Testo integrale:
TRIBUNALE DI CATANIA
QUARTA SEZIONE CIVILE
VERBALE DI UDIENZA
con contestuale sentenza ex art. 281 sexies c.p.c.
L’anno 2019 il giorno 18 del mese di novembre avanti il dott. Giorgio Marino, chiamata la causa civile iscritta al n. OMISSIS RGAC;
promossa da
SOCIETÀ E GARANTE
opponenti;
contro
BANCA
opposta
con intervento di
CESSIONARIA DEL CREDITO
interveniente
AVENTE AD OGGETTO: OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO N. OMISSIS
IN FATTO
Con atto di citazione notificato in data 21.11.2017 SOCIETÀ E GARANTI convenivano in giudizio avanti questo Tribunale BANCA chiedendo che fosse revocato o annullato il d.i. emesso, in favore del convenuto, da questo Tribunale in data 10.8.201 e notificato il 13/17.10.2017 per l’importo di € 159526.00 a titolo di saldo debitorio di due conti correnti intestati alla società e garantiti da fideiussione degli altri opponenti. Contestavano la debenza della somma ingiunta.
L’opposta non si costituiva in giudizio.
Interveniva CESSIONARIA DEL CREDITO in questione opponendosi.
IN DIRITTO
È pacifico che la causa riguarda rapporti derivanti da contratto di c.c. e quindi rientra nell’ambito di applicazione della cd mediaconciliazione obbligatoria prevista dal D.lgs 4.3.10 n. 28 all’art. 5.
Altrettanto pacifico che il tentativo di conciliazione non è stato esperito da nessuna delle due parti in causa, nemmeno entro il termine assegnato dal GI con ordinanza del 12.9.2018.
Nessun dubbio quindi che la opposizione debba essere dichiarata improcedibile.
Ciò posto occorre indagare la sorte del decreto ingiuntivo opposto: se esso debba essere revocato o se, per contro, esso divenga definitivo in conseguenza della improcedibilità della esecuzione.
Ritiene questo giudice (in aderenza all’orientamento già espresso da questa Sezione in diversi procedimenti, anche con riferimento alle conseguenze della omessa mediazione nella fattispecie in esame) che la causa di opposizione a decreto ingiuntivo debba essere considerata procedimento unico con riguardo alla fase sommaria di richiesta ed ottenimento del decreto, e non possa essere qualificata come fase, diversa ed ulteriore, di impugnazione del decreto ingiuntivo: “in altri termini, il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto di ingiunzione non costituisce un processo autonomo rispetto a quello aperto dall'opposizione, ma da luogo a una fase di un unico giudizio, in rapporto al quale funge da atto introduttivo, in cui e` contenuta la proposizione della domanda, il ricorso presentato per chiedere il decreto di ingiunzione” ( Cass. 1586 del 2012 in parte motiva).
In ragione della natura del credito e del supporto probatorio di cui gode, la legge processuale consente al creditore di chiedere ed ottenere un provvedimento di condanna al pagamento di una somma o alla consegna di una cosa inaudita altera parte, in esito ad una cognizione tipicamente sommaria da parte del giudice adito: la cognizione piena ed ordinaria è rimessa ad una fase eventuale e successiva, la cui instaurazione è rimessa alla iniziativa del debitore ingiunto.
Una volta notificato il decreto, e quindi instaurato il contraddittorio con il debitore, quest’ultimo ha sostanzialmente due possibilità: prestare acquiescenza al decreto e consentire il passaggio in giudicato o proporre, nei termini di legge, opposizione contestando la pretesa creditoria azionata. In tale secondo ed ultimo caso si instaura un giudizio a cognizione piena che segue le regole ordinarie.
Il giudizio di opposizione riguarda la domanda azionata, in forma sommaria, dal creditore con il ricorso monitorio: è il ricorso monitorio a segnare i limiti del thema decidendum della opposizione, tanto che è il creditore opposto, malgrado nel meccanismo della instaurazione successivo della instaurazione del giudizio di cognizione piena giochi il ruolo di convenuto, a rivestire la qualifica di attore in senso sostanziale.
