Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO
Tribunale delle Imprese Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott. Gabriella RATTI Presidente
Dott. Maria Luciana Dughetti Giudice Relatore Giudice
Dott. Edoardo Di Capua
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 27280/2019 promossa da:
K.XXXX S.P.A. - Attore
contro
S.XXXXXX S.P.A. - Convenuto
Nei confronti di: B.XXX S.P.A. – Intervenuta
CONCLUSIONI
Per parte attrice "Voglia l'Ecc.mo Tribunale di Torino, Sezione Specializzata in Impresa, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: accertare e dichiarare la nullità o l'annullamento e comunque l'inefficacia della deliberazione del Consiglio di Amministrazione di S.XXXXXX S.p.a. del 16 luglio 2019; accertare e dichiarare il mancato esercizio, ovvero la decadenza e/o la rinunzia di S.XXXXXX S.p.a., dei suoi organi sociali e dei suoi soci, al diritto di cui all'art. 7 dello Statuto della medesima società; accertare e dichiarare l'avveramento della condizione sospensiva e la piena efficacia del contratto di cessione delle azioni tra K.XXXX S.p.a. e B.XXX S.p.a. del 23 luglio 2019, ai rogiti Notaio F.XXXXXX C.XXXXXXX, rep. 5.541, registrato presso l'AGENZIA delle Entrate il 25 luglio 2019 al n.18.718 S1T; ordinare a S.XXXXXX S.p.a. di iscrivere B.XXX S.p.a. nel proprio libro soci e di assolvere alle formalità pubblicitarie presso il competente Registro delle Imprese; determinare l'importo dovuto da S.XXXXXX S.p.a. in caso di ritardo nell'esecuzione della sentenza, ai sensi del 614-bis c.p.c.; condannare S.XXXXXX S.p.a. al pagamento in favore di K.XXXX S.p.a. di € 110.000,00, ovvero di quella maggiore o minore somma che risulterà all'esito della espletanda istruttoria o che sarà ritenuta di giustizia, anche in via equitativa, a titolo di risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, inclusa la responsabilità processuale aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c.; il tutto maggiorato da rivalutazione ed interessi legali. Con vittoria di spese ed onorari di causa, oltre accessori di legge".
Per la parte convenuta "Reietta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione. Dichiararsi inammissibili le domande attoree ed, in subordine, respingerle siccome infondate in fatto e diritto, per le causali di cui agli scritti difensivi di parte convenuta. Con il favore delle spese, oltre I.V.A. e C.XXX e rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% del compenso totale ai sensi degli artt. 2 D.M. 10.03.14 n. 55 - pubblicato sulla G.U. il 02.04.14 -e 13 L. 31.12.12 n. 247".
Per la parte intervenuta "Voglia l'Ecc.mo Tribunale di Torino, Sezione Specializzata in Impresa, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: in via preliminare, ammettere l'intervento di B.XXX S.p.a. ai sensi dell'art. 105, secondo comma, c.p.c.; nel merito, accogliere le conclusioni formulate da K.XXXX S.p.a. nella propria memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1) c.p.c., da intendersi qui come integralmente trascritte e fatte proprie. Con vittoria di spese ed onorari di causa, oltre accessori di legge".
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. K. xxxx Spa conveniva in giudizio S. XXXXXX Spa, di cui era socia per n. 635 azioni ordinarie che rappresentavano il 5,29% del capitale sociale. Esponeva che nell'ambito di una riorganizzazione del gruppo imprenditoriale a cui apparteneva, facente capo alla società controllante B.XXX Spa, la propria partecipazione in S.XXXXXX avrebbe dovuto essere trasferita a B.XXX, che già deteneva il 66,308% del capitale sociale dell'attrice.
L'intendimento perseguito veniva comunicato in data 26.6.2019 a S.XXXXXX, nel rispetto dell'art. 7 dello Statuto della convenuta, che prevedeva: "Le azioni sono cedibili solo con il consenso scritto del Consiglio di Amministrazione, al solo scopo di consentire che quest'ultimo, a parità di prezzo e di condizioni, possa sostituire alla persona del compratore indicata da socio che intende cedere le azioni, altre persone od enti da esso Consiglio designati, soci o non della società...”.
