Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO IL TRIBUNALE DI TERNI
SEZIONE CIVILE
in persona del giudice dott.ssa Grotteria ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 547 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2020 del Tribunale di Terni, vertente
TRA
attori
E
convenuta
oggetto: risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale da responsabilità sanitaria per perdita del congiunto;
Conclusioni delle parti: come precisate nelle note scritte ex art. 127-ter c.p.c., sostitutive dell'udienza del 04.04.2023;
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con atto di citazione ritualmente notificato, - (in proprio, in qualità di prossimi congiunti, nonché quali eredi di ---nato il 13.11.1941 e deceduto in data 19.10.2017) evocavano in giudizio dinanzi all'Intestato Tribunale l'ospedale di - per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni: “Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, per tutte le causali di cui in narrativa, accertare e dichiarare: 1) il colposo e, comunque, inadempiente operato del personale sanitario dell' -; 2) la evidente responsabilità colposa e, comunque, l'inadempimento dei predetti sanitari ex art. 1176, 2° comma c.c.; 3) in subordine, la responsabilità dei sanitari de quibus in ordine ai danni tutti subiti dal de cuius e dagli odierni istanti ex art. 2236 c.c.; 4) la consequenziale responsabilità contrattuale ex artt. 1218 e 1228 c.c. dell'- convenuta per tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dagli odierni istanti sia iure proprio sia iure hereditatis; 5) in via subordinata al punto che precede, la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. dell' -- convenuta per tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal de cuius e dagli attori. - quindi, all' Ill.mo Giudice adito: 1. in via principale, condannare la - in persona del legale rappresentante pro-tempore, al risarcimento in favore degli attori dei danni non patrimoniali subiti sia iure proprio che iure successionis in diretta conseguenza dei fatti per cui è causa, come specificati in narrativa per € 1.035.964,50, ovvero per la diversa somma, sia maggiore che minore, che sarà ritenuta di giustizia, anche in via equitativa, il tutto oltre spese successive occorrende, interessi e rivalutazione monetaria, come per legge; condannare, altresì, sempre in via principale la -- di - in persona del legale rappresentante pro-tempore, al risarcimento in favore degli attori dei danni tutti patrimoniali subiti sia iure proprio che iure successionis in diretta conseguenza dei fatti di causa nella misura che verrà ritenuta di giustizia e che ci si riserva di quantificare, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge; condannare altresì l' - al risarcimento del danno conseguente alla violazione del diritto alla autodeterminazione terapeutica subita dal de cuius e trasmesso iure successionis agli attori nella misura di 150.000,00, ovvero nella diversa somma, maggiore o minore, che sarà accertata in corso di causa, anche in via equitativa ex art. 1226 e 2056 C.C. 2. in via subordinata e/o alternativa, condannare la - in persona del legale rappresentante pro-tempore, a risarcire agli odierni istanti i danni da perdita di chance dai medesimi subiti sia iure proprio sia iure successionis a seguito della provocata riduzione delle chance di guarigione/sopravvivenza del - nella misura che sarà ritenuta di giustizia, anche in via equitativa, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge; condannare altresì l' - al risarcimento del danno conseguente alla violazione del diritto alla autodeterminazione terapeutica subita dal de cuius e trasmesso iure successionis agli attori nella misura di 150.000,00, ovvero nella diversa somma, maggiore o minore, che sarà accertata in corso di causa, anche in via equitativa ex art. 1226 e 2056 C.C. 3. In via ulteriormente subordinata e salvo gravame, condannare la - in persona del legale rappresentante pro-tempore, a risarcire agli odierni istanti i danni subiti sia iure proprio sia iure successionis a seguito della morte anticipata del - nella misura che sarà ritenuta di giustizia, anche in via equitativa, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge; condannare altresì l' - al risarcimento del danno conseguente alla violazione del diritto alla autodeterminazione terapeutica subita dal de cuius e trasmesso iure successionis agli attori nella misura di 150.000,00, ovvero nella diversa somma, maggiore o minore, che sarà accertata in corso di causa, anche in via equitativa ex art. 1226 e 2056 C.C. 4. In ogni caso, con vittoria di spese e competenze di giudizio, da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario”. A sostegno delle rassegnate conclusioni deducevano che: - il sig. - in data 09.10.2017, si era recato al - dell'- riferendo “febbre persistente preceduta da brivido scuotente (38°) da 7 giorni” trattata a domicilio con terapia antibiotica, senza esito; - il paziente era stato sottoposto ad accertamenti da cui era emersa la presenza di tachicardia sinusale e iponatriemia e, successivamente, era stato ricoverato per maggiori approfondimenti diagnostici; - in data 11.10.2017, era stata effettuata una TAC toraceaddome da cui era emersa la presenza di una “massiva tromboembolia polmonare”; - gli era stata, allora, prescritta una terapia antibiotica con aggiunta di - (fondaparinux) 7,5 mg sottocute e - 400 mg; - nella mattinata del 19.10.2017, il paziente era stato sottoposto ad ulteriori esami (ecocardiogramma; RX; visita chirurgico-nutrizionale; visita del medico del reparto) e, infine, alle ore 15.50, era deceduto a seguito di un forte peggioramento delle proprie condizioni, insorto circa un'ora prima; - la causa della morte era stata individuata, nel certificato di morte, in un'embolia polmonare da ritenersi conseguente ad un iter diagnostico incongruo ed inadeguato, a causa delle varie omissioni compiute dai sanitari, nonché dai significativi scostamenti dalle ---- e dalle regole di buona pratica clinica. Alla luce di quanto sopra, gli attori agivano in giudizio al fine di far accertare, in via principale, la responsabilità della struttura sanitaria ex artt. 1218 e 1228 c.c. ed ottenere il risarcimento dei danni patiti, iure proprio e iure hereditatis, per € 1.035.964,50, oltre spese successive occorrende, interessi e rivalutazione monetaria, come per legge e condannare, altresì, sempre in via principale, l'ospedale--” al risarcimento in favore degli attori dei danni tutti patrimoniali subiti sia iure proprio che iure successionis in diretta conseguenza dei fatti di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria, nonché al risarcimento del danno conseguente alla violazione del diritto alla autodeterminazione terapeutica subita dal de cuius e trasmesso iure successionis agli attori, da quantificarsi nella misura di € 150.000,00, ovvero nella diversa somma, maggiore o minore, da accertare in corso di causa, anche in via equitativa ex art. 1226 e 2056 c.c.. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 07.09.2020 - in vista della prima udienza rinviata al 09.12.2020 in modalità “trattazione scritta” - si costituiva in giudizio l'ospedalem --- chiedendo il rigetto delle domande attoree, in quanto infondate in fatto e in diritto e, in subordine, di ridurre la pretesa risarcitoria degli attori, tenendo conto dell'effettivo apporto dell'operato dei sanitari. Nello specifico, parte convenuta contestava le avverse deduzioni ed eccepiva, da un lato, la correttezza e diligenza dell'operato del personale sanitario dell'-ospedaliera; dall'altro, la carenza di prova del nesso eziologico tra la presunta condotta colposa dei - e il decesso del paziente e, infine, l'assenza di responsabilità per presunta violazione del consenso informato. A seguito della prima udienza del 09.12.2020, del successivo deposito delle memorie di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c. e della susseguente istruttoria, consistita nell'espletamento della c.t.u. medicolegale disposta con l'ordinanza del 15.04.2021 e nell'espletamento delle prove orali ammesse, all'udienza del 07.03.2023 il giudice, ritenendo la causa compiutamente istruita, rinviava per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 04.04.2023 in modalità “trattazione scritta”, al termine della quale tratteneva la causa in decisione assegnando alle parti i termini di cui all'art. 190, comma 2, c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
