1. Principi giuridici.
L'art. 8 del D. Lgs. 28/2010 – così come riformato – statuisce che: “Le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale”.
La Riforma Cartabia, quindi, ha sancito come obbligatoria la comparizione personale delle parti assistite dal difensore nel procedimento di mediazione, prevedendo, tuttavia, la possibilità per le stesse di delegare un altro soggetto a rappresentarle, anche se solo in presenza di giustificati motivi. Non entro nel merito del potere/dovere del mediatore d'indagare sull'effettiva presenza di questi motivi, limitandomi a dire che ritengo che il compito di accertarne l'esistenza sarà eventualmente del giudice e, quindi, che il mediatore potrà limitarsi a riportare la dichiarazione della parte sul punto, senza dover chiedere la deposizione di documenti a conferma.
Si è a lungo discusso e dibattuto su quale dovesse essere la forma di questa “delega” e molte sono state le pronunce in materia, anche tra loro contrastanti, fintanto che il D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 contenente disposizioni integrative e correttive al Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, pubblicato sulla G.U. n. 264 dell’11 novembre 2024, ha introdotto il comma 4-bis che statuisce che “La delega per la partecipazione all’incontro ai sensi del comma 4 è conferita con atto sottoscritto con firma non autenticata e contiene gli estremi del documento di identità del delegante. Nei casi di cui all’articolo 11, comma 7, il delegante può conferire la delega con firma autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Il delegato a partecipare all’incontro di mediazione cura la presentazione e la consegna della delega conferita in conformità al presente comma, unitamente a copia non autenticata del proprio documento di identità, per la loro acquisizione agli atti della procedura”.
Chiarendo e risolvendo, quindi, una volta per tutti i contrasti giurisprudenziali il D. Lgs. 164/24 ha confermato quello che si era comunque imposto come orientamento maggioritario ovvero che la procura non necessita dell'autentica di firma a meno che il procuratore non debba compiere uno degli atti di cui all'art. 2643 c.c.
2. Chi può essere Procuratore sostanziale e cosa comporta esserlo.
Devo dire che la mia modesta esperienza mi porta a dire che, a seguito delle modifiche apportate dalla riforma Cartabia, vi è stato sicuramente un aumento della presenza personale delle parti agli incontri, ma ci sono ancora molti casi in cui – per le ragioni più svariate (e non sempre dovute alla presenza di giustificati motivi come meglio chiarirò oltre) – una od entrambe le parti rilasciano procura sostanziale al loro avvocato o ad un soggetto terzo.
Non ci sono dubbi sul fatto che procuratore sostanziale può essere tanto l'avvocato quanto un soggetto terzo (ad esempio un parente, come spesso accade quando una delle parti è una persona anziana o malata) e che la procura deve avere ad oggetto la partecipazione alla mediazione e il potere di disporre dei diritti sostanziali di cui si controverte.
Io sono del parere che la presenza delle parti è sempre preferibile, anche se alcune volte ci si trova a dover gestire vecchie ed annose questioni familiari, altre offese ed urla, ma in tutta onestà devo dire che, nella mia esperienza, in alcuni casi la presenza del procuratore è stata utile per consentire una definizione più rapida, pratica e positiva della vicenda.
La scelta di non comparire personalmente e delegare un procuratore di solito viene fatta a fronte:
- della convinzione dell’infondatezza delle pretese di controparte e, quindi, con l'intenzione di addivenire ad un verbale di mancato accordo e ciò in totale spregio dei principi in materia di mediazione, che richiede la presenza delle parti proprio per consentire un concreto ed effettivo esperimento della stessa. L'avvocato dovrebbe spiegare al proprio cliente l'importanza in ogni caso di presenziare alla procedura e che, a priori, non si può sapere se la questione sia o meno risolvibile... ma spesso questo non accade, purtroppo perché ancora molti non credono nelle potenzialità della mediazione;
- quando ci sono dei concreti e reali problemi a che la parte presenzi di persona, ma c'è comunque la volontà e l'intenzione di capire se la questione può essere risolta. Quando parlo di concreti problemi non mi riferisco solo ad impossibilità fisiche alla presenza; in alcuni casi mi è capitato che la parte non fosse presente perché non poteva tollerare neppure la vista dell'altra parte: in due occasioni mi è successo che dovendosi chiudere la mediazione con l'intervento del notaio e non volendo il delegante spendere ulteriori soldi per conferire la procura notarile al proprio delegato, abbiamo dovuto far accomodare le parti in stanze diverse ed il notaio ed io abbiamo fatto avanti ed indietro tra le stanze per la lettura degli atti e la raccolta delle firme.
Quando ci sono situazioni delicate o d'animosità la presenza di un procuratore può anche essere un vantaggio: se il soggetto delegato è meno coinvolto emotivamente si creano più difficilmente situazioni di tensione e diventa più facile confrontarsi senza che le parti si urlino contro, si offendano o facciano riferimento ad eventi della loro vita passata che possono portarli ad essere meno lucidi ed obiettivi, facendoli rifiutare per le c.d. “questioni di principio” soluzioni vantaggiose e facendo si che l'aspetto emotivo prevalga su quello razionale.