La domanda azionata è quella del creditore con ricorso per decreto ingiuntivo: domanda rispetto alla quale il debitore ingiunto si trova ad essere convenuto in senso sostanziale. La opinione sul punto della S.C. è conforme: l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo non e` azione di impugnazione della validità del decreto stesso" (per tutte, Cass. 1052/1995), ma introduce un ordinario giudizio di cognizione diretto ad accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall'ingiungente opposto - che assume la posizione sostanziale di attore - (e delle eccezioni e delle difese fatte valere dall'opponente); con la conseguenza che la sentenza che decide sull'opposizione deve accogliere la domanda, rigettando l'opposizione medesima, quante volte riscontri che le condizioni dell'azione proposta in sede monitoria sussistano al momento della decisione ( Cass. 23583 del 2010 in parte motiva).
Ed ancora in parte motiva Cass. n. 8539 del 2011: “è opportuno premettere che l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, il quale, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio, investe il giudice del potere-dovere di statuire sulla pretesa originariamente latta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni e difese contro la stessa proposte, con la conseguenza che l’opponente, pur assumendo normalmente la veste di attore, viene a trovarsi nella posizione sostanziale di convenuto, mentre l’opposto, formalmente convenuto, dev’essere considerato attore dal punto di vista sostanziale.”
Quindi la norma di cui al D.lgs 28 del 2010, laddove stabilisce che “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale” deve essere interpretata e applicata in relazione alla domanda azionata nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, ovvero alla domanda spiegata dal creditore opposto.
Nonostante l’attore in senso formale sia il debitore opposto, attore in senso sostanziale è il creditore e quindi a lui spetta l’onere di instaurare la procedura di mediazione. In considerazione della natura peculiare del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo la legge ha espressamente previsto che la mediazione non debba essere esperita obbligatoriamente prima del deposito del ricorso monitorio, ma ha stabilito che la obbligatorietà diviene operativa dopo la pronunzia del GI della opposizione sulle richieste ex artt. 648 e 649 cpc.
Ritiene questo giudice che l’onere dell’esperimento della mediazione spetti al creditore ingiungente e successivamente opposto, in ragione della individuazione della domanda spiegata in giudizio e della sua titolarità in senso sostanziale.
Di conseguenza, se la mediazione non viene promossa, a divenire improcedibile è la domanda del creditore azionata in ricorso monitorio con conseguente decadenza del decreto ingiuntivo (cfr. Trib. Ferrara 7.1.2015; Trib. Firenze 12.02.2015; Trib. Verona 28.10.2014; Trib. Varese 18.5.2012).
Non si ignorano le obiezioni mosse da taluna giurisprudenza di merito in riferimento a tale posizione (cfr. Trib. Chiesti 8.9.2015; Tribunale Bologna del 20/05/2015; Trib. Firenze 30.10.2014; Trib. Prato, 18.07.2011; Trib. Siena, 25.06.2012; Trib. Rimini, 17.07.2014). Si rileva, da parte di chi sostiene che la improcedibilità comporti la definitività del decreto incombendo l’onere della instaurazione della mediazione alla parte opponente a) che è irragionevole che un provvedimento che la legge ha indicato come suscettibile di passare in giudicato debba decadere: tale argomentazione prova troppo in quanto il decreto ingiuntivo è solo potenzialmente in grado di assumere efficacia di giudicato, e tale eventualità è rimessa alla mancata tempestiva opposizione; b) che non è coerente pretendere che sia il creditore a promuovere un adempimento che attiene alla attivazione del processo instaurato dal debitore, quando il creditore dispone già di un titolo: tale motivazione attinge alla stessa ratio che fonda la argomentazione precedente. Il creditore ha un titolo la cui definitività è subordinata alla mancata opposizione; la proposizione della opposizione impedisce il formarsi del tiolo esecutivo e trasferisce la vertenza sulla esistenza e quantificazione del credito nella sede della cognizione piena, rimettendo in discussione tutto il titolo; c) che la revoca del decreto non impedirebbe al creditore di promuovere nuovo ed analogo ricorso monitorio di identico contenuto con conseguente aggravamento del carico giudiziario; tale argomentazione farebbe pesare motivazioni di politica giudiziaria legate alla esigenza deflattiva sulla interpretazione della norma in punto di improcedibilità non tenendo conto che sempre quando un decreto ingiuntivo viene revocato per motivi di rito è pacifico che il creditore possa nuovamente ripercorrere la via monitoria.