2. La domanda attorea è fondata e merita accoglimento nei limiti di seguito illustrati.
2.1. É noto che l'accettazione di un paziente in ospedale, ai fini di un ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto tra il paziente e la struttura sanitaria (v. ex multis Cass., SS.UU., 577/08, Cass. 11719/2021, Cass. 18610/2015, Cass. 9085/06, Cass. 10297/04, Cass. 11316/03, Cass. 11001/03, Cass. 3492/02). Si tratta di un contratto atipico a prestazioni corrispettive (c.d. contratto di spedalità), a forma libera (v. Cass. 7256/2011 e Cass. 8826/07), in virtù del quale la struttura sanitaria deve fornire al paziente un servizio articolato, genericamente definito di “assistenza sanitaria”, che ingloba al suo interno - oltre ad una serie di obblighi di protezione e accessori - anzitutto la principale prestazione medica (v. Cass., SS.UU., 577/08 e Cass., SS.UU., 9556/02, Cass. 1267/2019, Cass. 3685/2018, Cass. 1698/06 e Cass., 571/05). Ne discende che la struttura risponde, oltre che ai sensi dell'art. 1218 c.c. per l'inadempimento dei suddetti obblighi di protezione e accessori ad essa direttamente riferibili, anche ai sensi dell'art. 1228 c.c. per i fatti ascrivibili ai sanitari in essa operanti, pur se, eventualmente, non alle sue dipendenze (v. le stesse Cass., SS.UU., 577/08 e Cass, ###, 9556/02, nonché Cass. 1043/2019, Cass. 7768/2016, Cass. 1620/2012, Cass. 13953/07 e Cass. 8826/07). 2.2. La natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria comporta, tra l'altro, che, sul danneggiato, grava esclusivamente l'onere di provare l'esistenza del rapporto contrattuale, di allegare dettagliatamente l'inadempimento della struttura e di provare il nesso di causalità tra tale inadempimento e il danno subito, mentre è la struttura sanitaria a dover dimostrare l'esatto adempimento della prestazione o l'impossibilità della stessa derivante da causa ad essa non imputabile (v. Cass., SS.UU., 577/08, Cass. 10050/2022, Cass. 26907/2020, Cass. 24073/2017, Cass. 12516/2016, Cass. 21177/2015, Cass. 8995/2015, Cass. 5590/2015, Cass. 22222/2014, Cass. 20547/2014 e Cass. 27855/2013, nonché, per il condivisibile richiamo del principio della vicinanza della prova nelle ipotesi di incompletezza o difettosa tenuta della cartella clinica, Cass. 26428/2020, Cass. 6209/2016, Cass. 12218/2015, Cass. 10060/2010, Cass. 8826/07 e Cass. 11488/04; per i più recenti chiarimenti della Suprema Corte in merito al riparto dell'onere probatorio sul nesso causale tra l'evento dannoso e l'inadempimento del medico o della struttura, con particolare riferimento al c.d. “doppio ciclo causale”, si vedano Cass. n.2980/2023; Cass. 13872/2020, Cass. 852/2020, Cass. 28991/2019, Cass. 29331/2019, Cass. /2018, Cass. 26700/2018, Cass. 20812/2018, Cass. 19199/2018, Cass. 2061/2018, Cass. 29315/2017, Cass. 18392/2017 e Cass. 8665/2017). 3. Ciò chiarito, nel caso in esame - in cui è incontestata l'esistenza del rapporto contrattuale - deve ritenersi provata la sussistenza del nesso di causalità tra il non corretto adempimento della prestazione medica da parte dei sanitari della struttura ospedaliera convenuta, connotato da colpa, e il danno iatrogeno subito dagli attori. 3.1. In punto di fatto, per una compiuta comprensione della vicenda, occorre premettere che: - in data 09.10.2017, il sig. marito di - e padre dei restanti attori, all'età di settantasei anni, è giunto al - dell'- di - riferendo «febbre persistente preceduta da brivido scuotente (38°) da 7 giorni», non responsiva ad un ciclo standard di terapia antibiotica. (all. 4 atto di citazione); - a seguito di vari accertamenti (ecografia addominale, RX torace, esami ematochimici, elettrocardiogramma, esame urine ed esame colturale delle urine) è emersa la presenza di una tachicardia sinusale e di iponatriemia; - il paziente è stato ricoverato presso il reparto di - ed è stato sottoposto a terapia antibiotica a largo spettro base di - (dato il fallimento della precedente terapia domiciliare con cefalosporina e chinolonico) pur in mancanza di evidenze relative a patologie infettive; - in data 11.10.2017, è stata effettuata una TAC torace-addome da cui è emersa la presenza di una «massiva tromboembolia polmonare», e, conseguentemente, gli è stata prescritta una terapia a base di -- (fondaparinux) 7,5 mg sottocute, proseguendo del pari la terapia antibiotica con -cui venne aggiunto -400 mg e.v.; - dall'esame dei dati in cartella risulta che, in data 17.10.2017, si è verificato un peggioramento delle condizioni generali con aumento della dispnea, obnubilamento del sensorio, e neutrofilia, ma la TAC fu negativa per embolia polmonare; - in data 19.10.2017, per sospetto di una subocclusione intestinale, il sig. --- è stato sottoposto ad ulteriori esami (ecocardiogramma, Rx diretta dell'addome, visita specialistica chirurgica e nutrizionale, visita del medico di reparto), nel corso dei quali, la radiografia all'addome ha evidenziato un fecaloma e livelli idro-aerei; - al ritorno in reparto, improvvisamente ha manifestato gasping ed ipotensione con una frequenza cardiaca di 60/m ritmica; - nella stessa giornata è deceduto, alle ore 15:30 a seguito dell'arresto cardiocircolatorio verificatosi alle 15:00; - nella “scheda di morte” si legge “causa di morte: causa iniziale: embolia polmonare. Altri stati morbosi rilevanti: ipertensione arteriosa sistemica; pregresso attacco ischemico transitorio” (cfr. all. 12 atto di citazione - scheda di morte del 19.10.2017). 