Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI AVELLINO - PRIMA SEZIONE CIVILE –
in composizione monocratica e nella persona del dott. Marcello Polimeno, al termine dell'udienza del giorno 22 gennaio 2019, ha, mediante lettura del relativo dispositivo e contestuale deposito delle motivazioni, pronunciato la seguente
SENTENZA
nella controversia civile iscritta al n. 2253/2018 del Ruolo Generale Affari Contenziosi in materia locatizia e vertente TRA P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX P.XXX, -INTIMANTE – R.XXXX T.XXX, C.F. XX, - INTIMATORAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I fatti di causa e le posizioni delle parti _________________________________________ 2. Improcedibilità della riconvenzionale proposta da parte intimata _ 6. La condanna ai sensi dell' art. 96, comma 3, c.p.c. __________________________________ 7. Condanna dell' intimato al versamento all' entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio a causa della sua mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione ________________ del 23/01/2019 1. I fatti di causa e le posizioni delle parti P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX P.XXXXXXXXX ha intimato sfratto per morosità nei confronti di R.XXXX T.XXXXXX, allegando il mancato pagamento dei canoni da dicembre 2017 in poi da parte di quest' ultimo, nonché il mancato pagamento delle somme rispettivamente di 50, 00 e di 40, 00 in relazione ai canoni di maggio 2017 e luglio 2017. L' intimante ha chiesto quindi la convalida dello sfratto per morosità intimato e l' emissione di decreto ingiuntivo avente ad oggetto i canoni non pagati. Si è costituito R.XXXX T.XXXXXX, il quale si è opposto alla convalida dello sfratto intimato per i motivi indicati in comparsa di risposta (i quali saranno presi in considerazione al paragrafo seguente). Con ordinanza pronunziata a verbale all' udienza del giorno 21.5.2018 questo giudice ha provveduto come segue: "Il Giudice Letti gli atti ed i documenti di causa e preso atto di quanto dedotto dalle parti a verbale OSSERVA Posto che lo sfratto è stato intimato per la morosità in relazione alle mensilità da dicembre 2017 ad aprile 2018, in quanto l' intimato non ha pagato alcunché rispetto a queste, nonché di maggio 2017 e luglio 2017, in quanto l' intimato non ha pagato una parte di tali mensilità, e che l' intimante ha attestato la persistenza della morosità al' odierna udienza; atteso che l' intimato si è costituito e si è opposto per le ragioni analiticamente illustrate in comparsa di risposta; ritenuto che alla luce della suddetta opposizione lo sfratto non possa essere convalidato; posto che il decreto ingiuntivo richiesto può essere emesso solo in caso di convalida di sfratto in quanto ciò si ricava dalla lettera stessa dell' art. 664 c.p.c., che fa espresso riferimento ai canoni sino all' esecuzione dello sfratto, nonché dal richiamo all' art. 658 c.p.c.; rilevato che l' intimante ha richiesto in subordine l' emissione di ordinanza di rilascio ai sensi dell' art. 665 c.p.c.; tenuto conto che di fronte alla morosità allegata dall' intimante l' intimato non ha opposto eccezioni fondate su prova scritta; preso ato dei consolidati principi giurisprudenziali in tema di onere dela prova in materia di inadempimento, che pongono a carico dell' intimante il solo onere di provare l' esistenza del contratto e di allegare l' inadempimento dell' intimato ed a carico di quest' ultimo di provare l' avvenuto integrale pagamento dei canoni; ritenuto, pertanto, che non meriti condivisione la difesa sollevata dall' intimato al punto A) della comparsa di risposta, il quale non ha provato di aver pagato i canoni per cui l' intimante ha allegato la sussistenza della morosità; considerato che: il conduttore di un immobile non può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del del 23/01/2019 bene, quand' anche tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore; la sospensione totale o parziale dell' adempimento dell' obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un' alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti; inoltre, secondo il principio "inadimplenti non est adimplendum", la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede (Cas. civ., Sez. VI-3, 23 novembre 2011, n 13887); nel caso di specie la documentazione in atti non dimostra allo stato che sia venuta completamente a mancare la controprestazione del locatore ed anzi la stessa condotta del condutore di voler rimanere nell' immobile locato dimostra che lo steso è suscettibile di apportare un' utilità anche se eventualmente ridotta; considerato che ai sensi dellart. 