- Introduzione
Ogni buon Mediatore sa infatti che, onde evitare di annoiare le parti e gli Avvocati che partecipano al primo incontro, deve cercare di concentrare in quei pochi minuti che ha a disposizione, tutte le informazioni che ritiene essenziali, affinché le parti siano consapevoli del percorso che hanno la possibilità di intraprendere e decidano di farlo. Il monologo rappresenta quindi non solo il primo impatto che le parti hanno con la procedura, ma anche il biglietto da visita con cui il Mediatore si gioca fin da subito la fiducia delle persone che lo ascoltano, facendo leva sugli aspetti che considera più significativi del procedimento e, tra questi, vi è senza ombra di dubbio l’informalità. Ma che cosa si intende con questo termine?
Quando parlo di informalità, personalmente, sono solita fare riferimento ad un percorso più flessibile e meno rigido rispetto al tradizionale processo giudiziario. Questo significa che le parti coinvolte hanno la libertà di gestire il procedimento senza dover rispettare rigidamente norme processuali o codici di procedura, il che consente di adattare il percorso alle esigenze specifiche del caso e alle caratteristiche delle persone.
- La natura informale della mediazione
Ma l’informalità pervade tutto il procedimento, in diversi suoi aspetti, anche nel linguaggio che è semplice. Il dialogo tra le parti è diretto e chiaro, e, evitando l'uso di linguaggio legale complesso, si facilita una comprensione immediata delle posizioni reciproche.
La gestione dei tempi è flessibile. Non ci sono scadenze formali da rispettare. Le sessioni di mediazione si svolgono secondo le disponibilità e le esigenze delle parti, con tempi più brevi rispetto a quelli dei Tribunali.
L’informalità viene quindi considerata uno dei pregi della mediazione poiché semplifica il procedimento. Tuttavia, essa presenta anche alcune sfide, nel senso che necessita di una partecipazione attiva e responsabile delle parti. La mediazione richiede infatti la volontà dei partecipanti di cooperare e di partecipare attivamente al procedimento. Quando questa volontà è presente, l’informalità offre una serie di vantaggi concreti, tra cui la riduzione dello stress e della tensione. Le persone coinvolte si sentono generalmente più a loro agio in un ambiente informale, dove possono esprimersi liberamente senza la pressione del giudizio. Questo abbassa il livello di conflittualità e facilita il dialogo costruttivo.
Inoltre, poiché il procedimento non è imposto dall'esterno, le parti hanno un ruolo attivo nella risoluzione della controversia e questo aumenta la probabilità che la soluzione raggiunta sia accettata e rispettata da entrambe.
Infine, l'informalità consente di esplorare soluzioni più creative e flessibili rispetto a quelle offerte da una sentenza giudiziaria. Le parti possono trovare accordi che riflettono meglio le loro esigenze e interessi, anche al di fuori dei confini legali.
Ciò nonostante, chi ha la fortuna di fare questo lavoro, sa che ogni Mediatore si imbatte molto spesso in persone che, a causa di dissidi che talvolta durano da anni, non sono disposte a collaborare. In questi casi, l’informalità e la mancanza di rigide regole può essere fonte di stress e generare una sensazione di apprensione, di disordine, di confusione e, conseguentemente di paura nell’esporsi all’altro. Ciò accade soprattutto nei casi in cui ci sia uno squilibrio di potere tra le parti, dovuto al fatto che una di esse ha maggiore esperienza o risorse.
- La necessità del genere umano di essere guidato da regole.
Gli esseri umani sono creature sociali per natura. Vivere in comunità ha portato, fin dall’antichità, alla necessità di stabilire regole per evitare il caos e per regolare i rapporti tra gli individui. Quando l’uomo da cacciatore-raccoglitore è passato a una vita sedentaria con l’agricoltura, il bisogno di strutture regolatorie è diventato ancora più urgente. La convivenza di gruppi più numerosi in spazi limitati e l’accumulo di risorse richiedevano un sistema per risolvere i conflitti e per distribuire equamente i beni.
Le prime leggi scritte, come il Codice di Hammurabi nella Mesopotamia antica o il Decalogo Biblico, testimoniano che le società umane hanno sempre cercato di prevenire il conflitto attraverso norme chiare e universalmente riconosciute. Queste leggi non servivano solo a punire chi trasgrediva, ma anche a stabilire le aspettative di comportamento, creando così un senso di sicurezza e prevedibilità all’interno della comunità.