3.2. Ciò posto, vanno integralmente recepite, con precipuo riguardo alle cause del decesso, le considerazioni espresse dai consulenti tecnici d'ufficio, i quali, con motivazione chiara ed esaustiva, premesso che “la negligente omissione di un riscontro diagnostico sul cadavere, ad opportuna conferma dei dati clinici, non ha consentito di entrare in possesso di dati importanti per una più completa definizione del caso”, in ogni caso, con “un buon grado di probabilità (comunque più probabile che non)” hanno ritenuto possibile affermare “che il decesso sia stato causato da una recidiva di embolia polmonare massiva acuta”.
3.3. Quanto alla responsabilità da malpractice ascrivibile ai medici operanti presso la struttura, i periti, preliminarmente, hanno escluso che per, quanto riguarda adeguatezza, esaustività e tempestività delle procedure diagnostiche, siano ravvisabili elementi significativi di critica in ordine all'operato dei sanitari, e ciò in quanto la TAC eseguita in data 11.10.2017, la quale “seppur eseguita per altri scopi” è risultata idonea a fornire una diagnosi completa. Al contrario, per quanto riguarda adeguatezza, tempestività ed esaustività delle terapie praticate, l'elaborato peritale conclude, con sicurezza, che “dall'esame delle linee-guida vigenti all'epoca dei fatti emerge una indicazione a non praticare la terapia con il solo fondaparinux per più di qualche giorno, rendendosi necessario un completamento con anticoagulanti orali […] l'inadeguatezza della terapia, che è stata discussa in sede di considerazioni, che si discosta da quanto espresso nelle linee-guida vigenti all'epoca dei fatti, appare ascrivibile ad imperizia dei sanitari, ed appare correlabile con il decesso del paziente”.
3.4. Le conseguenze pregiudizievoli dell'inadempimento dei sanitari, causalmente correlate al decesso del paziente, devono, tuttavia, essere valutate, secondo i c.t.u. (in base a ragionevoli osservazioni, rese anche all'esito dell'esame delle controdeduzioni critiche del perito di parte attrice), tenendo conto che lo stesso era portatore di un'ectasia dell'aorta addominale e di una lieve valvulopatia aortica, patologie che ne riducevano verosimilmente l'aspettativa di vita di circa “due-tre anni” rispetto alla media nazionale dei soggetti maschili in buona salute.
3.5. Le principali deduzioni critiche alle risultanze peritali mosse dalla --- sanitaria convenuta sono così riassumibili: - il decesso del sig.-- non doveva ricondursi all'embolia polmonare, ma, piuttosto, ad un arresto cardiocircolatorio rapido ed improvviso, non compatibile con uno shock settico in cui il decorso è generalmente più progressivo; - il paziente non presentava sintomi respiratori, né dolore toracico, né segni di insufficienza respiratoria o cardiaca, sicché doveva parlarsi, nel caso di specie, di “embolia polmonare incidentale”, termine che definisce il riscontro di emboli nell'albero polmonare nel corso di tomografie assiali computerizzate eseguite a scopo diagnostico in pazienti che non presentano sintomi o segni di embolia polmonare; - nel caso in esame, inoltre, subito dopo la diagnosi, era stata prontamente instaurata una terapia anticoagulante appropriata con dosi terapeutiche di fondaparinoux; - peraltro, anche la diagnosi di embolia polmonare presentava aspetti insoliti di non facile interpretazione (la negatività dell'esame -- in una seconda TAC eseguita in data --- ; l'assenza di segni di sovraccarico ipertensivo del cuore destro nell'ecocardiogramma del --); - appariva, pertanto, poco verosimile che l'arresto cardiocircolatorio, sopravvenuto poche ore dopo dal suddetto esame, fosse stato provocato da embolia polmonare, anche perché tutte le indagini eseguite avevano escluso una potenziale fonte emboligena periferica; - i c.t.u. avevano omesso di dare atto che le linee guida differenziano a seconda del grado del rischio del paziente, non prevedendo per l'ipotesi di rischio intermedio o moderato (come quella attribuibile al paziente nel caso di specie) la doppia somministrazione; - il c.t.p. della convenuta aveva, invece, ben evidenziato che, sebbene, non fosse possibile stabilire con certezza la causa dell'arresto cardiocircolatorio, in assenza di un riscontro autoptico, la morte improvvisa del sig. -- appariva molto più ragionevolmente ascrivibile ad una asistolia o ad una fibrillazione ventricolare, in un contesto clinico complesso comprendente una sospetta sepsi ed un trattamento multiplo con farmaci antidepressivi e antipsicotici.
