Testo integrale:
Tribunale di Palermo,
sez. IV Civile-Fallimentare,
ordinanza 17 marzo 2021
Presidente/Relatore D’Antoni
Letta l’istanza, dei giorni 9-31/12/2020, assegnata telematicamente a questo presidente il 15.3.2021, con cui l’avvocato S.F. (nato a omissis il omissis, C.F. omissis, pec omissis, del Foro di Palermo, con studio nella stessa città in via omissis) ha chiesto la liquidazione dei compensi che gli competono per l’attività svolta in qualità di difensore dei sigg.ri D.B. G. (nato a omissis) e C.V. (nata a omissis) n.q. di esercenti la potestà genitoriale sul minore D.B.A., provvisoriamente ammessi al patrocinio a spese dello Stato giusta provvedimento del 14/03/2019 del C.O.A. di Palermo, nell’ambito del procedimento di mediazione obbligatoria in materia di diffamazione e lesione dell’identità personale svoltosi dinanzi all’Organismo di Mediazione “Ass. Medea” e conclusosi con verbale di conciliazione del giorno 01/10/2019; letti gli atti; ritenuto che il più recente specifico arresto della Corte di Cassazione (sez. II, n. 18123 del 2020) esclude la possibilità di liquidare l'attività professionale svolta dall’Avvocato in ambito mediatorio allorquando alla stessa non sia seguita la proposizione di domanda giudiziale (come appunto è avvenuto nel caso di specie), atteso che gli artt. 74 e 75 d.P.R. 30.5.2002, n. 115, limitano l'operatività del patrocinio a spese dello Stato all'ambito del “processo” sia penale che civile ed a tutte le procedure “comunque connesse” ad un processo, ed escludono perciò dal novero delle attività suscettibili di essere svolte con oneri a carico dell’Erario tutta l’attività stragiudiziale (nell’ambito della quale va inquadrata quella svolta in ambito di mediazione) non seguita da instaurazione di un processo; ritenuto che, nell’occasione, la Corte di legittimità ha anche osservato che il limite in questione non può essere superato dal giudice neanche con attività d'interpretazione, posto che in tal modo lo stesso verrebbe ad incidere sulla sfera afferente alla gestione del pubblico denaro ed alle disposizioni di spesa, così interferendo su materia riservata al Legislatore e presidiata da precisi dettami costituzionali (Cass. sez. 2 n° 24723/11, Cass. sez. 1 n° 15490/04, Cass. sez. L n° 17997/19); ritenuto che tale prospettazione è condivisibile e non superabile allo stato della legislazione vigente, laddove però proprio questa non è esente da plurimi sospetti di incostituzionalità, ove si consideri che: a. in un Ordinamento, qual è quello italiano, improntato a favorire la soluzione extragiudiziaria delle controversie, come è confermato tra l’altro dalle disposizioni contenute nel D.Lvo. 4 marzo 2010, n. 28, appare contrario al pervasivo canone di ragionevolezza consentire al difensore della parte non abbiente di accedere ad una liquidazione con oneri a carico dell’Erario allorquando l’esito della mediazione risulti infruttuoso (e si renda perciò necessario l’avvio del processo civile), e negarla invece allorquando la controversia si definisca in ambito mediatorio, dovendosi peraltro sottolineare come, diversamente opinandosi, potrebbero emergere prassi forensi orientate dall’intrinseca forza disincentivante di una condizione oggettivamente eccentrica e potenzialmente pregiudizievole, con conseguente annichilimento della funzione della mediazione obbligatoria (destinata ad essere affrontata come una mera formalità prodromica all’instaurazione del vero e proprio processo civile, individuato quale invariabile luogo elettivo per la soluzione dei contrapposti diritti delle parti e per la soddisfazione del diritto al compenso del difensore della parte non abbiente), nella conseguente vanificazione degli effetti acceleratori e deflattivi dell’intero sistema processuale civile connessi all’effettività del procedimento mediatorio, e addirittura nell’artificiosa lievitazione degli oneri a carico dell’Erario (che, anziché essere limitati a quelli sostenuti dalla parte non abbiente ammessa al patrocinio a spese dello Stato nell’ambito di un procedimento di mediazione definito col raggiungimento di un accordo, verrebbero ad essere pesantemente aggravati da quelli connessi allo svolgimento di un processo civile altrimenti evitabile); b. in caso di ammissione al patrocinio dello Stato per un procedimento mediatorio positivamente conclusosi con accordo tra le parti, il diritto al compenso del difensore sarebbe definitivamente compromesso, essendogli preclusa non solo la possibilità di ottenere la liquidazione dei compensi con oneri a carico dell’Erario, ma anche quella di chiedere compensi direttamente al cliente, ove si ponga mente al divieto ed alla sanzione di cui all’art. 85 T.U.S.G., nonché all’art. 29 del Codice Deontologico Forense che vieta espressamente all’Avvocato di chiedere o percepire dalla parte assistita o da terzi, a qualunque titolo, compensi o rimborsi diversi da quelli previsti dalla legge; c. non potrebbe considerarsi valido equipollente, ai fini