In data 1.7.2019 la K.XXXX ufficializzava la propria volontà di cedere le azioni, ma per mero errore materiale, nell'indicare il prezzo, anziché l'importo corretto di € 107.441,00 veniva comunicata il diverso importo di € 7.441,00.
Il CdA di S.XXXXXX, giovandosi dell'errore in cui era incorsa l'attrice, il successivo 17 luglio comunicava a K.XXXX : "il Consiglio di Amministrazione si è riunito nella giornata di ieri ed ha deliberato, a termini dell'art. 7 del vigente statuto sociale, di sostituire a parità di prezzo e condizioni, il compratore da Voi indicato nella società B.XXX S. P. A. con la società S.XXXXXX - S.XXXXX XXXXXXXX per la fabbricazione di filati speciali S.p.a. A tale scopo il Consiglio ha deliberato altresì di convocare l'assemblea degli Azionisti per la richiesta di autorizzazione all'acquisto di azioni proprie a termini dell'art. 2357 del Codice Civile", che in pari data veniva convocata.
Avvedutasi dell'errore, il giorno successivo (18.7.2019) K.XXXX rappresentava alla convenuta l'errore commesso e quindi il successivo 23 luglio S.XXXXXX revocava la convocazione dell'assemblea dei soci; in pari data K.XXXX dava corso alla cessione delle azioni in favore di B.XXX per l'importo di € 107.441,00, cessione sospensivamente condizionata al mancato esercizio del diritto di prelazione di cui al citato art. 7 dello Statuto, che K.XXXX si impegnava a rispettare ponendo in essere gli adempimenti necessari.
Ed infatti il 29.7.2019 rimetteva copia del contratto di cessione alla convenuta, con termine di gg. 30 affinché si esprimesse, invito a cui peraltro S.XXXXXX replicava dichiarando l'inopponibilità della cessione trasmessa, giusto art. 7 dello Statuto, rappresentando ancora che tra le parti, il 17.7.2019, si era già perfezionato un contratto di cessione delle 635 azioni al complessivo prezzo di € 7.441,00; poiché l'accordo si era concluso e non poteva essere più modificabile, l'attrice con la successiva cessione aveva alienato beni non più suoi e quindi era tenuta a procurare a S.XXXXXX l'acquisto delle azioni.
In risposta a tale missiva l'attrice contestava che tra le parti fosse insorto un valido vincolo negoziale, neppure con effetti obbligatori; se da un lato K.XXXX non aveva manifestato alcuna volontà dismissiva, dall'altro la comunicazione del 17.7.2019 della convenuta non era giuridicamente idonea a produrre gli asseriti effetti poiché il C.X non poteva disporre nulla circa l'acquisto della società di proprie, non essendo stato autorizzato dall'assemblea dei soci.
In data 17.9.2019 veniva convocata l'assemblea dei soci di S.xxxxx che quindi deliberava: "di approvare l'operazione di acquisto di azioni proprie della società, nel limite massimo di numero 700 (settecento) azioni, ad un corrispettivo non inferiore ad Euro 10 per azione e non superiore ad € 40 per azione; di concedere la suddetta autorizzazione per la durata di diciotto mesi decorrenti dalla data della presente delibera; di stabilire che venga costituita, contestualmente all'acquisizione delle azioni proprie e mantenuta per tutto il tempo in cui le stesse resteranno iscritte a bilancio, apposita riserva indisponibile; di attribuire tutti i poteri necessari, nessuno escluso, per il perfezionamento dell'acquisto delle azioni proprie nei termini ivi deliberati all'amministratore delegato Sig.ra C.XXXX B.XXXXXXXX, con promessa fin d'ora di rato et valido del suo operato."
L'Assemblea degli azionisti non aveva quindi ratificato l'operato del C.X, limitandosi ad autorizzare l'acquisto di azioni proprie, ma per il futuro.