3.6. La tesi di parte convenuta non convince. In primo luogo, quanto alla sicura difformità dalle --- (v. all. all'integrazione peritale del 24.10.2022) dell'omesso trattamento del paziente sin dall'inizio con l'anticoagulante orale i c.t.u. in sede di risposta al quesito integrativo formulato dal giudice hanno chiarito che “appare evidente che il paziente ---- fosse al momento dell'osservazione a “rischio intermedio-moderato” ma comunque che l'anticoagulante orale vada iniziato il prima possibile accanto alla terapia parenterale in qualsiasi fascia di rischio, essendo l'efficacia terapeutica in questo modo molto elevata. Anche se i secondi accertamenti diedero esito negativo (ovvero, la fase acuta della prima embolia polmonare era risolta), questo non toglie che la diagnosi rimaneva chiara e vigente, che alcuni elementi di rischio persistevano (impegno addominale, allettamento) e che quindi la terapia a dosi piene andava eseguita, in quanto preventiva, in una patologia che tende a recidivare”.
3.7. D'altro canto, quanto alla causa dell'arresto cardiaco al quale è seguito il decesso del paziente, non vi sono elementi in atti per affermare che, contrariamente a quanto risultante, espressamente, dalla documentazione clinica in atti (v. all. 12 di parte attrice), detto arresto sia ascrivibile ad una asistolia o ad una fibrillazione ventricolare e non ad un'embolia polmonare. Nel caso di specie, il c.t.u. ha ben evidenziato che “non aver richiesto un riscontro diagnostico autoptico in questa evenienza di morte improvvisa ed inaspettata appare una decisione piuttosto discutibile, che ha contribuito alla mancata certezza diagnostica del caso, e può essere definito un comportamento improntato ad una certa negligenza”.
3.8. Ed allora, può farsi applicazione, al caso di specie - in cui è stato omesso l'esame autoptico del paziente deceduto - del principio giurisprudenziale secondo il quale la difettosa tenuta della cartella clinica non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la colposa condotta del medico e le conseguenze dannose sofferte dal paziente, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocare il danno, ma consente anzi il ricorso alle presunzioni, assumendo rilievo, al riguardo, il criterio della “vicinanza alla prova”, cioè della effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di offrirla (v. Cass. 12686/2011; Cass. 10060/2010). Del pari, la pacifica omissione dei dovuti approfondimenti autoptici non può certo risolversi in una circostanza tale da rendere più gravoso, per il danneggiato, l'onere della prova concernente il nesso causale tra l'evento di danno e la condotta omissiva colposa dei sanitari, specialmente a fronte di risultanze documentali e riscontri peritali deponenti nel senso della sussistenza del collegamento eziologico.
3.9. Quanto sinora osservato permette di attribuire alla struttura convenuta la responsabilità per il decesso del sig. --- in quanto la colpevole omissione della somministrazione, in via tempestiva, della terapia anti-coaugulante oreale al paziente, con elevata probabilità, può porsi a fondamento causale dell'embolia polmonare, fattore scatenante l'arresto cardiaco che, in data 19.10.2017 ne ha, infine, determinato il decesso.
4. Non risulta sufficientemente provata, invece, la lamentata lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente.
4.1. Nella prospettazione attorea, i sanitari si sarebbero limitati a somministrare una cura senza nulla comunicare e senza nulla discutere con il paziente, atteso che l'unica dichiarazione di consenso rinvenuta in cartella sarebbe quella relativa al solo trattamento dei dati personali, peraltro resa non dal- in proprio ma da sua moglie. In particolare, nessun operatore sanitario dell'--avrebbe mai descritto al paziente la patologia dal quale era affetto né i relativi rischi di peggioramento o recidiva; né il tipo di trattamento farmacologico cui sarebbe stato sottoposto ovvero i trattamenti alternativi a quello prescelto.
4.2. Sul punto, i c.t.u., rispondendo all'apposito quesito, hanno aderito alle controdeduzioni della convenuta, concludendo che “la valutazione del consenso informato non consente di rilevare elementi di mancata rappresentazione di fattori connessi al rischio correlato ai trattamenti intrapresi”. La tesi dei periti merita condivisione.
4.3. Deve premettersi, in punto di diritto, che, in materia di responsabilità sanitaria, l'inadempimento dell'obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all'autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute posto che, se, nel primo caso, l'omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia "ex se" una relazione causale diretta con la compromissione dell'interesse all'autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, nel secondo, invece, l'incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell'atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall'opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l'allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell'onere della prova - gravante sul danneggiato - del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso. Ciò non esclude comunque che, anche qualora venga dedotta la violazione del diritto all'autodeterminazione, sia indispensabile allegare specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito, dovendosi negare un danno in "re ipsa" (v. Cass. 15723/2022; Cass. 8163/2021; Cass. 24471/2020, nella giur. di merito, v. Corte d'Appello di Genova,18/01/2022, n. 55; Trib. Perugia, 18/02/2022, n. 248). 4.4. Nel caso di specie, in primo luogo, deve rilevarsi la presenza, in atti, di un modulo per l'acquisizione del consenso informato alle procedure diagnostiche, sottoscritto dal paziente in data 11.10.2017, ossia prima che fosse sottoposto alla TAC toracica, sicché non corrisponde al vero che l'unico modulo di acquisizione del consenso in atti sia stato sottoscritto non dal sig. --- ma da sua moglie (p. 51 della cartella clinica - all. 4 alla citazione).
