Commento:
L’avv. [X] richiedeva al COA di Milano una richiesta di revisione della sanzione della censura, comminata nel 2012 dal COA di Milano (confermata dal CNF e dalla Corte di Cassazione), chiedendone la commutazione nella più mite sanzione dell’“ammonimento” (o avvertimento). Egli lamentava che la sanzione della censura, seppur risalente nel tempo, fosse per lui ostativa rispetto all’assunzione della qualifica di mediatore. Rilevava inoltre che “alla luce dell’intervento della nuova normativa del Codice deontologico e delle sanzioni previste con la riforma del 2013, le pregresse sanzioni potrebbero essere talora derubricate” e richiamava la sentenza n. 63/2019 della Corte costituzionale in tema di retroattività delle sanzioni amministrative più favorevoli.
Sulla richiesta si pronunciava il COA di Milano, rigettandola con la seguente motivazione: “Vista la richiesta, considerato che l'art. 22 c. 3 del Codice deontologico si riferisce alla determinazione della sanzione in sede di procedimento disciplinare e non si ritiene possa trova applicazione dopo la definitività della sentenza, si respinge”. La relazione interna del procedimento rileva che, premesso che l’articolo 22, comma 3 del CDF può trovare applicazione solo nel corso del procedimento disciplinare e non dopo che il provvedimento sia divenuto definitivo, l’effetto preclusivo è ascritto alla sanzione della censura direttamente dall’articolo 4, comma 3, del d.m. n. 180/2010.
Avverso tale delibera del COA di Milano l’avv. [X] inoltrava ricorso al CNF che viene dichiarato inammissibile sotto un duplice profilo. In primis perché tardivo. Inoltre, sotto altro profilo, in quanto mira a modificare una sanzione pacificamente divenuta definitiva all’esito del rigetto del ricorso per cassazione proposto dall’avv. [X]. L’avvocato invocava una sorta di limitata efficacia temporale delle sanzioni disciplinari, in analogia con quanto previsto in sede civile a proposito della c.d. actio judicati.
Il CNF ha stabilito che - ammesso che l’Organo disciplinare possa incidere su una sanzione definitiva solo nei casi previsti dalla normativa vigente (art. 55 della Legge 247/2012), ove ricorrano gli specifici e gravi presupposti ivi declinati – tali requisiti sono prima facie estranei al contenuto e motivi dell’odierno ricorso.
L’Organo disciplinare esorbiterebbe dalle sue funzioni, in assenza di una facoltà espressa prevista dalla legge, ove determinasse, come vorrebbe invece il ricorrente, limitazioni anche temporali all’efficacia di una sanzione per cui non è prevista una durata o un termine di efficacia, peraltro al sol fine di incidere in un ambito, quello dell’accesso alla qualifica di mediatore, completamente estraneo alla funzione disciplinare. Solo un intervento del legislatore sulla specifica norma ostativa per il ricorrente, potrebbe mitigare le preclusioni conseguenti alla formulazione attuale dell’ art. 4 comma terzo lett. c) del d.m. 180/2010.
L’art. 4, comma 3, lettera c) del predetto d.m. impone al responsabile della tenuta del registro istituito presso il Ministero della giustizia di verificare la presenza di una serie di requisiti in capo al mediatore. In particolare, per il possesso del requisito dell’onorabilità il mediatore non deve avere riportato: a) condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; b) interdizioni perpetue o temporanee dai pubblici uffici; c) misure di prevenzione o di sicurezza; d) sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.°
Sulla richiesta si pronunciava il COA di Milano, rigettandola con la seguente motivazione: “Vista la richiesta, considerato che l'art. 22 c. 3 del Codice deontologico si riferisce alla determinazione della sanzione in sede di procedimento disciplinare e non si ritiene possa trova applicazione dopo la definitività della sentenza, si respinge”. La relazione interna del procedimento rileva che, premesso che l’articolo 22, comma 3 del CDF può trovare applicazione solo nel corso del procedimento disciplinare e non dopo che il provvedimento sia divenuto definitivo, l’effetto preclusivo è ascritto alla sanzione della censura direttamente dall’articolo 4, comma 3, del d.m. n. 180/2010.
Avverso tale delibera del COA di Milano l’avv. [X] inoltrava ricorso al CNF che viene dichiarato inammissibile sotto un duplice profilo. In primis perché tardivo. Inoltre, sotto altro profilo, in quanto mira a modificare una sanzione pacificamente divenuta definitiva all’esito del rigetto del ricorso per cassazione proposto dall’avv. [X]. L’avvocato invocava una sorta di limitata efficacia temporale delle sanzioni disciplinari, in analogia con quanto previsto in sede civile a proposito della c.d. actio judicati.
Il CNF ha stabilito che - ammesso che l’Organo disciplinare possa incidere su una sanzione definitiva solo nei casi previsti dalla normativa vigente (art. 55 della Legge 247/2012), ove ricorrano gli specifici e gravi presupposti ivi declinati – tali requisiti sono prima facie estranei al contenuto e motivi dell’odierno ricorso.
L’Organo disciplinare esorbiterebbe dalle sue funzioni, in assenza di una facoltà espressa prevista dalla legge, ove determinasse, come vorrebbe invece il ricorrente, limitazioni anche temporali all’efficacia di una sanzione per cui non è prevista una durata o un termine di efficacia, peraltro al sol fine di incidere in un ambito, quello dell’accesso alla qualifica di mediatore, completamente estraneo alla funzione disciplinare. Solo un intervento del legislatore sulla specifica norma ostativa per il ricorrente, potrebbe mitigare le preclusioni conseguenti alla formulazione attuale dell’ art. 4 comma terzo lett. c) del d.m. 180/2010.
L’art. 4, comma 3, lettera c) del predetto d.m. impone al responsabile della tenuta del registro istituito presso il Ministero della giustizia di verificare la presenza di una serie di requisiti in capo al mediatore. In particolare, per il possesso del requisito dell’onorabilità il mediatore non deve avere riportato: a) condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; b) interdizioni perpetue o temporanee dai pubblici uffici; c) misure di prevenzione o di sicurezza; d) sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.°
Si veda
https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/l-avvocato-censurato-non-potra-mai-piu-essere-mediatore-AFlVQP6