Rimossa nei fatti la deliberazione del C.X del 16.7.2019, si era peraltro venuta a determinare una situazione di incertezza, poiché da un lato il contratto di cessione tra K.XXXX e B.XXX continuava a rimanere valido, ma non efficace in ragione della condizione sospensiva, dall'altro il C.X della convenuta non dava seguito agli adempimenti statutari, il tutto aggravato dalla circostanza che l'art. 7 non prevedeva nessun termine entro cui esercitare la prelazione ivi prevista.
Veniva altresì tentata senza esito la mediazione, a cui la convenuta non partecipava.
In punto di diritto osservava che la deliberazione del C.X del 16.7.2019 era invalida poiché in materia di acquisto di azioni proprie, difettava in capo agli amministratori il relativo potere, rimesso ex lege in capo all'assemblea dei soci (art. 2357 c.c.), funzione non derogata dallo Statuto della società laddove disponeva (art. 2) "Al Consiglio... essendo deferito tutto ciò che la Legge... non sia inderogabilmente riservato all'Assemblea"; infatti la successiva assemblea dei soci del 17 settembre, a seguito dei rilievi di K.XXXX, non ratificava l'operato del Consiglio di Amministrazione, autorizzandolo solo pro futuro ad acquistare le proprie azioni.
La deliberazione del C.X, non ratificata, era quindi da ritenersi invalida per violazione del riparto di competenze tra gli amministratori e l'assemblea dei soci.
Sotto altro profilo osservava ancora, con stretto riguardo al tenore dell'art. 7 dello Statuto, che la prelazione era da ritenersi operativa rispetto ad una vendita irretrattabile nei suoi elementi essenziali; il disposto di cui all'art. 7 era quindi applicabile solo con riguardo al contratto di cessione intercorso tra K.XXXX e B.XXX del 23.7.2019, rispetto a cui l'assemblea dei soci non aveva espresso alcuna posizione.
La disposizione di cui alla predetta clausola dello Statuto non prevedeva poi nessun termine entro cui esercitare la prelazione, circostanza che quindi determinava un perdurante stato di incertezza, fonte di un pregiudizio patrimoniale per l'attrice.
Infine, il consenso di cui all'art. 7 non poteva essere considerato alla stregua di un "mero gradimento", inefficace ex art. 2355 bis co. 2 c.c.; se così interpretato, il consenso si sarebbe risolto in una decisione del tutto discrezionale dell'organo amministrativo, che non incontrava limiti. Essendo titolare del 5,29% del capitale sociale, l'attrice ai sensi del combinato disposto degli artt. 2388, 2377 e 2378 c.c. provvedeva quindi ad impugnare la deliberazione del C.X del 16.7.2019, nel termine di 90 gg. decorrenti dal 17.7.2019, interrotto con l'avvio della mediazione.
2. In data 3.2.2020 si costituiva la società convenuta contestando domande e difese.
In via preliminare eccepiva la tardività dell'azione promossa, atteso che la mediazione non obbligatoria non era idonea a sospendere la decorrenza del Termine di 90 gg. di cui all'art. 2388 c.c..
Osservava nel merito, ed avuto riguardo al tenore dell'atto di cessione "Le parti dichiarano di essere state ampiamente edotte dei vincoli previsti dal vigente statuto di S.XXXXXX SPA per la cessione di quote ed a tal fine dichiarano - di non avere avuto modo di attivare i meccanismi di cui all'articolo 7 del vigente statuto sociale, ma di avere richiesto il Notaio autenticante di ricevere comunque il presente atto ai sensi dell'art. 27 della legge notarile, stante l'urgenza di porre in essere la presente operazione; - di impegnarsi a porre in essere tali adempimenti nel più breve tempo possibile; - di voler condizionare sospensivamente la presente cessione al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte degli altri soci di S.XXXXXX SPA....", che per espressa ammissione delle parti, il contenuto dell'art. 7 non era stato rispettato. Non era poi ipotizzabile che nel caso di specie vi fosse stata una mera reintestazione formale di azioni, poiché al contrario era evidente la volontà dismissiva tra due soggetti distinti.
Nel merito rappresentava la nullità del contratto di cessione delle quote poiché sospensivamente condizionato ad una condizione impossibile; invero lo Statuto non conteneva alcuna disposizione che disciplinasse il diritto di prelazione dei soci e l'art. 7 in discussione riservava al Consiglio di Amministrazione di S.XXXXXX "un diritto di gradimento", da ritenersi compatibile con la previsione di cui all'art. 2355 bis co. 2 c.c., laddove prevede a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto o il diritto di recesso dell'alienante.