5 della L. 392/1978.- "Salvo quanto previsto dall' articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l' importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell' articolo 1455 del codice civile"; ritenuto che non sussistano neppure i gravi motivi in contrario alla pronuncia dell' ordinanza in considerazione del fatto che delle conduzioni del conduttore si può tenere conto ai fini della fissazione del termine per il rilascio, mentre predicare una nozione di gravi motivi ampia come quella prospettata da parte intimata significherebbe sostanzialmente finire per asservire in modo, totale, irragionevole e duraturo la proprietà privata ad esigenze di solidarietà sociale delle quali dovrebbe farsi carico più propriamente lo Stato e gli altri enti pubblici; considerato, infine, che per la delibazione sulla fondatezza dell' opposizione proposta dall' intimato, sia, in ogni caso, necessario disporre il passaggio dalla fase sommaria del procedimento a quella a cognizione piena; letti gli artt. 665, 667, 426 e 447-bis del Codice di Procedura Civile; letto l' art. 56 della L. 392/1978; considerato a questo proposito che: 1. il locatore nulla ha allegato quanto alle sue condizioni; 2. il conduttore ha allegato di vivere soltanto dei risparmi della propria pensione e di avere dificoltà nella ricerca dell' alloggio; 3. dalla documentazione in atti risulta che l' intimato è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato; 4. il rilascio viene disposto a causa della morosità dell' intimato protrattasi da ormai numerosi mesi; posto che il procedimento in esame è stato instaurato successivamente alla introduzione della disciplina di in tema di mediazione; rilevato che la letera b) del comma 4 dell' art. 5 del D.lgs. 28/2010 prevede che la disciplina della mediazione non si applichi, nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all' articolo 667 del codice di procedura civile; ritenuta, pertanto, l' improcedibilità della domanda, ai sensi di quanto previsto dall' art. 5 del Dlgs. 28/2010, stante il mutamento del rito disposto con il presente provvedimento; P.Q.M. "ORDNA a parte intimata R.XXXX T.X di RILASCIARE, libero e uoto di persone e cose, in favore del' ntimante P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX P.XXXXXXXXX, IMMOBILE condotto in locazione e sito in San Michele Serino (AV), alla Via C.XXX n. 25, identificato in Catasto al foglio 6, particella, e meglio descritto in atti; "FISSA, per ESECUZIONE la data dell' 1.10.2018. ore 1000; "DISPONE la TRASFORMAZIONE del RITO; "ASSEGNA alle parti il termine di quindici giorni a parine da oggi per la presentazione della domanda di mediazione; "FISSA, per la DISCUSSIONE, l' udienza del 21 gennaio 2019 0925, assegnando allintimante termine perentorio fino a quaranta (40) giorni prima ed all' intimato termine fino a venti (20) giorni prima della della udienza, ai fini dell' integrazione degli atti introduttivi mediante il deposito in Cancelleria di memorie indicanti i rispettivi mezzi di prova nonché dei documenti di cui esse intendano avvalersi a sostegno delle rispettive domande eccezioni e deduzioni; " In sede di memoria integrativa la difesa dell' intimante ha concluso come segue: 1. Rigettare la proposta opposizione in ogni sua parte, in uno alla spiegata domanda riconvenzionale, infondata in fatto ed in diritto per le motivazioni addotte. 2. Accertare e dichiarare la fondatezza della domanda di rilascio avanzata con l' atto di citazione. 3. Condannare il T.XXXXXX R.XXXX al pagamento in favore di P.XXXXXXXXX P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX dei canoni scaduti non pagati ed allo stato indicati in euro 3.080.00 oltre quelli a scadere fino all' effettivo rilascio. 4. Accertare e dichiarare la lite temeraria con condanna del resistente ad una somma a titolo di risarcimento da determinarsi con criterio di giustizia ed equità ex art. 96 comma 1, ovvero comma 3 c.p.c.. 5. Vittoria di spese e competenze della fase sommaria, della procedura di mediazione e della presente di merito, con distrazione in favore del sottoscritto avvocato. Non ha invece depositato memoria integrativa parte intimata. 