sostanziali, l’eventuale revoca del patrocinio a spese dello Stato disposta a seguito del sopraggiunto accordo tra le parti della mediazione, atteso che – indipendentemente dai plurimi profili di accettabilità di una soluzione che non implausibilmente potrebbe essere considerata contraria a canoni di correttezza - l’acclarata appartenenza della parte alla categoria dei non abbienti vanificherebbe comunque sul piano sostanziale l’effettività del diritto al compenso del difensore, laddove poi risulterebbe comunque disincentivante (e perciò pregiudizievole nella prospettiva della piena realizzazione del diritto di difesa presidiato anche dall’istituto del patrocinio a spese dello Stato), per la parte stessa, l’astratta possibilità di dover sostenere le spese legali per il procedimento mediatorio proprio nel caso in cui lo stesso dovesse concludersi favorevolmente, sottolineandosi, in proposito, come l’art. 24 Cost. sia volto ad assicurare alle persone non abbienti l’accesso alla tutela offerta dalla giurisdizione in modo pieno e consapevole ed in posizione di parità con quanti dispongono dei mezzi necessari; posizione di parità compromessa ove il non abbiente abbia motivo di dubitare circa la natura incondizionata ed irrevocabile (nella persistenza, quanto meno, delle sue condizioni economiche “sotto soglia”) del suo diritto a beneficiare di una difesa tecnica con oneri a carico dello Stato; d. sarebbe, infine, contrastante col fondamentale canone di cui all’art. 3 Cost. – in assenza di ragioni per la constatata differenziazione - il diverso (più favorevole e non suscettibile di critiche di irragionevolezza) trattamento riservato dal Legislatore alla mediazione transfrontaliera, atteso che l’art. 10 del D.Lvo. 27 maggio 2005, n. 116, emanato in attuazione della direttiva 2003/8/CE del 27 gennaio 2003 (<>), estende indistintamente il patrocino ai procedimenti stragiudiziali qualora l’uso di tali mezzi sia previsto come obbligatorio dalla Legge ovvero qualora il giudice vi abbia rinviato le parti in causa. Considerato che la soluzione della questione è determinante perché la liquidazione non è possibile, se non provvedendo in violazione dei superiori precetti, indipendentemente dalla soluzione del rilevato contrasto tra l’art. 74, comma 2 D.P.R. 30.5.2002, n. 115, là dove lo stesso non comprende espressamente l’attività svolta nell’ambito della mediazione civile, esauritasi in quella stessa sede col raggiungimento dell’accordo tra le parti, dai procedimenti ammessi al patrocinio a spese dello Stato; l’art. 75, comma 1, D.P.R. 30.5.2002, n. 115, là dove consente il patrocinio a spese dello Stato soltanto per i procedimenti “connessi” ad un processo civile, così postulandone la necessaria esistenza quale indefettibile condizione per la liquidazione del compenso in favore del difensore e l’art. 3 Cost., nella parte in cui tende a rimuovere ogni ostacolo di ordine economico e sociale che limiti la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, nonché sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza che verrebbe compromesso ove professionisti che abbiano effettuato identiche prestazioni in sede di mediazione vengano poi trattati differentemente, sul piano del compenso, a seconda del raggiungimento o meno dell’accordo, tra l’altro riservando un trattamento deteriore a coloro i quali abbiano operato con maggiore efficacia nella prospettiva segnata dall’istituto della mediazione; l’art. 24 Cost., che assicura ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione; l’art. 36 Cost., solitamente ritenuto non applicabile direttamente all’attività libero professionale, e tuttavia intaccato là dove, prevedendo la corresponsione di retribuzioni adeguate alla qualità e quantità del lavoro prestato, esclude da qualsiasi tutela i liberi professionisti che abbiano prestato attività lavorativa obbligatoria gratuitamente:
P.Q.M.
Visti gli articoli 23 e sgg. della Legge 11 marzo 1953, n. 87, e l'art. 295 del codice di procedura civile:
1) solleva d'ufficio la questione di legittimità costituzionale degli articoli 74, comma 2, e 75, comma 1, del D.P.R. 30 maggio2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), in relazione agli articoli 3, 24 e 36 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che sia assicurato il patrocinio ai non abbienti nel procedimento di mediazione, e che sia assicurato il pagamento del relativo compenso all’Avvocato con oneri a carico dell’Erario, quando il suo esperimento è condizione di procedibilità della domanda e il processo non viene poi introdotto per essere intervenuta conciliazione delle parti;
2) dispone, a cura della Cancelleria, la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, la notificazione della presente ordinanza al ricorrente ed al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e al Pubblico Ministero;
3) sospende il procedimento liquidatorio in corso e riserva all’esito della decisione della Corte Costituzionale ogni ulteriore statuizione