mancata proposizione di tempestiva istanza di proroga comporta inevitabilmente secondo la prevalente giurisprudenza, che si condivide, la decadenza dalla relativa facoltà processuale (così, in materia di conseguenze del mancato rispetto di termini ordinatori processuali, non prorogati, cfr, di recente, Corte di Cassazione, sen. n. 589/2015, n. 4448/13, e con 8 pronunce più risalenti, Cass. n. 4877/05; 1064/05; 3340/97).
La Suprema Corte, confermando un orientamento già più volte espresso, con la sentenza n. 589/2015, premesso che tale termine ha carattere ordinatorio, e che quindi lo stesso è prorogabile, ex art. 154 cod. proc. civ., in caso di istanza avanzata prima della scadenza del termine stesso, ha evidenziato che il suo inutile decorso “comporta la decadenza della parte dal diritto di far assumere la prova delegata, e non soltanto dal diritto di far assumere, per delega, la prova medesima”.
Nè d’altra parte sul punto può valorizzarsi il diverso orientamento giurisprudenziale, anche recentemente ribadito, formatosi in materia di mancato rispetto del termine, ritenuto ordinatorio, per la attivazione del contraddittorio nei procedimenti attivati con ricorso (tra le tante vedi SSUU n. 5700/14; conforme Sez. I, n. 11418 del 22/05/2014).
Invero in tali casi la mancata messa in notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza da parte del ricorrente è stata ritenuta sanabile in applicazione analogica del disposto di cui all’art. 291 c.p.c., con conseguente obbligo per il giudice, in caso di omessa notifica ovvero di notifica tardiva, di assegnare nuovo termine, questa volta di natura perentoria, per la rinnovazione della notifica fissando ulteriore prima udienza.
In quella fattispecie infatti la deroga ai principi generali in materia di effetti della violazione dei termini ordinatori è conseguenza della applicazione analogica di specifica disposizione normativa (art. 291 c.p.c.), riguardante il meccanismo di sanatoria della nullità della notifica dell’atto introduttivo.
Nel caso della mediazione obbligatoria, invece, non è presente alcuna norma speciale derogatoria dei principi generali in materia di termini così che il mancato rispetto di questi ultimi determina necessariamente l’improcedibilità della domanda giudiziale.
Infatti, nella mediazione obbligatoria ante causam, il relativo procedimento deve essere esperito prima del giudizio, e quindi d’iniziativa dalle parti. Ciò spiega perchè, ove tale incombente non venga assolto, e la questione sia eccepita dalla parte interessata rilevata di ufficio, sia consentito sanare l’omissione mediante successivo esperimento della stessa. Si è voluto cioè, in coerenza con analoghe disposizioni processuali (si pensi al caso del tentativo obbligatorio di conciliazione) evitare l’applicazione della grave sanzione dell’improcedibilità per omissione che poteva essere frutto di mancata conoscenza dell’obbligo normativo. L’improcedibilità in tal caso consegue solo al mancato o tardivo esperimento della mediazione come prescritto dall’art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/2010.
D’altra parte, la giurisprudenza di merito che ha avuto modo di occuparsi della questione, ha confermato che il tardivo esperimento del tentativo di mediazione comporta l’improcedibilità della domanda giudiziale (Tribunale di Firenze, Sez. III, sentenza del 09.06.2015; Tribunale di Firenze, sentenza del 04.06.2015).
Peraltro, appare del tutto indifferente al caso di specie la esatta identificazione del soggetto su cui incombe l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione, trattandosi di un’ipotesi normativamente imposta a entrambe le parti processuali.
In conclusione, l’opposizione a decreto ingiuntivo spiegata da C. M. & C. snc nei confronti di R. L. e R. A., avente ad oggetto il decreto ingiuntivo n. 839/2013, emesso dal Tribunale di Rovigo in data 4.9.13 e notificato il 27.9.13, deve essere dichiarata improcedibile.
L’accoglimento dell’eccezione pregiudiziale esonera l’ufficio dall’esame delle altre questioni e del merito della causa.
Da ultimo va esaminata la domanda di risarcimento del danno ex art. 96 cpc formulata dalla parte convenuta. La stessa appare infondata e va respinta, atteso che non appare sussistente la temerarietà della lite in considerazione del fatto che la giurisprudenza sul punto non sempre è stata univoca e anche per il fatto che la causa è stata portata avanti anche per la presenza di trattative fra le parti, trattative poi non sfociate in una conciliazione.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
In merito alla liquidazione delle spese, essendo le prestazioni professionali dei difensori delle parti in causa esauritesi dopo l’entrata in vigore del D.M. 10.3.2014, n. 55 e dovendosi considerare il compenso unitario e non frazionabile secondo i diversi periodi (cfr. Cass., Sez. Un., sent. n. 17405/2012), le stesse vanno liquidate secondo i criteri e le tariffe, di cui al predetto decreto, in riferimento allo scaglione relativo all’effettivo valore della causa, dimidiandone i compensi medi previsti, attesa la non particolare complessità della materia trattata, che si è esaurita nell’esame della sola questione preliminare.
P.Q.M.
Il Tribunale di Rovigo, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, accertato che il D.I è stato erroneamente emesso in favore della sola R. L., dovendolo intendere emesso anche in favore di R. A., dispone la correzione in tal senso;
accertato che nel D.I. nella parte relativa alla liquidazione delle spese di lite non è stata interlineata la frase “del procedimento di sfratto”, dispone la correzione in tal senso;
dichiara improcedibile la domanda di parte attrice;
conferma il decreto ingiuntivo opposto, dichiarandolo esecutivo;
respinge la domanda di risarcimento ex art. 96 cpc formulata dalla parte convenuta;
condanna C. M. & C snc a rifondere a R. L. e R. A. le spese di lite, che liquida in £. 3.620,00 per compensi, così suddivisi nelle varie fasi:
studio 810,00, introduttiva 570,00, istruttoria/trattazione 860,00 e decisionale 1.380,00, oltre
Rovigo 25.10.2016
Il Giudice
Dr.ssa Paulatti Alessandra