2. Improcedibilità della riconvenzionale proposta da parte intimata all' atto della sua costituzione in fase di convalida l' intimato ha chiesto in via riconvenzionale di "accertare e dichiarare il locatore inadempiente per gli interventi di manutenzione straordinaria e obbligare lo stesso all' esecuzione di tuti i lavori necessari da eseguirsi all' interno dell' appartamento del conduttore per renderlo conforme all' uso convenuto, mediante le modalità che verranno accertate in corso di causa, oltre al risarcimento dei danni materiali subiti dal convenuto a causa della negligenza del locatore, da determinarsi in prosieguo di trattazione". L' art. 5, comma 1bis, del D. Lgs. 28/2010 dispone: "Chi intende esercitare in giudizio un' azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall' avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell' art. 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. L' esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L' improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d' ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all' articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione dubbio che alla luce del tenore delle domande proposte in questo giudizio la presente causa e tutte le domande proposte dalle parti siano soggette a mediazione. Deve pertanto essere valutata la conseguenza sotto il profilo processuale della mancata partecipazione dell'intimato alla procedura di mediazione tempestivamente avviata dall' intimante (v. verbale di mediazione datato 25.6.2018 dalla cui lettura risulta che non è stato possibile raggiungere un accordo a causa dell' assenza di parte intimata - v. documentazione depositata in Cancelleria in data 11.7.2018 da parte intimante). Prima di passare oltre va soltanto precisato che la mediazione è stata disposta da questo giudice ai sensi dell' art. 5 del D. Lgs. 28/2010 (si veda in particolare il comma 4, lettera b) di tale articolo). Ciò posto, va condiviso integralmente quanto statuito dal Tribunale di Firenze, III Sezione Civile, nella sentenza del 21.4.2015 di cui di seguito si riporta uno stralcio. "... si pone pertanto il problema di valutare se in concreto possa dirsi assolta la condizione di procedibilità dell' opposizione, non avendo parte opponente, pur ritualmente invitata, partecipato ad esso. La Risposta è negativa. In proposito l' analisi, che mira a sancire un principio di diritto di validità generale dell' istituto della mediazione e che non è limitato agli angusti ambiti del procedimento di cui all' art. 645 e ss c.p.c., deve muovere dal disposto del citato art. 5, comma II bis del D. Lgs. N. 28/10, così come introdoto dal DL 69/13 conv. nella L. 98/13, secondo cui la condizione di procedibilità della domanda giudiziale "si considera avverata se il primo incontro avanti al mediatore si conclude senza l' accordo". Ad avviso di questo giudice il "primo incontro" cui allude la suddetta disposizione, non può che essere quello delle parti, cioè di tutte le parti del giudizio, avanti al mediatore. D' altra parte, come bene evidenzia la difesa di parte opposta, come già affermato da questo Tribunale nella sentenza 19.3.2014 (giudice dott. ssa BREGGIA) al primo incontro di fronte al mediatore deve non solo procedersi ad opera del mediatore ad una attività informativa circa la funzione e la modalità della mediazione, ma anche effettuarsi una vera e propria attività di mediazione di merito sulle questioni oggetto di lite, salva la facoltà delle parti di non procedere oltre nella mediazione, ove non sia raggiunto accordo al primo incontro. Invero, diversamente argomentando, ed assumendo che il primo incontro possa avere mera funzione informativa, il processo civile verrebbe a subire un intralcio per l' espletamento di un incombente meramente burocratico e rituale, senza cioè lo svolgimento di alcuna mediazione, unica attività che può dare alle parti una concreta chance di definizione transattiva della controversia. Segue da quanto sopra che la parte che ha interesse ad assolvere la condizione di procedibilità ha l' onere di partecipare al primo incontro avanti al mediatore. Invero, se al primo incontro le parti possono raggiungere l' accordo, come si evince a contrario dalla disposizione citata, è evidente che esse devono prima di tuto partecipare ad esso. Ovvio che la mancata partecipazione alla mediazione della parte convenuta non potrà avere alcuna rilevanza ai fini della procedibilità della domanda