Senza leggi, il rischio di anarchia e caos sarebbe sempre dietro l'angolo. L’essere umano, pur essendo dotato di un forte senso morale, è infatti anche spinto da impulsi egoistici che possono portare a conflitti di interesse. Le leggi fungono da argine a questi impulsi, stabilendo limiti chiari su ciò che è accettabile e ciò che non lo è. Questo permette di proteggere i diritti di ciascun individuo e di garantire un equilibrio tra le diverse esigenze e desideri della comunità.
Un altro aspetto fondamentale del bisogno umano di leggi è la loro funzione di garanzia della giustizia e dell’equità. Senza un sistema legale, chi detiene più potere, risorse o influenza potrebbe prevalere sugli altri, rendendo difficile una convivenza pacifica e giusta. Le leggi stabiliscono meccanismi per proteggere i deboli, limitare gli abusi di potere e garantire che tutti siano soggetti alle stesse regole.
La legge, infatti, è spesso considerata uno strumento per l’uguaglianza. Nei suoi principi, essa non discrimina in base al ceto sociale, al genere, alla religione o all’etnia. Idealmente, tutti devono essere trattati in maniera equa di fronte alla legge. Sebbene nella pratica esistano ingiustizie e disuguaglianze, l’obiettivo di un sistema legale ben strutturato è quello di correggere tali deviazioni, agendo come un baluardo contro l’arbitrio.
Ecco perché, nell’ambito del procedimento di mediazione la parola informalità, intesa come mancanza di regole, può generare stress e tensione. La parte più debole può sentirsi non tutelata rispetto alla parte più forte.
- Come conciliare l’informalità con la necessità del genere umano di essere regolato da leggi.
Il grande Mediatore e formatore, Gary Friedman, nel libro scritto con Jack Himmelstein, “La mediazione attraverso la comprensione”, evidenzia, infatti, come il primo passo che le parti coinvolte in un procedimento di mediazione devono compiere, è quello di concordare il modo in cui procedere ed è compito del Mediatore garantire che tutte abbiano voce in capitolo a tal fine.
Le “regole di base”, che stabiliscono le modalità con cui le parti lavoreranno per cercare di risolvere il proprio conflitto, possono riguardare diversi aspetti del procedimento: chi vi possa partecipare, se sia necessaria la nomina di un esperto e con quali criteri individuarlo, quali argomenti trattare per primi se il conflitto coinvolge diverse problematiche. La determinazione di tali regole viene definita, da Friedman e da Himmelstein, il “procedere tramite accordo” ed è fondamentale non soltanto perché conduce alla definizione di quei principi che tutelano entrambe le parti ma, soprattutto, perché rappresenta un primo passo verso una partecipazione attiva delle medesime alla procedura.
Nella mia ancor breve esperienza di Mediatrice, ho constatato che, quando le parti si accordano sul modus procedendi, si rilassano, la tensione si abbassa e si sentono più serene. Ma non solo, intravedo in questi casi una sorta di orgoglio per il primo risultato raggiunto, che conferisce sicurezza in merito alle proprie capacità di risolvere il conflitto e fa sperare nel buon esito della mediazione. Le persone si rendono conto che hanno conseguito un primo traguardo, che sono riuscite finalmente a comunicare e a trovare un primo punto di accordo e che, proseguendo nel percorso intrapreso, potranno trovarne altri, anche su punti più importanti.
Ed ecco allora che anche gli Avvocati cominciano ad abbassare la guardia e a non sentirsi più in obbligo di doversi trincerare sulle proprie posizioni in difesa del Cliente, l’atteggiamento avversariale si evolve in un atteggiamento collaborativo. I legali decidono di sentirsi tra un incontro e quello successivo per lavorare insieme, in conformità alle regole stabilite dalle parti che assistono e che essi stessi hanno magari contribuito a definire.
Tutto questo aumenta la fiducia delle parti in se stesse e nel procedimento di mediazione, che diventa davvero effettivo e porta, nella maggioranza dei casi, ad instaurare una nuova forma di comunicazione, anche quando essa è stata assente per anni. Una comunicazione che diventa sempre più fluida e proficua e che, anche se a volte necessita di essere ancora facilitata dal Mediatore, trascina le parti verso l’accordo che porrà la parola fine al loro conflitto.
- Conclusioni
Sebbene presenti molte sfide, con l’aiuto di un buon Mediatore, che sia in grado di dare voce a tutte le parti, anche a quelle più deboli che diversamente non avrebbero la forza di esporsi, l’informalità rappresenta uno strumento che permette di creare comunicazione e di responsabilizzare i partecipanti affinché si sentano e siano effettivamente attivi nella ricerca della soluzione del conflitto.