Ulteriore anomalia del contratto di cessione, riguardava la previsione relativa al tempo del pagamento del corrispettivo, che era stato versato prima della stipula della cessione e quindi prima dell'avveramento della condizione sospensiva. Il comportamento della K.XXXX appariva anomalo anche con riguardo al prezzo della cessione, poichè nella comunicazione tale elemento (€. 7.441,00) era indicato non solo in numerario, ma anche in lettere e quindi appariva assai singolare che si fosse verificato un mero errore di trascrizione.
La cessione era inopponibile anche con riguardo alla natura delle clausole che limitano la libera trasferibilità delle azioni o quote, previsioni con efficacia reale e quindi opponibili anche alla parte acquirente, in ragione della pubblicazione dello Statuto.
Con riguardo all'acquisto di azioni proprie, parte convenuta richiamava il contenuto dell'art. 21 dello Statuto, laddove riservava al Consiglio di Amministrazione "...le più ampie facoltà per tutti gli atti di amministrazione ordinaria e straordinaria della Società, essendo ad esso deferito tutto ciò che dalla Legge e dal presene Statuto non sia inderogabilmente riservato all'Assemblea..", attribuendo allo stesso la "…facoltà di procedere ad acquisti, permute, alienazioni mobiliari ed immobiliari..", nonché il contenuto dell'art. 2357 co. 2 c.c., laddove subordina l'acquisto delle azioni proprie all'autorizzazione dell'assemblea; la ratio della delibera assunta dall'Assemblea degli azionisti era quella di rimuovere il limite previsto all'esercizio della facoltà da parte degli amministratori e l'acquisto di azioni era da ritenersi un atto di gestione proprio degli stessi.
Nel caso di specie non vi era stato alcuna violazione circa il riparto di competenze tra l'assemblea dei soci e il C.X, ma al contrario un perfetto coordinamento tra tali organi in conformità di quanto previsto dagli artt. 7 e 21 dello Statuto, in connessione con l'art. 2357 c.c..
Non rispondeva poi al vero che l'Assemblea dei soci non avessero ratificato l'operato del CdA; il verbale dell'assemblea dimostrava proprio il contrario e la ratifica era avvenuta con la concessione di autorizzazione ex art. 2357 c.c..
Osservava infine che la comunicazione di K.XXXX del 1.7.2019 conteneva già tutti gli elementi essenziali del contratto alla cui conclusione era diretta e quindi assumeva il valore di proposta, che S.XXXXXX accettava; nel caso di specie vi era coincidenza tra il soggetto deputato ad esprimere il gradimento e quello deputato ad acquistare le azioni, e il relativo trasferimento era già perfetto nel momento in cui non tale coincidenza si era manifestata, senza alcun residuo potere successivo da parte di K.XXXX di modificare il contenuto della proposta.
3. In data 2.12.2019 si costituiva in giudizio anche B.XXX Spa con comparsa di intervento adesivo. Confermava la conclusione del contratto di cessione delle azioni del 23.7.2019 definito con K.XXXX al prezzo di € 107.441,00, cessione sospensivamente condizionata al mancato esercizio della prelazione secondo la previsione dell'art. 7 dello Statuto; nonostante la cessionaria avesse rimesso a S.XXXXXX copia del contratto, sollecitando gli adempimenti statutari, la vicenda era poi caduta in una situazione di stallo e a distanza di quattro mesi non era ancora dato sapere se le azioni potessero o meno circolare.
Rappresentava la propria legittimazione ad intervenire in quanto titolare di un diritto dipendente dal rapporto dedotto in giudizio.
Assegnati i termini di cui all'art. 183 co. VI c.p.c., non venivano espletate prove e la causa rimessa in decisione.