attorea, non potendo certo la parte diligente subire un pregiudizio per la mancata collaborazione di quella che non ha interesse. Ciò peraltro non esclude che la parte onerata ex lege, e cioè l' attore nei procedimenti ordinari, e secondo l' orientamento cui si aderisce, la parte opponente nelle opposizione a decreto ingiuntivo ovvero l' appellante nell' appello, abbia in ogni caso l' onere di partecipare al primo incontro avanti al mediatore. Ciò non solo quando, come di solito accade, la stessa abbia promosso tale procedimento, ma anche quando lo stesso sia stato in concreto attivato dalla controparte. D' altra parte, la condizione di procedibilità è legata all' esperimento del procedimento di mediazione, giusto il disposto della disposizione in argomento. "Esperire una procedura" non equivale ad avviarla, bensì a compiere tutto quanto necessario perché la stessa raggiunga il suo esito fisiologico, che nel caso della mediazione coincide, quantomeno, con il primo incontro avanti al mediatore e, se anche l' altra parte compare, con l' avvio dell' effettiva attività mediatoria. Né d' altra parte a diversa conclusione può giungersi valorizzando il disposto di cui all' art. 8, comma IV bis del D. Lgs. citato, secondo cui "dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell' art. 116, II co., c.p.c.. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall' art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all' entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio". Ad una prima lettura, in effetti, tale disposizione sembrerebbe escludere che alla mancata partecipazione di una parte al procedimento possa seguire la sanzione della improcedibilità. Le conseguenze sarebbero infatti solo quelle previste da tale norma, con riflessi quindi sfavorevoli sotto il profilo probatorio (ex art. 116 c.p.c.) e con applicazione della sanzione pecuniaria (in questo senso, recentissimamente, Trib. Taranto od 16.4.2015 - dot. CASARANO). La logica dell' istituto, finalizzato a favorire una soluzione conciliativa della controversia con evidenti vantaggi deflattivi per il sistema giudiziario, è chiaramente, nel senso di onerare chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero propone opposizione a decreto ingiuntivo, ovvero appello, non solo a promuovere la mediazione, ma anche a partecipare al relativo procedimento al fine di rendere possibile un accordo tra le parti in quella sede. In caso di mancata partecipazione alla mediazione della parte che ha l' onere di esperire il procedimento mediatorio non sarebbe ragionevole ritenere applicabili le sole sanzioni di cui all' art. 8 citato. Si renderebbe cioè possibile alla parte onerata di assolvere alla condizione, assicurando la procedibilità della propria domanda, semplicemente attivando il procedimento e non mediante "l' esperimento"dello stesso. In conclusione va quindi sanzionato con l' improcedibilità il comportamento della parte onerata ex lege che, a prescindere dalla attivazione o meno del procedimento da parte sua, non lo coltiva non comparendo al primo incontro avanti al mediatore. Richiamato il principio di diritto di cui in premessa, va pertanto dichiarata l' improcedibilità dell' opposizione. Resta assorbita ogni questione di merito". Applicando il percorso interpretativo ed argomentativo del Tribunale di Firenze al caso di specie ne deriva l' improcedibilità della domanda riconvenzionale proposta dall' intimato con la comparsa di risposta, non avendo questo partecipato al procedimento di mediazione avviato dall' altra parte, nonostante gli fosse stato comunicato regolare invito a tale scopo. Peraltro, è vero che nel caso oggetto di esame da parte del Tribunale di Firenze, a differenza del caso di specie, si era in presenza di un' opposizione a decreto ingiuntivo e, tuttavia, i principi affermati dal Tribunale fiorentino, nonché il percorso logico-giuridico svolto, relativamente alla necessità che il primo incontro dinanzi al mediatore sia effettivo, e cioè veda la partecipazione di tutte le parti dinanzi al mediatore, e che vi sia l' esperimento della mediazione in senso non soltanto formale bensì anche sostanziale, sono pienamente applicabili al caso di specie. In definitiva, va dichiarata l' improcedibilità della domanda riconvenzionale proposta dall' intimato. 