4.5. Ciò posto, non potendosi risolvere il danno da mera lesione del diritto all'autodeterminazione, come dedotto in citazione, in un “danno in re ipsa” e dovendosi tenere distinti i profili dell'omissione del trattamento per negligenza, imprudenza o imperizia, emerge evidente come non possa riconoscersi alcuna voce di danno iure hereditatis a tale titolo. Le procedure diagnostiche ed i trattamenti farmacologici praticati al paziente sono risultati, infatti, corretti e, dall'omessa somministrazione per via orale dei farmaci anti-coaugulanti, non può derivare una duplicazione risarcitoria, ponendo detta omissione a fondamento del risarcimento sia del danno da perdita parentale, che del danno da lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente in sé e per sé considerato, non potendo dare luogo la violazione del consenso informato “ad una mera duplicazione dello stesso valore equivalente del "danno biologico" o ad un "danno in re ipsa" (la sofferenza per non avere potuto liberamente decidere, non individua alcun danno-conseguenza, nella sua consistenza fenomenica negativa nella sfera economico-sociale del soggetto, venendo a coincidere con la stessa violazione del diritto), non provato, quindi, nell'"an" e nel "quantum", ed indipendentemente dalla applicazione del criterio della causalità giuridica ex art. 1223 c.c.” (v. Cass. 24471/2020, cit.). 5. Tanto premesso in punto di an, occorre ulteriormente valutare i danni conseguenza dell'illecito ascrivibili ai sanitari operanti presso la struttura convenuta, avendo riguardo alle sole lesioni derivanti dal diritto alla salute del paziente, con esclusione, come detto, degli asseriti danni al suo diritto all'autodeterminazione. La domanda attorea concerne sia il risarcimento del danno terminale (biologico e morale), preteso iure hereditatis, sia il danno patrimoniale e non patrimoniale derivante, iure proprio, dalla perdita del congiunto. 6. Deve preliminarmente escludersi che risulti sufficientemente provato che il paziente abbia subito un danno (biologico o morale) qualificabile come “terminale”. ---la giurisprudenza di legittimità, nell'intervallo temporale tra la lesione mortale e la morte, matura sempre un danno biologico stricto sensu (ovvero danno al bene "salute") (v. Cass. 22541/2017), - ove intercorra “un apprezzabile lasso di tempo” tra la lesione e la morte, essendo irrilevante che durante tale periodo la vittima abbia mantenuto lucidità (v. Cass. S.U. 15350/2015; Cass. 5684/2016; Cass. 21060/2016); a questa voce di danno, può aggiungersi “un danno morale peculiare, improntato alla fattispecie, ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (definita agonia) derivante dall'avvertita imminenza dell'exitus; se, infatti, nel tempo che intercorre tra la lesione e il decesso, la persona non è in grado di percepire la sua situazione, e in particolare l'imminenza della morte, il danno non patrimoniale sussistente è riconducibile soltanto alla species biologica; se, invece, la persona si trova in una condizione di lucidità agonica, si aggiunge, sostanzialmente quale ulteriore accessorio della devastazione biologica stricto sensu, un peculiare danno morale terminale” (v. Cass. 23153/2019).
6.1. Nel caso di specie, deve innanzitutto escludersi che emerga la prova di un danno biologico terminale conseguente all'illecito realizzatosi nel caso di specie. L'ipotesi di illecito omissivo è del tutto diversa, infatti, dalla lesione conseguente ad una condotta commissiva, dolosa o colposa (come, ad esempio, un sinistro stradale), specialmente nelle fattispecie, come quella in esame, in cui non è l'omissione in sé che ha causato la sofferenza del paziente nel lasso temporale immediatamente antecedente al decesso, ma il suo pregresso stato di malessere.
6.2. In particolare, non soltanto l'omessa somministrazione degli anticoaugulanti (coincidente con l'inadempimento accertato in capo ai sanitari dipendenti presso la struttura convenuta) ha determinato, a carico del sig.--- un arresto cardiaco sostanzialmente istantaneo, ma, d'altro canto, non risulta sufficientemente provato che la grave sofferenza precedente al decesso sia direttamente correlabile a detta omissione e non, piuttosto, allo stato patologico del paziente in sé considerato.
6.3. Quanto poi alla componente “morale” del danno catastrofale, dalla cartella clinica in atti, emerge che, mentre alle 11.09 del 19.10.2017, il sig. ---- risultava stazionario, alle 14.50, risultava “in gasping; PA 60/40 mmHg, sudorazione algida, fc 60 bpm, SO2 non apprezzabile” e alle ore 15.00 era già in arresto cardiaco e, quindi, incosciente (v. p. 64 - all. 4 di parte attrice). Detti parametri non permettono, allora, di riconoscere alcun danno a tale titolo, sia per il brevissimo termine durante il quale risulta che il paziente fosse cosciente, sia per l'assenza di prova che, in quei dieci minuti, il sig. --- avesse realmente la consapevolezza della propria sorte e della morte imminente, incombendo sui richiedenti l'onere di dimostrare la sofferenza e lo stato di consapevolezza della vittima prima del decesso (v. ex multis, in motivazione, Cass. 17320/2012).
6.4. Nemmeno può essere eziologicamente ricondotta alla responsabilità dei sanitari la sofferenza del paziente descritta nelle cartelle cliniche con riguardo alle giornate immediatamente antecedenti al decesso (v. lo stato di profonda agitazione descritta nella cartella clinica tra l'11 ed il 14.10.2017), non essendovi, in atti, elementi per poter ricondurre detto stato psico-fisico ad un'eventuale condotta negligente dei sanitari, piuttosto che alla patologia che affliggeva il paziente sin dal suo ingresso in ---
7. Il danno iure proprio da perdita del congiunto è, invece, certamente riconoscibile in favore di ciascuno dei tre istanti, sebbene in misura diversa a seconda del peculiare rapporto che, dalle risultanze istruttorie, risultava intercorrere con il congiunto.
7.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “il danno parentale si configura anche in presenza di mera lesione del danno da perdita del rapporto parentale e che esso rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché nella sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto e/o dall'inevitabile atteggiarsi di quel rapporto in modo differente (Cass. 28/09/2018, n. 23469); si tratta di danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, il quale se ritenuto spettante in astratto, […], può essere allegato e dimostrato ricorrendo a presunzioni semplici, a massime di comune esperienza, al fatto notorio, dato che l'esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare (Cass. 30/08/2022, n. 25541; Cass. 21/03/2022, n. 9010; Cass. 24/04/2019, n. 11212, ex multis)” (v. Cass. 4571/2023).