Inoltre pare del tutto ragionevole che la spesa, sia pure non di significativo importo, della procedura di mediazione sia posta a carico della parte che ha promosso la domanda e non di chi vi resiste in giudizio: se il creditore avesse scelto la via ordinaria per ottenere l’accertamento del proprio credito e la condanna del debitore all’adempimento è pacifico che l’onere della mediazione sarebbe stato a suo carico.
Tale ultimo orientamento ha, invero, trovato accoglimento (seppur per ragioni differenti) dalla giurisprudenza della Suprema Corte.
Non si ritiene – però - di condividere l’orientamento espresso da Cass. Civ. sez. III n. 24629 del 3.12.2015. In motivazione si legge “invero attraverso il decreto ingiuntivo l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. È l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. È dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché e` l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga”.
L’argomentazione adottata dalla Corte appare essere del tutto contraria alla ricostruzione pacificamente (da sempre) operata in merito alla posizione delle parti del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Come ampiamente illustrato in precedenza, non e` l’opponente a decreto ingiuntivo a «esercitare in giudizio un’azione», come recita l’art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010 per le materie ivi contemplate: egli non fa che reagire alla pretesa monitoriamente azionata dal creditore, proponendo un’opposizione che e`, per forma, un atto di citazione (o un ricorso nel rito lavoristico e locatizio) ma, per contenuto, una comparsa di risposta (o una memoria difensiva nei riti speciali).
Da tale considerazione discendono tutte le note conseguenze nel giudizio che ci occupa in relazione alla facoltà di proporre domande riconvenzionali, chiamare in causa terzi.
Proprio tali argomenti inducono a ritenere non condivisibile l’ulteriore assunto contenuto nella citata sentenza 24629: “soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente-convenuto sostanziale, opposto-attore sostanziale”.
E difatti in tutta la fase antecedente alla declaratoria di procedibilità (per avvenuto esperimento della mediazione) non si assiste ad un congelamento delle normali posizioni delle parti: non e` prevista alcun differimento dell’esercizio delle tipiche facoltà del convenuto/opponente (domande riconvenzionali, chiamata in causa terzi) ad un momento successivo all’esperimento della mediazione; così come nessuna inversione delle normali posizioni si pone nel momento della valutazione delle istanze ex artt. 648/649 c.p.c., che per espressa previsione legislativa vanno decise prima dell’esperimento della mediazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, ne consegue la revoca del decreto ingiuntivo per improcedibilità della domanda monitoria.
Né alcun rimessione in termini per l’avvio tardivo del procedimento di mediazione e` ipotizzabile.
Questo Tribunale ha già aderito all’orientamento per il quale in caso di mancato rispetto del termine concesso dal giudice ex art. 5, comma 2, ultimo periodo, D.Lgs. n. 28 del 2010 per il deposito della domanda di mediazione, va dichiarata la sua improcedibilità. L'implicita natura perentoria di tale termine si evince dalla stessa gravità della sanzione prevista, l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al giudizio di pervenire al suo esito fisiologico (cfr. Tribunale Lecce 3.3.2017; Trib. Firenze 9.6.2015; contra Trib. Milano, 27 settembre 2016; Trib. Roma 14 luglio 2016; Trib. Monza 1 gennaio 2016).
In ogni caso come rilevato dal Tribunale di Firenze “anche a ritenere di natura ordinatoria e non perentoria il termine di gg 15 per l’avvio della mediazione, la mancata proposizione di tempestiva istanza di proroga comporta inevitabilmente secondo la prevalente giurisprudenza che si condivide la decadenza dalla relativa facoltà processuale (così in materia di conseguenze del mancato rispetto di termini ordinatori processuali non prorogati Cass. 589/2015, Cass. 4448/13; Cass. 4877/05)”.
Nessun dubbio quindi che la domanda debba essere dichiarata improcedibile.
Attesa la obiettiva complessità della questione ed il contrasto giurisprudenziale di merito sul punto, le spese meritano di essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale di Catania – quarta sezione civile, in persona del sottoscritto giudice istruttore in funzione di giudice unico, uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulla domanda
proposta, da SOCIETÀ E GARANTI contro BANCA con intervento di CESSIONARIA, disattesa ogni ulteriore istanza, così provvede:
1. dichiara improcedibile l’opposizione e per l’effetto revoca il decreto ingiuntivo opposto;
2. compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
IL GIUDICE ISTRUTTORE
(dott. Giorgio Marino)