3 3. Nel merito. Le domande proposte dall' intimante sono fondate e vanno accolte per le seguenti ragioni. Va premesso che il conduttore di un immobile non può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, quand' anche tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell' adempimento dell' obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un' alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, secondo il principio "inadimplenti non est adimplendum", la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede (v. tra le tante (Cass. civ., Sez. VI-3, 23 giugno 2011, n 13887). Ancora, non è mai consentito al conduttore autoridursi il canone sulla base di pretesi controcrediti, costituendo tale sua condotta un' alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti (Cass. civ., Sez. VI, 7 maggio 2012, n 6850). Pertanto, non possono essere accolte le difese formulate dal conduttore relativamente alla circostanza che l' immobile locato avrebbe presentato problematiche di infiltrazioni, macchie di condensa ed umidità e scarsa efficienza termica degli infissi. Si tratta di tutte problematiche che non sono comunque tali da aver fatto venire completamente a mancare la prestazione del locatore di messa a disposizione dell' immobile locato con conseguente illegittimità della condotta dell' intimato di sospendere il pagamento integrale del canone di locazione. Del resto, la circostanza che la permanenza in tale immobile arrechi al conduttore una certa utilità risulta chiaramente dimostrata dalla stessa condotta processuale del conduttore, il quale si è opposto al rilascio dell' immobile non provvedendo allo stesso neanche in seguito all' emissione dell' ordinanza di rilascio. In relazione al regime della prova del mancato pagamento dei canoni va ricordato che in tema di prova dell' inadempimento di un' obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l' adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell' inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell' onere della prova del fatto estintivo dell' altrui pretesa, costituito dall' avvenuto adempimento (Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533). Ciò comporta che in materia locatizia una volta che il locatore abbia provato il contratto ed allegato il mancato pagamento dei canoni da parte del conduttore grava su quest' ultimo l' onere di provare l' avvenuto pagamento degli stessi. Questa prova non è stata tuttavia fornita dal conduttore. Tenuto conto del periodo di tempo prolungato (dal dicembre 2017 in poi) per il quale il conduttore non ha pagato in alcuna misura il canone pattuito e non ha, quindi, adempiuto la propria principale obbligazione non si può dubitare che questo inadempimento abbia carattere di gravità. In conclusione va pronunciata la risoluzione del contratto di locazione tra le parti a causa del grave inadempimento del conduttore come da dispositivo. Va poi confermata l' ordinanza di rilascio dell' immobile locato già emessa, con conferma dell' obbligo da parte dell' intimato di rilascio dell' immobile locato, obbligo che questo avrebbe dovuto adempiere quantomeno dall' 1.10.2018. Le condizioni dell' intimato non giustificano ulteriori dilazioni nell' esecuzione tenuto conto che le stesse sono già state debitamente considerate nell' ordinanza di rilascio predetta. Rispetto alla domanda relativa al pagamento dei canoni questa va accolta con riferimento ai canoni di locazione da dicembre 2017 ad oggi (non essendo stato ancora effettivamente rilasciato l' immobile locato), nonché in ordine alle somme rispettivamente di 50, 00 e di 40, 00 relative ai canoni di maggio 2017 e luglio 2017. Considerato che in base all' art. 6 del contratto di locazione il canone mensile è fissato in 230, 00 la somma dovuta va determinata in 3.243, 22 (derivante dalla somma di 90, 00 ancora dovuti per i canoni di maggio e luglio 2017, dei canoni da dicembre 2017 a dicembre 2018 pari ad 2.990, 00 e della quota di canone relativa ai 22 giorni di gennaio 2019 maturati fino ad oggi pari ad 163, 22). A questa somma non vanno aggiunti gli interessi legali i quali non sono stati richiesti dall' intimante nelle conclusioni analiticamente riformulate in memoria integrativa. Nulla spetta a titolo di rivalutazione trattandosi di debito di valuta. Neppure possono essere aggiunte le somme per gli ulteriori canoni a scadere fino all' effettivo rilascio, perché tanto è ammesso in materia locatizia eccezionalmente dall' art. 664 c.p.c. solo per il decreto ingiuntivo emesso in sede di convalida per il caso di mancata opposizione/mancata comparizione dell' intimato. Quindi, il conduttore va condannato a pagare a questo titolo le somme indicate come da dispositivo. 