4. Deve preliminarmente darsi atto che parte attrice, con la Prima memoria ex art. 183 co. VI n. 1 c.p.c., ha in parte modificato le proprie conclusioni, laddove alla domanda di "accertare e dichiarare la decadenza di S.XXXXXX S.p.a., e/o dei suoi soci, dai diritti e facoltà di cui all'art. 7 dello Statuto, nonché la piena efficacia rispetto alla medesima società, e/o ai suoi soci, del contratto di cessione delle azioni tra K.XXXX S.p.a. e B.XXX S.p.a. del 23 luglio 2019, ai rogiti Notaio F.XXXXXX C.XXXXXXX, rep., registrato presso l'AGENZIA delle Entrate di Roma 3 il 25 luglio 2019 al n. S1T" ha sostituito le seguenti conclusioni: "accertare e dichiarare il mancato esercizio, ovvero la decadenza e/o la rinunzia di S.XXXXXX S.p.a., dei suoi organi sociali e dei suoi soci, al diritto di cui all'art. 7 dello Statuto della medesima società; accertare e dichiarare l'avveramento della condizione sospensiva e la piena efficacia del contratto di cessione delle azioni tra K.XXXX S.p.a. e B.XXX S.p.a. del 23 luglio 2019, ai rogiti Notaio F.XXXXXX C.XXXXXXX, rep., registrato presso l'AGENZIA delle Entrate d.XXXXX 3 il 25 luglio 2019 al n.18.718 S1T”.
Non si tratta di un mero aggiustamento/precisazione delle conclusioni rassegnate, come affermato nelle difese in risposta all'eccezione di inammissibilità promossa dalla convenuta, poiché l'accertamento dell'avveramento della condizione sospensiva è domanda nuova destinata, nei suoi effetti, ad attribuire al contratto quell'efficacia reale che la condizione apposta ha sospeso.
Va comunque ancora rilevato che le modifiche apportate non sono state in alcun modo contestate all'udienza ex art. 183 co. V c.p.c. del 26.2.2020, laddove spetta a parte attrice: "Nella stessa udienza l'attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto...Le parti possono altresì precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate."
E neppure costituivano, a rigore, la naturale conseguenza delle difese della parte convenuta.
Le domande nuove e le modifiche apportate debbono quindi essere quindi ritenute non ammissibili.
5. Prima di passare al merito circa le vicende rappresentate, alcune riflessioni si impongono con riguardo all'errore in cui sarebbe incorsa parte attrice nella comunicazione del 1.7.2019, profilo che costituisce la genesi del contenzioso poi sorto tra le parti.
Appare dato obiettivo che, se di errore materiale si trattava come definito dalla stessa attrice, il tenore dell'autorizzazione alla cessione delle partecipazioni inviato al CdA di S.XXXXXX non lo rendeva affatto evidente; il prezzo veniva indicato sia quale valore numerico (€ 7.441,00) che in lettere, una precisazione che di per sé esclude ragionevolmente la possibilità che la parte che ha confezionato la comunicazione, abbia potuto errare sul valore delle azioni.
E' poi assai dubbio che si potesse trattare di un errore riconoscibile, come sostenuto.
La K.XXXX affermava in prima memoria, che il C.X della convenuta non poteva non avvedersi dell'errore, poiché nel bilancio approvato pochi mesi prima, la partecipazione dell'attrice veniva valorizzata in misura non inferiore ad € 100.000,00 e richiamava in proposito, ed ai fini precipui di avvalorare la tesi circa il valore delle azioni, la pronuncia della Suprema Corte n. 25007/2015, laddove statuisce: "in tema d'imposta sulle donazioni e successioni, ai sensi dell'art. 16, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 346 del 1990, ai fini della determinazione della base imponibile relativamente ad azioni o quote di società comprese nell'attivo ereditario, occorre avere riguardo al valore del patrimonio netto delle stesse risultante dall'ultimo bilancio regolarmente approvato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, che è vincolante sia per l'Amministrazione Finanziaria sia per il contribuente, sicché non possono essere utilizzate risultanze tratte da documenti diversi (nella specie, l'ulteriore "bilancio infrannuale" non regolarmente approvato), né può rilevare, alla stregua di un mutamento sopravvenuto, idoneo a limitare la valorizzazione in base all'ultimo bilancio, la distribuzione di utili e dividendi avvenuta in violazione dell'art. 2433, comma 2, c.c."; il richiamo al precedente non appare però pertinente, poiché il riferimento al valore del patrimonio netto si collega al calcolo della base imponibile ai fini dell'imposta di successione e donazione, che quindi è cosa diversa dal prezzo praticato nell'ambito di una libera contrattazione.