7.2. Ciò posto, la liquidazione di pregiudizi “sine materia” come il danno da uccisione d'un prossimo congiunto può dirsi “equa” - per i fini di cui all'art. 1226 c.c. - quando sia compiuta con un criterio che rispetti due principi: a) garantisca la parità di trattamento a parità di danni; b) garantisca adeguata flessibilità per tenere conto delle peculiarità del caso concreto. In particolare, il rispetto del principio della “uniformità pecuniaria di base” esige il ricorso, da parte del giudice di merito, ad un criterio prestabilito e standard di liquidazione, il quale, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità deve muoversi secondo le seguenti linee direttrici: 1) adozione del criterio "a punto variabile"; 2) estrazione del valore medio del punto dai precedenti; 3) modularità; 4) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi; trattandosi di un sistema liquidatorio non imposto dalla legge, resta ferma però la possibilità di una valutazione equitativa basata su un sistema di liquidazione diverso, a condizione che nella sentenza si individui un complesso di argomenti chiaramente enunciati, che attingano ogni elemento reputato utile, nella logica del modellamento della regola sul caso specifico (v. Cass. 5948/2023; Cass. 10579/2021); Da ultimo, la Suprema Corte, ha dato atto che le tabelle del Tribunale di Milano, “nella loro più recente versione si sono adeguate alle indicazioni di questa Corte prevedendo una liquidazione “a punti” in riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale derivante da perdita del rapporto parentale” (v. Cass. 13540/2023; principio già affermato da Cass. ---/2022).
7.3. Per completezza, deve evidenziarsi come assuma scarsa rilevanza, nella quantificazione del danno iure proprio, la circostanza per cui, secondo l'elaborato peritale “l'aspettativa di vita del signor ---- vada moderatamente diminuita (volendo quantificare: due-tre anni) rispetto alla media nazionale dei soggetti maschili in buona salute”. Si osserva, infatti, che, il sistema a punti delineato nella --- elaborata dal Tribunale di Milano, pubblicata in data 29.06.2022 per la qualificazione del danno parentale, assegna il medesimo punteggio per i soggetti deceduti aventi un'età compresa tra i 71 e gli 80 anni. Di conseguenza, dato che il sig. ### al momento del decesso, stava per compiere 77 anni, anche un'aspettativa di vita ridotta “di due o tre anni”, che lo paragonasse ad un'ottantenne, non cambierebbe alcunché in punto di liquidazione. 7.4. Può allora procedersi alla liquidazione del danno utilizzando il sistema a punti da ultimo proposto dalle --- elaborate dal Tribunale di Milano, esaminando singolarmente la posizione dei tre attori, premettendo che il valore base da moltiplicare a seconda del numero dei “punti” a ciascuna fattispecie attribuibili è, in tutti e tre i casi, pari ad € 3.365,00, coincidente con il valore del punto riconosciuto dalla tabella per il caso di perdita sia del coniuge, sia del genitore. 7.5. In primo luogo, -- nata a ---(TR) il 14.01.1944, moglie convivente del defunto, merita di vedersi riconosciuto un danno parentale così calcolato: 10 punti per l'età del defunto (calcolati in media tra le due fasce previste in tabella); 12 per l'età del congiunto superstite; 16 punti per la convivenza; 12 punti in relazione alla sopravvivenza di altri due congiunti del nucleo familiare primario del de cuius; 10 punti per la qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto (su un massimo di 30 punti per quest'ultima voce); per un totale di 60 punti. Ne deriva una liquidazione del danno pari a circa € 200.000,00, oltre interessi al saggio legale sulla predetta somma, devalutata al 19.10.2017 (trattandosi di importo già rivalutato e liquidato ai valori attuali: v. Cass. 7272/2012 e Cass. 5503/03), e progressivamente rivalutata, mediante applicazione degli indici annuali --- sino alla data di pubblicazione della presente sentenza (data in cui il debito diventerà di valuta, producendo poi solo interessi; sul cumulo tra interessi e rivalutazione nella quantificazione del risarcimento del danno da fatto illecito v. ex multis, Cass. 12140/2016, Cass. 18243/2015, Cass. 12698/2014, Cass. 4184/06 e Cass. 9517/02). L'importo elevato (se si tiene conto dell'età della vittima primaria, che, dal punto di vista della componente dinamico-relazionale, giustifica una notevole riduzione del punteggio, nonché di quella della vittima secondaria) è pienamente giustificato da una valutazione della relazione affettiva tra l'attrice e il marito defunto come decisamente stabile (matrimonio prossimo al cinquantesimo anniversario) ed affiatata, con piena condivisione delle esperienze di vita, il che emerge pacificamente dalle dichiarazioni testimoniali rese nel corso del giudizio, tutte concordi sul punto, senza profili di incertezza o contraddittorietà.
7.6. In secondo luogo, ---nato a --- (TR) il 13.05.1970, figlio della vittima primaria, merita di vedersi riconosciuto un danno parentale così calcolato: 10 punti per l'età del defunto; 20 per l'età del congiunto superstite; 4 punti per la convivenza; 12 punti in relazione alla sopravvivenza di altri due congiunti del nucleo familiare primario del de cuius; 5 punti per la qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto (su un massimo di 30 punti per quest'ultima voce), per un totale di 51 punti. Ne deriva una liquidazione del danno pari a circa € 171.000,00, oltre rivalutazione e interessi calcolati come sopra. Le risultanze testimoniali e la documentazione in atti (v. in particolare, certificato storico di residenza - all. 2 alla seconda memoria istruttoria di parte attrice) hanno compiutamente provato, in primo luogo, che --- figlio maggiore della vittima primaria dell'illecito, abitasse nella stessa palazzina del padre sino al -- del 2017, ossia sino a sei mesi prima della morte di quest'ultimo. In particolare, il testimone --- interrogato sul quesito “vero che il -- dopo essersi sposato (e quindi dal --- e sino al -- ha vissuto con la propria famiglia in---# n. 99 (all. 1) nella stessa palazzina ove risiedeva il proprio padre, -- Domenico” ha risposto che “sì è vero, l'abitazione di -- aveva un ingresso adiacente a quella dei genitori, nella stessa palazzina”. Pertanto, atteso ch-- e la - prevede l'assegnazione di 8 punti per danno non patrimoniale presumibile nel caso in cui vittima primaria e secondaria, pur non essendo conviventi, abitassero nello stesso stabile, appare equo assegnarne 4 al caso di specie, ove la vittima secondaria aveva cessato da pochi mesi di convivere nella stessa palazzina dei genitori per andare ad abitare con la sua nuova famiglia, dopo oltre dieci anni di vita a stretto e quotidiano contatto con il padre. La personalizzazione del danno nella sua componente dinamico-relazionale e morale è, inoltre, giustificata dallo stretto rapporto intercorrente tra ---e suo padre, con il quale condivideva, tra l'altro, le frequentazioni amicali e l'hobby dello sport, anche andando assieme allo stadio, il che ha contribuito ad aumentare lo stravolgimento delle abitudini di vita e la sofferenza psicologica patita in conseguenza della sua morte.
