La consegna ad un assistito di un invito al primo incontro di mediazione suscita sempre nel professionista sentimenti ambivalenti: da un lato un senso di diffidenza misto a curiosità rispetto ad un istituto che è ancora oggi troppo poco conosciuto da noi professionisti e, dall’altro, la speranza di trovare nel mediatore un interlocutore che possa comprendere il punto di vista del proprio assistito e, magari, farlo capire anche all’altra parte. Ma come può un difensore sfruttare al meglio l’opportunità che gli viene fornita dalla mediazione? Per rispondere alla domanda partiamo da un “caso pratico”.
1. Il caso concreto.
Il caso concreto da cui trae spunto il presente contributo è il seguente: sinistro stradale in cui un veicolo, parcheggiato in “divieto di sosta e di fermata”, uscendo dal parcheggio colpisce la vettura che sta transitando. La Compagnia di assicurazione del secondo veicolo risarcisce totalmente il danno al proprio assicurato, quella del primo lo indennizza al 50%. Il legale di quest’ultimo, dopo aver diffidato il proprietario della prima vettura e la di lui compagnia di assicurazione, li chiama entrambi in mediazione. La Compagnia invitata trasmette una comunicazione di mancata adesione, l’assicurato aderisce e la procedura si chiude con un accordo nel quale l’istante riconosce che nulla gli è dovuto.
2. Normativa giuridica di riferimento.
Il caso di cui sopra impone di partire dall’analisi di due istituti: quello della mediazione e quello della negoziazione assistita.
Come ben sappiamo la mediazione civile e commerciale è stata introdotta con il d. lgs. n. 28/2010 ed il legislatore ha previsto tre forme di mediazione: una “ex lege” o obbligatoria, una facoltativa cioè su base volontaria ed, infine, una terza delegata dal Giudice.
Il primo tipo di mediazione è disciplinato dall’art. 5, comma 1 bis, del summenzionato decreto legislativo che elenca le materie (peraltro ampliate dalla c.d. “Riforma Cartabia”) ove, in caso di controversia, prima di instaurare un procedimento giudiziario è necessario, a pena di improcedibilità, esperire un procedimento di mediazione civile e commerciale.
Al contrario la mediazione facoltativa viene introdotta ogni qual volta le parti decidano di provare a risolvere un conflitto concernente diritti disponibili tramite questo istituto in materie che non rientrano tra quelle di cui al comma sopra citato.
Infine, quella delegata si ha nelle ipotesi in cui il Giudice, nel corso del processo, invita le parti ad instaurare il procedimento de quo.
Qualunque sia il tipo di mediazione per cui viene instaurato il procedimento a conclusione dello stesso viene redatto dal mediatore incaricato un verbale di accordo o di mancato accordo o mancata adesione del quale viene rilasciata copia alle parti e l’originale depositato presso l’Organismo. Come ben sappiamo ai sensi dell’art. 12, comma 1, d. lgs. 28/10 “ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo”.
La negoziazione assistita, invece, è stata introdotta dal D.L. 132/14 (convertito in L. 162/14) e consiste nel raggiungimento di una convenzione di negoziazione tra le parti coadiuvate dai rispettivi avvocati. Anch’essa può essere volontaria (art. 2) o obbligatoria (e quindi condiziona di procedibilità per instaurare il giudizio) come nei casi indicati all’art. 3 del decreto. Anche nel caso della negoziazione la convenziona eventualmente stipulata varrà come titolo esecutivo.
Analizzando il caso che si porta ad esempio nel presente contributo appare subito evidente quanto stabilito dal primo periodo dell’art. 3 che statuisce: “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti deve, tramite il suo avvocato, invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita”.
È chiaro, pertanto, che nel caso di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti (salvo i casi in cui è previsto l’obbligo di procedere con la mediazione per la particolarità delle materie trattate) condizione di procedibilità è l’esperimento della negoziazione assistita.
Va in ogni caso ricordato che prima dell’entrata in vigore della normativa del 2014, la materia in questione rientrava in quelle in cui era obbligatorio il tentativo di mediazione e che, pertanto, sin subito dopo l’entrata in vigore della normativa più recente, la dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate su quale istituto dovesse “prevalere” nel caso di avvio di entrambi o di scelta della mediazione anziché della negoziazione.
A tali quesiti la risposta è sempre stata pressoché univoca nell’affermare che il legislatore ha previsto come elemento centrale da tenere in considerazione quello di “dare prevalenza al procedimento di mediazione obbligatoria nelle ipotesi di potenziale cumulo tra la negoziazione assistita e la mediazione, sicché, tutte le volte in cui la controversia sia tanto tra quelle indicate dal D.I. n. 132 del 2014 quanto tra quelle contenute nell’art. 5 comma 1 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010, di talché chi intenda agire in giudizio sarà tenuto a proporre solo la domanda di mediazione, perdendo così la negoziazione il carattere dell’obbligatorietà”.
Nel caso specifico dei conflitti inerenti i sinistri stradali il Tribunale di Roma, richiamando un’altra ordinanza del Tribunale di Napoli del 25 maggio 2018, nell’ordinanza del 12 aprile 2021 chiarisce come “la mediazione può essere efficacemente esperita (con assolvimento della condizione di procedibilità prevista dall’art. 3 d.l.132/2014) anche nei casi nei quali la legge non prevede l’esperimento obbligatorio della mediazione (art. 5 co. 1 bis d. lgs. 28/2010)”.