Ritengo, però, che in alcuni casi l'importanza e delicatezza dell'incarico di “procuratore sostanziale” venga sottovalutata, anche dai colleghi, nel senso che la parte che assume l'incarico lo dovrebbe fare con la consapevolezza che deve avere una completa, compiuta ed esaustiva conoscenza di tutta quanto attiene all'oggetto della mediazione e, di conseguenza, un assoluto potere decisionale rispetto alla questione controversa.
Molto spesso, invece, capita che nel corso degli incontri vengano illustrate o prospettate ipotesi rispetto alle quali il procuratore dichiara di non essere in grado di prendere posizione e chiede un rinvio per potersi confrontare con il cliente o con un proprio superiore; ciò accede, ad es., quando le mediazioni coinvolgono banche od assicurazioni e vengono illustrate ipotesi o soluzioni diverse da quelle preventivate/ipotizzate/deliberate dalla banca o dall'assicurazione: di fatto spesso il procuratore sostanziale non ha potere decisionale neppure se è un soggetto interno oppure quando la delega viene conferita all'avvocato che, soprattutto se si tratta di questioni collegate a successioni o divisioni, non ha una conoscenza completa degli antefatti o delle varie vicende familiari.
Ogni volta che mi trovo in queste situazioni confesso che sono sempre pervasa da una sensazione di fastidio: se il soggetto che partecipa alla mediazione è un vero ed effettivo procuratore dovrebbe (ed il condizionale è d'obbligo) poter decidere e definire da solo ed in autonomia a tutte le questioni che hanno attinenza con quella di cui si discute, se non ha questo potere allora non vi è procura e, questo, in linea teorica, si riflette anche sulla presenza delle parti e sulle conseguenze della loro assenza (art. 12bis D.Lgs. 28/2010).
In certi casi si sa che non è un solo soggetto che ha il potere decisionale, ma l'accettazione o meno di una proposta va deliberata da organismi collettivi e, quindi, è impossibile che si possa raggiungere subito l'accordo; in altri, invece, il mancato raggiungimento dell'accordo dipende dal fatto che il procuratore sostanziale in verità non è tale: non conosce così bene i fatti e/o non può prendere decisioni.
3. Subdelega
Di recente confrontandoci su un caso con una collega mediatrice ci si è posta la domanda se il delegato possa delegare a sua volta un altro soggetto.
In linea generale credo che un soggetto munito di procura sostanziale possa delegare un altro soggetto solo in presenza di determinati presupposti.
La procura sostanziale è un atto con il quale il rappresentato attribuisce a un rappresentante il potere di compiere atti giuridici in suo nome e per suo conto e, quindi, per consentire la subdelega è necessario che:
• l’atto di procura lo preveda esplicitamente, autorizzando il rappresentante a delegare a terzi i suoi poteri e
• non sia vietato dalla legge o dall’accordo tra le parti.
Se la procura, infatti, non contiene alcuna indicazione esplicita in merito alla delega, ritengo che la possibilità di delegare potrebbe essere contestabile e, di conseguenza, la subdelega potrebbe essere considerata invalida. Per evitare contestazioni è, quindi, consigliabile redigere procure che specifichino chiaramente i poteri e i limiti di eventuali subdeleghe.
Ovviamente a questi necessari presupposti giuridici va aggiunto che il delegato che delega a sua volta altro soggetto dovrà renderlo edotto di tutte le circostanze, i fatti, gli antefatti e le ipotesi valutate con la parte in modo da metterlo nella condizione di essere un vero “procuratore sostanziale” e non solo un “passaparola”!
4. Conclusioni
La mediazione è e resta un procedimento pensato per le parti, non per gli avvocati o per delegati, e la loro assenza (anche se ogni tanto ci evita di dover assistere a litigi anche animosi) spesso compromette la possibilità di un dialogo costruttivo e proficuo.
Premesso che le tensioni tra le parti posso essere gestite tenendole in stanze separate e che a volte lo “sfogo” è un'ottima base di partenza per la mediazione, ritengo che il loro coinvolgimento resti sempre e comunque la miglior scelta.
L'informalità della procedura di mediazione a volta porta le parti ad esaminare o valutare questioni anche diverse od a considerare soluzioni che inizialmente non avrebbero accettato o non avevano ipotizzato o considerato. Quindi solo se ci sono le parti personalmente il lavoro del mediatore può essere fatto a 360 gradi, essendo difficile che il delegato abbia una conoscenza tale dalle cose da poter fare altrettanto. Non solo, si può anche rischiare che il delegato non ritenga necessario confrontarsi con il delegante su ipotesi di soluzioni inizialmente non considerate, proprio perché non essendo state ipotizzate le esclude a priori, e questo impedisce il corretto e completo svolgimento della mediazione.
Mediatore Avv. Micaela Sedea
Avvocato civilista da oltre 20 anni, mi occupo prevalentemente di diritto di famiglia, successioni, divisioni e condominio. Sono paziente, meticolosa e attenta nel mio lavoro. Dedico tempo ed attenzione a tutti gli aspetti di ogni procedura, anche a quelli in apparenza meno significativi. Credo che la mediazione permetta alle parti di avere maggior spazio e considerazione rispetto a quella che hanno in causa.