7.7. Infine,----(TR) in data 18.07.1974, figlio della vittima primaria, merita di vedersi riconosciuto un danno parentale così calcolato: 10 punti per l'età del defunto; 20 per l'età del congiunto superstite; 0 punti per la convivenza; 12 punti in relazione alla sopravvivenza di altri due congiunti del nucleo familiare primario del de cuius; 4 punti per la qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto (su un massimo di 30 punti per quest'ultima voce); per un totale pari a 46 punti. Ne deriva una liquidazione del danno pari a circa € 155.000,00. --- (sebbene si fosse trasferito a ---- intorno al 2005 con la propria famiglia) aveva un ottimo rapporto con la figura paterna, con la quale aveva contatti telefonici frequenti e che andava a trovare sostanzialmente ogni finesettimana (come dichiarato, senza esitazione, da tutti e tre i testi escussi), con conseguente grave sofferenza al momento del suo prematuro decesso. 8. Tanto premesso, con riguardo al danno non patrimoniale da perdita del congiunto spettante agli attori (la cui qualità di eredi non risulta contestata in atti), deve procedersi alla valutazione della componente patrimoniale del danno preteso in citazione. 8.1. In primo luogo, --- agisce per il danno patrimoniale derivante dalla perdita del sostegno economico del quale poteva beneficiare mentre il marito era ancora in vita. A tal riguardo, risulta documentalmente provato (oltre che non specificamente contestato) che il sig. --- al momento del decesso, era titolare di pensione per un importo netto mensile pari ad € 1.590,48 (v. all. 16 atto di citazione) mentre la moglie percepiva una pensione netta di circa € 500,00 al mese (v. all 17 alla citazione). Può, dunque, presumersi che una somma pari al 20% della pensione del defunto (pari, con arrotondamento per eccesso, ad € 320,00 mensili) andasse a vantaggio personale dell'attrice. 8.2. Ne deriva che, in proporzione al numero di anni in relazione ai quali --- sarebbe presumibilmente rimasto in vita (ossia poco meno di 6, viste le patologie pregresse di cui ha dato atto il c.t.u.), spetta all'attrice anche detta voce di danno. In punto di quantificazione, va innanzitutto chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto da parte convenuta, la percezione, da parte di ----della pensione di reversibilità del defunto marito per € 900,00 mensili circa non incide sul riconoscimento del predetto danno, atteso che “dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall'### al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto”, in quanto “l'erogazione della pensione di reversibilità non è geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell'illecito del terzo. Quell'erogazione non soggiace ad una logica e ad una finalità di tipo indennitario, ma costituisce piuttosto - come è stato rilevato in dottrina - l'adempimento di una promessa rivolta dall'ordinamento al lavoratore-assicurato che, attraverso il sacrificio di una parte del proprio reddito lavorativo, ha contribuito ad alimentare la propria posizione previdenziale: la promessa che, a far tempo dal momento in cui il lavoratore, prima o dopo il pensionamento, avrà cessato di vivere, quale che sia la causa o l'origine dell'evento protetto, vi è la garanzia, per i suoi congiunti, di un trattamento diretto a tutelare la continuità del sostentamento e a prevenire o ad alleviare lo stato di bisogno. Sussiste dunque una ragione giustificatrice che non consente il computo della pensione di reversibilità in differenza alle conseguenze negative che derivano dall'illecito, perché quel trattamento previdenziale non è erogato in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dal danneggiato, ma risponde ad un diverso disegno attributivo causale. La causa più autentica di tale beneficio - è stato osservato - deve essere individuata nel rapporto di lavoro pregresso, nei contributi versati e nella previsione di legge: tutti fattori che si configurano come serie causale indipendente e assorbente rispetto alla circostanza (occasionale e giuridicamente irrilevante) che determina la morte” (v. Cass., sez. un., 12564/2018; Cass. 3689/2020; nella giur. di merito cfr. Trib. Firenze, 31/05/2021, n. 1485; Trib. Rimini, 01/07/2019, n. 534). 8.3. Ciò posto, deve ulteriormente premettersi che il danno patrimoniale derivante al congiunto dalla perdita della fonte di reddito collegata all'attività lavorativa della vittima - la cui prova può essere raggiunta anche per mezzo di presunzioni, rapportate alla situazione concreta, e coincidenti, nel caso di specie, con la sproporzione tra le pensioni percepite dai due coniugi e con la comunanza di vita degli stessi (v. Cass. ###/2018) - assume natura di danno emergente rispetto al periodo intercorrente tra la data del decesso e quella della liquidazione giudiziale mentre si configura come danno futuro e, dunque, come lucro cessante, con riguardo al periodo successivo alla liquidazione medesima; ne consegue che, ai fini della liquidazione, il giudice del merito può utilizzare il criterio di capitalizzazione di cui al r.d. n. 1403 del 1922 soltanto in ordine al danno successivo alla decisione, avuto riguardo al presumibile periodo di protrazione della capacità della vittima di produrre il reddito di cui trattasi, mentre, con riguardo al pregiudizio verificatosi sino al momento della decisione, deve operarsi il cumulo di rivalutazione ed interessi compensativi (v. Cass. n. 10321/2018; Cass. 29830/2018).