4. Il regime delle spese Le spese del giudizio seguono la soccombenza di parte intimata e si liquidano d' ufficio come in dispositivo, tenuto conto: a) che tali spese vanno liquidate in base ai parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, (pubblicato in G.U. il 2.4.2014 ed entrato in vigore il 3.4.2014) in quanto tali nuovi parametri in base all' art. 28 di tale decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore; b) del concreto valore della presente controversia; c) del numero scarso delle questioni giuridiche e di fatto trattate; d) della semplicità dell' affare in considerazione del carattere consolidato della giurisprudenza in materia; e) dell' estrema snellezza della fase decisoria, caratterizzata dalla decisione mediante lettura del dispositivo e contestuale esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; f) degli aumenti e diminuzioni rispetto ai valori medi, di cui alle tabelle allegate al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, legittimamente operabili in base all' art. 4, comma 1, del medesimo decreto (nella versione come da ultimo modificata dal D.M. 37/2018). Deve, infine, essere disposta ex art. 93 c.p.c. la distrazione delle spese di lite in favore dell' avv. F.XXXXXX V.XXXXXXX per dichiarato anticipo delle stesse. 5. Revoca dell' ammissione dell' intimato al patrocinio a spese dello Stato. L' art. 136 del D.P.R. 115/2002 che dispone al comma 2 "Con decreto il magistrato revoca l' ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell' ordine degli avvocati ... se l' interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Tale revoca ha efficacia retroattiva ai sensi del comma 3 di questo articolo. Nel caso di specie, va revocata l' ammissione di R.XXXX T.XXXXXX al patrocinio a spese dello Stato. In effetti, l' intimato ha resistito in giudizio con colpa grave, perché l' opposizione da lui proposta è risultata sostanzialmente strumentale al prolungamento della sua permanenza nell' immobile locato per il Massimo tempo possibile. Inoltre, lo stesso non ha conformato la sua condotta ai canoni di lealtà processuale scegliendo di non comparire neppure tramite il suo difensore in sede di procedura obbligatoria di mediazione. Peraltro, le difese da lui articolate in sede di opposizione si rivelano infondate in base alla giurisprudenza di legittimità in materia da tempo costante sia sul punto della ripartizione dell' onere della prova dell' inadempimento in materia contrattuale, sia sui limiti in cui è ammessa la sospensione totale o parziale del pagamento del canone da parte del conduttore. 6. La condanna ai sensi dell' art. 96, comma 3, c.p.c. La presenza di colpa grave, in base alle ragioni indicate al paragrafo precedente, nella resistenza di parte intimata alle domande proposte dall' intimante va sanzionata ai sensi dell' art. 96, comma 3, c.p.c.. La condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, ai sensi del terzo comma dell' art. 96 cod. proc. civ., aggiunto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 (inserito dall' art. 45, comma 12, della legge 18 giugno 2009, n. 69 ed applicabile a tutte le controversie iniziate, in primo grado, successivamente all' entrata in vigore di tale normativa), presuppone l' accertamento della mala fede o colpa grave della parte soccombente, non solo perché la relativa previsione è inserita nella disciplina della responsabilità aggravata, ma anche perché agire in giudizio per far valere una pretesa che si rivela infondata non è condotta di per sé rimproverabile (Cass. civ., Sez. VI, 30 novembre 2012, n 21570). Secondo la tesi maggiormente seguita dalla giurisprudenza di merito, che questo giudice condivide, la pronuncia ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., presuppone il requisito della mala fede o della colpa grave, ossia la rimproverabilità della condotta del soccombente (come nel caso di cui al primo comma dell' art. 96 cod. proc. civ.), ma non la prova specifica del pregiudizio sofferto dalla parte a causa della lite temeraria subita, trattandosi di una condanna che può essere emessa dal Giudice anche d' ufficio, sulla base degli elementi emersi all' esito del giudizio. L' istituto in esame possiede natura mista sanzionatoria e risarcitoria. La