Commento:
Con questa ordinanza, la Corte d’Appello di Napoli rimanda le parti in mediazione, dopo che il primo tentativo, esperito in primo grado, si era concluso negativamente, ma aveva evidenziato una, seppur minima, disponibilità delle parti a trovare una soluzione stragiudiziale alla lite.
Ci troviamo in una causa avente ad oggetto diritti reali immobiliari e dunque materia oggetto di mediazione obbligatoria.
In primo grado, le parti avevano esperito una prima procedura di mediazione che aveva evidentemente avuto esito negativo, ma che, in fase di negoziazione aveva evidenziato la disponibilità delle parti a trovare una soluzione stragiudiziale. In particolare, la Corte d’appello ritiene che il contenuto delle e-mail, depositate nel processo di primo grado e scambiate fra le parti nel corso della prima mediazione, lasciasse aperto uno spiraglio ad un accordo conciliativo poi non raggiunto in quella sede.
L’ordinanza in commento viene emanata dalla Corte a fronte della richiesta delle parti di approfondire alcuni temi, dal lato istruttorio, mediante una consulenza tecnica d’ufficio, per sua natura dispendiosa, dai tempi e dagli esiti incerti.
La Corte decide dunque di non disporre la CTU, ma di demandare le parti in una nuova mediazione al fine di consentire alle parti di trovare uno spazio adeguato a valutare seriamente e responsabilmente le reciproche opportunità di definizione negoziale della controversia.
La Presidente Dr.ssa Assunta d’Amore ricorda a parti ed avvocati i punti indiscussi della Riforma Cartabia in tema di mediazione demandata in corso di appello:
Ci troviamo in una causa avente ad oggetto diritti reali immobiliari e dunque materia oggetto di mediazione obbligatoria.
In primo grado, le parti avevano esperito una prima procedura di mediazione che aveva evidentemente avuto esito negativo, ma che, in fase di negoziazione aveva evidenziato la disponibilità delle parti a trovare una soluzione stragiudiziale. In particolare, la Corte d’appello ritiene che il contenuto delle e-mail, depositate nel processo di primo grado e scambiate fra le parti nel corso della prima mediazione, lasciasse aperto uno spiraglio ad un accordo conciliativo poi non raggiunto in quella sede.
L’ordinanza in commento viene emanata dalla Corte a fronte della richiesta delle parti di approfondire alcuni temi, dal lato istruttorio, mediante una consulenza tecnica d’ufficio, per sua natura dispendiosa, dai tempi e dagli esiti incerti.
La Corte decide dunque di non disporre la CTU, ma di demandare le parti in una nuova mediazione al fine di consentire alle parti di trovare uno spazio adeguato a valutare seriamente e responsabilmente le reciproche opportunità di definizione negoziale della controversia.
La Presidente Dr.ssa Assunta d’Amore ricorda a parti ed avvocati i punti indiscussi della Riforma Cartabia in tema di mediazione demandata in corso di appello:
- la necessaria e opportuna presenza personale delle parti e dei rispettivi avvocati in sede di mediazione;
- la necessità che gli stessi cooperino in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse;
- la convenienza per le parti, in termini di tempo ed esborso economico, di raggiungere un accordo di mediazione con reciproca soddisfazione degli interessi sottesi e con vicendevole limitazione delle possibili conseguenze pregiudizievoli che potrebbero derivare da un esito sfavorevole.
La Corte precisa poi, nella motivazione dell’ordinanza, come la attivazione di una nuova procedura di mediazione non possa in alcun modo ritardare la definizione giudiziale del procedimento considerata la durata massima della stessa di tre mesi (estendibili a massimo altri tre), visto anche che il rinvio dell’udienza avrebbe tempi ben maggiori per il carico del ruolo.
La Presidente non manca poi di sottolineare le eventuali ripercussioni in giudizio nel caso di mancata partecipazione alla procedura demandata di mediazione, che viene ricordato essere condizione di procedibilità alla continuazione del giudizio stesso.
Da ultimo, la Corte caldeggia l’eventualità di svolgere l’attività di consulenza tecnica in sede di mediazione, con costi e tempi ridotti rispetto al giudizio e con la possibilità, in caso di mancato accordo, di utilizzare la perizia in giudizio con accordo preventivo o successivo delle parti coinvolte.
Nel dispositivo dell’ordinanza, la Corte si riserva infine di adottare ogni ulteriore mezzo istruttorio subordinandolo all’esito della procedura di mediazione demandata. ^