Proprio in detta ultima ordinanza sta la chiave di lettura dalla quale partire a considerare la mediazione non come un qualcosa nei confronti del quale provare diffidenza o da cercare di evitare in tutti i modi, ma come un’opportunità per il proprio assistito. La pronuncia, infatti, nel ripercorrere la struttura dei due istituti, focalizza l’attenzione sul fatto che la mediazione è caratterizzata dalla partecipazione al procedimento di un soggetto “terzo ed imparziale” (il mediatore appunto) che è un professionista formato ad hoc e che possiede competenze in quello specifico ambito, mentre nella negoziazione le parti sono assistite dai rispettivi difensori che tali rimangono e che per non contravvenire ai propri doveri difensionali devono in ogni caso anche in tale sede tutelare i propri assistiti in questo modo riducendo se non azzerando le possibilità di trovare un definizione concordata della lite (si ha prova della scarsa efficacia di questo secondo istituto analizzando la percentuale di accordi raggiunti in tal sede rispetto a quelli ottenuti con la mediazione).
3. Tornando al caso concreto ed alla sua “analisi giuridica”.
Come già anticipato nel caso di cui si tratta l’invito a partecipare alla mediazione (obbligatoria o meno che fosse dal momento che, come abbiamo visto, non vi è differenza in relazione all’assolvimento della condizione di procedibilità anche se si trattasse di un caso di negoziazione e non di mediazione obbligatoria) è stato inviato al proprietario dell’altro mezzo coinvolto (che nel caso di specie era anche il conducente) ed alla di lui assicurazione. Quest’ultima, però, aveva fatto pervenire comunicazione di non adesione adducendo a giustificazione il fatto che il proprio assicurato non avesse alcuna responsabilità nella causazione del sinistro. Ora, tralasciando in questa sede ogni questione in merito alla validità di una simile missiva dal momento che sia ad avviso della scrivente che sulla base della costante giurisprudenza sul punto la partecipazione personale delle parti deve esservi e deve essere effettiva, va rilevato che se anche l’altra parte invitata avesse ragionato nel medesimo modo, l’istante avrebbe verosimilmente instaurato un giudizio, la cui domanda magari, altrettanto sicuramente, sarebbe stata rigettata, ma che avrebbe costretto i convenuti ad impegnarsi in un contenzioso certamente lungo a livello di tempi e dispendioso in termini economici e di energie personali. Così però non è stato ed il privato invitato, su prezioso consiglio del proprio difensore, ha aderito all’invito presenziando il giorno indicato. In tale frangente l’avvocato del soggetto chiamato e quest’ultimo in prima persona hanno esposto la loro posizione, punto di vista che era già stato illustrato all’avvocato di parte istante in sede stragiudiziale, ma mai direttamente all’istante. Non appena terminata la relazione, il mediatore incaricato ha evidenziato il punto saliente per dirimere la questione chiedendo alla parte invitata se il cartello di “divieto di sosta e di fermata” fosse o meno effettivamente presente. Le parti, allora, grazie a questo intervento convenivano di fare una verifica sul luogo del sinistro al fine di constatare la presenza o meno del cartello in questione. All’incontro successivo la mediazione si chiudeva con un verbale positivo nel quale l’istante rinunciava alle proprie richieste avendo constatato proprio in mediazione l’infondatezza della domanda da lui avanzata.
4. Conclusioni.
Credo che questo caso sia emblematico e riesca a fugare ogni dubbio in merito alle perplessità che molte volte i professionisti ancora manifestano in tema di mediazione. Purtroppo, come difensori siamo in molti casi ancora abituati a ragionare sul “giuridicamente corretto/giuridicamente sbagliato” ed ancora in troppe poche occasioni ci soffermiamo a ragionare su quale sia effettivamente la scelta più conveniente per il nostro assistito. Se l’avvocato della parte invitata avesse scelto la strada della mancata adesione o della non entrata in mediazione trincerandosi dietro il comportamento della propria compagnia e quindi della mancata adesione di una delle “parti necessarie” (dal momento che era assicurata), ribadendo magari quanto già indicato al difensore di controparte in sede stragiudiziale e quindi formulando lo stesso rilievo in merito alla presenza del cartello di “divieto di sosta e di fermata”, l’epilogo della controversia sarebbe stato ben diverso. Ma cosa ha in concreto ottenuto la parte invitata “investendo” la somma di 48,00 € pagata al momento dell’adesione? Ha innanzitutto evitato di doversi costituire in un giudizio, con tutte le spese e le problematiche anche emotive che ne conseguono; ha limitato a due incontri di 30 minuti ciascuno la sua “perdita di tempo” (rectius: ha investito 30 minuti del suo tempo) a fronte di almeno 2-3 udienze davanti al Giudice di Pace ma cosa più importante ha avuto la possibilità di confrontarsi personalmente con l’altra parte, facendo comprendere a quest’ultima il proprio punto di vista che si è rivelato alla fine quello sposato entrambi. Ed allora: conviene veramente non dare una chance a questo istituto che nei fatti richiede un minimo esborso di denaro ed un marginale investimento del proprio tempo ma che ha enormi potenzialità proprio per la presenza del mediatore “terzo ed imparziale” e che ci può portare ad una pronta soluzione della lite? Credo che la risposta possa essere trovata non solo nell’esempio qui narrato, ma nelle stesse parole della giurisprudenza più sopra citata laddove sottolinea l’importanza e la prevalenza della mediazione rispetto alla negoziazione assistita.
Mediatore Avv. Elena De Lazzari
Ho conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Padova e sono iscritta all'Albo degli Avvocati dall'anno 2015.
Sin da quando ho iniziato a muovermi nel capo del diritto ho sempre pensato che fosse fondamentale per le persone confrontarsi tra di loro per confezionare una soluzione "sartoriale" adatta alle loro esigenze anziché demandare ad un terzo la risoluzione dei loro problemi. La mia formazione anche in campo sociale e pscio-pedagogica mi aiuta a comprendere le ...
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