Chi di voi non ricorda la canzone di Lucio Battisti, indimenticabile cantautore del Novecento, che, con il mitologico Mogol, ha scritto una delle canzoni più belle della discografia italiana: “Emozioni".
Ebbene chi come noi si approccia alle persone per con-vincerle (ossia vincere con loro) a risolvere un conflitto, sa bene che deve fare prima i conti con le emozioni che animano proprio quelle persone. Ognuna di esse ha dei bisogni dominati, appunto, dalle emozioni che debbono essere prima riconosciute, rispettate e poi convogliate nella giusta direzione. Paura, disgusto, tristezza, ma anche gioia, rabbia, curiosità influenzano le scelte delle persone e quindi giocano un ruolo nell'ambito delle mediazioni sempre più rilevante, rilevantissimo. Il mediatore deve essere dotato di quella che gli addetti ai lavori chiamano intelligenza emotiva, indispensabile per creare rapport ed instaurare l'empatia necessaria per conquistare la fiducia delle persone.
Ebbene voglio testimoniare un caso che ho trattato da vicino, nel quale la gestione delle emozioni delle persone ha giocato un ruolo fondamentale per la risoluzione della vertenza.
Si è trattato di una mediazione delegata dal giudice a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo. Molti di voi penseranno che sia uno dei casi statisticamente tra i più difficili da portare all'accordo. E invece, inaspettatamente, questa mediazione si è conclusa proprio grazie al giusto ruolo riconosciuto alle emozioni in gioco.
Le parti avevano un conflitto profondo tra loro, erano state legate da un rapporto di collaborazione lavorativa durato diversi anni, si conoscevano bene e, prima del conflitto, si stimavano reciprocamente. Poi, come spesso accade, il rapporto si è interrotto con reciproche accuse e conseguenti contrapposte richieste di pagamento dei crediti dovuti da una parte, contro la richiesta di risarcimento danni.
La mediazione comincia con reciproci attacchi e vi è persino uno scontro con uno scambio di parole molto acceso. Le proposte di partenza, come ci si aspettava, sono molto distanti. Il mediatore lascia che il dialogo, seppur acceso, prosegua. Interviene solo per domandare chiarimenti o specificazioni.
Dopo essersi ascoltate attivamente, grazie al mediatore, le parti comprendono il punto di vista dell'altro e concordano sul fatto che la prosecuzione del procedimento giudiziale rappresenti per entrambe "la peggiore alternativa all'accordo" sia in termini di rischi, sia di costi, sia di tempi. Si entra quindi in mediazione.
Ed ecco la prima magia della mediazione: le parti si sono sentite nel posto giusto e al momento giusto.
Ora resta la montagna da scalare per arrivare alla vetta, piantare una croce sul conflitto e lanciare il cuore oltre l'ostacolo.
Come si scala una montagna? Semplice : un passo alla volta!
Entrati nel vivo della mediazione i negoziatori giocavano duro e davano dimostrazione di saper padroneggiare le tecniche della negoziazione distributiva. Dopo alcuni reciproci rilanci, sono in stallo. Poi, durante una delle sessioni separate, una delle parti, ricordando un consiglio del padre, propone di sommare le due proposte a cui le parti erano giunte in quel momento e dividere il risultato a metà. Il denaro tuttavia doveva essere pagato in unica soluzione ed entro tre giorni. Vi è da dire che la somma che derivava dall'operazione matematica, apparentemente, sembrava sconveniente proprio per la parte che la proponeva, ma si scopriva poi che in realtà proprio a quella parte stava più a cuore un altro bisogno: l’impagabile tutela della reputazione lavorativa, che con un processo avrebbe rischiato di subire dei contraccolpi. Il mediatore comprende al volo che le parti hanno bisogni e priorità diversi: una solo quello economico, l'altra anche la tutela della propria reputazione professionale.
Il mediatore, per evitare la svalutazione reattiva, si offre subito di esser lui a porre sul tavolo della trattativa la cifra risultata dall'operazione matematica di cui sopra e le condizioni di immediato ed unico pagamento.
Nella sessione congiunta il mediatore proferisce la proposta. La parte che deve pagare, la accoglie immediatamente. L'altra parte, a cui era venuta l'idea, tentenna. La maledizione del vincitore!
Altro giro di sessioni separate. Altri piccoli rilanci, ma ormai ci si era ancorati su quella cifra. La parte creditrice tenta un ultimo rilancio con un'ultima proposta "prendere o lasciare". La parte debitrice in persona si alza dal tavolo e fa per abbandonare la trattativa. Sono attimi delicati e di grande tensione per tutti: entrambe le parti hanno paura, tutti e due stanno bleffando, ma sanno che l'accordo conviene e sarebbe uno sbaglio far saltare la trattativa.
La parte creditrice in persona a quel punto incarica il suo avvocato di chiudere la trattativa all'ultimo prezzo e rinunciare all'ultimo rilancio.
Le parti raggiungono così l'accordo, che viene stilato seduta stante dai legali e unito al verbale di mediazione.
L'accordo è perfettamente rispondente agli interessi di entrambe le parti e ciò grazie alla corretta individuazione dei diversi bisogni in gioco e della corretta gestione delle emozioni che hanno condotto le parti durante la negoziazione. E' molto probabile che se le persone dirette interessate non fossero state presenti personalmente, e le emozioni riconosciute e convogliate nella giusta direzione, la conclusione di questa mediazione sarebbe stata differente.
In conclusione, il mediatore moderno oltre alla preparazione scientifica deve saper padroneggiare anche le emozioni delle parti, coltivando sempre più la propria intelligenza emotiva.