8.4. Nel caso di specie, considerato che gli anni che al defunto restavano da vivere possono essere stimati in circa anni 5 e mesi 7 e che tale misura corrisponde al tempo oramai decorso dal suo decesso, la voce di danno riconosciuta deve essere interamente liquidata a titolo di danno emergente, secondo il seguente calcolo: € 320,00 mensili per 13 mensilità per 5 anni e 7 mesi (72 mensilità), per un complessivo importo di € 23.040,00, oltre interessi e rivalutazione calcolati secondo i criteri già enunciati per la componente di danno non patrimoniale, per un totale, arrotondato, di € 23.900,00.
8.5. Ne deriva che, in favore di ---può essere riconosciuto un complessivo importo, a titolo di danno patrimoniale e non patrimoniale, pari ad € 223.900,00.
9. Meritano, inoltre, di essere risarcite, in favore di tutti gli attori in solido, le spese funerarie e di tumulazione, sostenute per un importo di € 2.900,00 (v. all. 18 alla citazione), trattandosi di voce di danno ineliminabile in conseguenza della morte del congiunto (v. Cass. 11684/2014); nonché le spese sostenute per l'avvio della procedura di mediazione per un importo pari ad € 97,50 (v. bonifico effettuato in favore dell'organismo di mediazione - all. 19).
9.1. Non può essere, invece, riconosciuto l'importo, pari ad € 1.998,99, richiesto dagli attori per la remunerazione del proprio legale in ordine all'attivazione della procedura di mediazione obbligatoria, trattandosi di voce avente natura di danno emergente soggetta ai relativi oneri di tempestiva allegazione e prova (v. Cass., sez. un., n. 16990/2017; Cass. 2644/2018; Cass. ---2019). Nel presente giudizio, infatti, detto importo è stato richiesto soltanto in sede di nota spese allegata alla comparsa conclusionale (mentre, nel corpo della citazione, è contenuto esclusivo riferimento alle spese sostenute “per l'avvio della procedura di mediazione”, senza alcun riferimento, anche nella documentazione ivi richiamata, ai compensi dovuti al legale).
9.2. Gli attori devono, inoltre, essere tenuti indenni dalle spese sostenute per remunerare il consulente tecnico di parte, atteso che, i costi della relativa perizia, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelli che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsati, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell'art. 92, primo comma, cod. proc. civ., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue (v. Cass., sez. un., n. 16990/2017; Cass. 03/01/2013, n. 84). Nel caso di specie, la nota spese prodotta in atti dal Dott. --- ove si richiede un compenso onnicomprensivo pari ad € 3.050,00, appare sproporzionata, anche in ragione del compenso liquidato ai c.t.u., in misura pari ad € 1.700,00 ciascuno, oltre accessori di legge. Ne deriva che la somma spettante a detto titolo agli attori va rideterminata in € 2.000,00, inclusa IVA ed accessori di legge. 9.3. Complessivamente, dunque, a titolo di rimborso delle spese sostenute in conseguenza dell'illecito, spettano agli attori, in solido, € 4.997,50, oltre a interessi legali come per legge.
10. Le spese di lite seguono la soccombenza ai sensi dell'art. 91 c.p.c. e sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto degli importi di cui alla tabella allegata al D.M. 55/2014 (come aggiornata dal D.M. 37/2018), in base al valore (scaglione da € 260.001,00 ad € 520.000, in base al decisum di condanna), alla natura e alla complessità (media) della controversia, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore del difensore di parte attrice, dichiaratosi antistatario nell'atto di citazione (dichiarazione in alcun modo sindacabile dal giudice: v. da ultimo Cass. 8436/2019).
10.1. Per la medesima ragione (soccombenza), le spese della consulenza tecnica d'ufficio, già liquidate con decreto emesso in corso di causa, devono porsi integralmente a carico della convenuta, ferma restando la solidarietà passiva ex lege di entrambe le parti nei confronti del c.t.u. (v. in proposito Cass. 29129/2021, Cass. 3239/2018, Cass. 17739/2016, Cass. 23133/2015 e Cass. 25179/2013). 10.2. Infine, gli attori devono essere tenuti indenni dagli esborsi sostenuti in relazione al presente giudizio, documentalmente provati in € 1.744,20 (€ 1.686,00 a titolo di C.U.; € 27,00 per marca da bollo; € 31,00 per citazione dei testi in udienza).
P.Q.M.
Il Tribunale di Terni, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da .--- nei confronti dell'ospedale ogni altra difesa, eccezione ed istanza disattesa, così provvede:
accertata la responsabilità contrattuale della convenuta ospedale” per le ragioni di cui in motivazione, condanna la stessa convenuta al pagamento in favore:
a. dell'attrice --- - a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale - della somma di € 223.900,00, oltre interessi al saggio legale sulla predetta somma devalutata al 19.10.2017 e progressivamente rivalutata, mediante applicazione degli indici annuali --- sino alla data di pubblicazione della presente sentenza;
b. dell'attore--- a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale - della somma di € 171.000,00, oltre interessi al saggio legale sulla predetta somma devalutata al 19.10.2017 e progressivamente rivalutata, mediante applicazione degli indici annuali --- sino alla data di pubblicazione della presente sentenza;
c. dell'attore -- - a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale - della somma di € 155.000,00, oltre interessi al saggio legale sulla predetta somma devalutata al 19.10.2017 e progressivamente rivalutata, mediante applicazione degli indici annuali--- sino alla data di pubblicazione della presente sentenza;
d. condanna, altresì, parte convenuta al rimborso, in favore di - quali creditori solidali, delle spese sostenute in conseguenza dell'illecito, quantificate in € 4.997,50, oltre a interessi legali come per legge;
e. condanna l'ospedale- alla rifusione in favore di --- delle spese processuali, che liquida in € 22.457,00 oltre spese forfettarie (15%), CPA e IVA se dovuta, nonché in € 1.744,20 per spese vive (C.U., marca da bollo e citazione dei testi), con distrazione in favore del procuratore antistatario di parte attrice;
f. pone integralmente a carico della convenuta le spese della consulenza tecnica d'ufficio, nella misura già liquidata con decreto emesso in corso di causa.
26/05/2023