liquidazione va effettuata in via equitativa dal giudice prendendo in considerazione la gravità della colpa ed i presumibili pregiudizi arrecati alla controparte in ragione della natura, dell' oggetto della causa e della durata del processo, sia in termini di pregiudizio patrimoniale che non patrimoniale (cfr., in tal senso, Tribunale di Busto Arsizio, 12 giugno 2012; Tribunale di Modena, I sez. civ., 16 maggio 2012, n. 816). Quindi, ai fini di tale liquidazione, la determinazione giudiziale deve solo osservare il criterio equitativo e ben può essere calibrata anche sull' importo delle spese processuali o su di un loro multiplo, con l' unico limite della ragionevolezza (Cass. civ., Sez. VI, 30 novembre 2012, n 21570). Del resto, la stessa Corte Costituzionale intervenuta sul punto (con la sentenza n. 152/2016) ha condiviso l' orientamento di legittimità secondo il quale la previsione di cui all' art. 96, comma 3, c.p.c. ha natura non risarcitoria "e, più propriamente, sanzionatoria, con finalità deflattive" alla luce della lettera di questa disposizione e della ragionevolezza della soluzione scelta dal legislatore. Valutando questi elementi nel caso di specie, la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. può essere quantificata nella misura di 1/3 di quella espressa ai sensi dell' art. 91 c.p.c.. 7. Condanna dell' intimato al versamento all' entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio a causa della sua mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione. L' art. 8, comma 4-bis del D. Lgs. 28/2010 prevede "... Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall' art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all' entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio". La presente controversia rientra certamente tra quelle assoggettate all' obbligo di esperimento del procedimento di mediazione, riguardando la materia locatizia. Dalla lettura del verbale di mediazione emerge poi che il T.XXXXXX non ha partecipato al procedimento di mediazione e nessun giustificato motivo è stato fornito da tale parte della sua mancata partecipazione. Pertanto, R.XXXX T.XXXXXX va condannato al versamento all' entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Avellino - Prima Sezione Civile - in composizione monocratica, definitivamente pronunziando sulla controversia civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
A . ACCOGLIE la domanda proposta e PRONUNCIA la risoluzione del contratto di locazione stipulato in San Michele di Serino (AV) in data 4.3.2016 (e registrato in data 7.3.2016 presso l' AGENZIA delle Entrate - D.P. di Avellino - U.T. di Avellino al n. - serie 3T), intercorrente tra l' intimante P.XX L.XXX C.XXX A.XXXXX P.XXXXXXXXX, quale locatore, e parte intimata R.XXXX T.XXXXXX, quale conduttore, relativamente all' immobile sito in San Michele di Serino (AV) alla Via C.XXX n. 25 (in Catasto al foglio 6, particella…), per grave inadempimento del suddetto conduttore;
B. CONFERMA l' ordinanza di rilascio pronunziata dallo scrivente all' udienza del 21.5.2018 in relazione all' immobile indicato al Capo A della presente sentenza;
C. CONDANNA parte intimata R.XX T.XXXXXX al pagamento in favore dell' intimante P.XX L.XXX C.XX A.XX P.XX della somma di 3.243, 22;
D. CONDANNA parte intimata R.XX T.XXX al pagamento in favore dell' intimante P.XX L.XXX C.XXX A.XX P. delle spese di giudizio che si liquidano in 148, 35 per esborsi vivi ed in 1.500, 00 per compensi professionali forensi (ivi compresi quelli relativi all' attività svolta dal difensore in sede di mediazione), oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute, nelle misure di legge oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso, con distrazione in favore dell' avv. F.XX V.XXXXXXX per dichiarato anticipo;
E . REVOCA l' ammissione di R.XXX T.XXXXXX al patrocinio a spese dello Stato deliberata in via provvisoria dal Consiglio dell' Ordine degli Avvocati di Avellino in data 9.5.2018;
F. CONDANNA R.XXX T.XXX ai sensi dell' art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento in favore dell' intimante della somma di 500, 00;
G. CONDANNA ai sensi dell' art. 8, comma 4-bis del D. Lgs. 28/2010 R.XX T.XX al versamento all' entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio;
H. MANDA alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Avellino all' udienza del giorno 22 gennaio 2019. Il Giudice dott. Marcello Polimeno