Ribatteva la convenuta, producendo un atto di vendita concluso nell'ambito di un concordato preventivo risalente al 2019, che nel corso di tale operazione erano state alienate 660 azioni di S.XXXXXX ad un prezzo base fissato in € 26.013,00, dato che quindi pare smentire l'assunto dell'attrice, che sul punto si riduce ad una mera asserzione.
Va poi ancora aggiunto per completezza che, nell'ambito della categoria dell'errore, quello sul prezzo non ha natura essenziale e rilevante, e la sua eventuale ricorrenza, esclude il rimedio dell'annullabilità ("L'errore sul prezzo della prestazione, pattuito dai contraenti, può dare luogo all'azione di rescissione per lesione, ma non costituisce errore essenziale, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1428 cod. civ., e non è causa di annullabilità del contratto, qualunque sia l'entità della sproporzione tra le reciproche prestazioni, salvo che non si traduca in un errore su di una qualità essenziale della cosa" - C. Cass. 2635/1996 - ed in tema di cessione di azioni: "in tema di compravendita delle azioni di una società, che si assume stipulata ad un prezzo non corrispondente al loro effettivo valore, senza che il venditore abbia prestato alcuna garanzia in ordine alla situazione patrimoniale della società stessa, il valore economico dell'azione non rientra tra le qualità di cui all'art. 1429, n. 2, c.c., relativo all'errore essenziale, essendo la determinazione del prezzo delle azioni rimessa alla libera volontà delle parti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha considerato priva di rilievo la circostanza che il valore delle azioni, oggetto della cessione, fosse inferiore al corrispettivo pattuito, a causa dell'esistenza di debiti non dichiarati nel bilancio pubblicato)" - C. Cass. 17053/2021).
Osserva il Collegio che se il profilo dell'errore, nell'economia della decisione, non assume una rilevanza decisiva, tenuto conto del tenore delle domande dell'attrice, è peraltro assai discutibile che la comunicazione del 1.7.2019 possa essere semplicisticamente liquidata come affetta da errore materiale, non riconoscibile e certamente non essenziale.
6. Parte convenuta ha eccepito il mancato rispetto del Termine di gg. 90 di cui all'art. 2388 co. 4 c.c., avendo parte attrice notificato la citazione solo il 31.10.2019 e non assumendo rilievo il procedimento di mediazione facoltativa promosso da K.XXXX, posto che l'art. 5 co. 6 della D. Lgs 28/2010 è previsione applicabile solo nelle ipotesi di mediazione obbligatoria. L'eccezione non è fondata.
L'art. 5 co. 6 D. Lgs 28/2010, laddove regola l'effetto della domanda di mediazione rispetto a prescrizione e decadenza, non distingue in alcun modo tra mediazione obbligatoria e facoltativa, entrambe regolate nel corpo dell'articolo, e costituisce pertanto norma di chiusura circa gli effetti sostanziali del procedimento.
Poiché la mediazione, obbligatoria e facoltativa, ha un'evidente finalità deflattiva, R.X in.a2728 principi di economia processuale, molto avvertiti nell'ordinamento, il particolare favore con cui le forme alternative di soluzione delle controversie, secondo la disciplina di cui alla D. Lgs 28/2010, vengono viste, consente anche di parificarne gli effetti, sotto il profilo della prescrizione e decadenza, che optando per la tesi della convenuta decorrerebbero senza limite alcuno, frustrando le ragioni della mediazione.
Nel caso di specie la delibera oggetto di impugnazione è datata 16.7.2019 ed ha formato oggetto di comunicazione all'attrice il giorno successivo (17.7.2019); anche prescindendo dalla sospensione feriale, il termine di gg. 90 sarebbe scaduto il 15.10.2019; rileva peraltro osservare che la mediazione è stata avviata con atto datato 1.10.2019 e depositato il 9.10.2019, come si apprende dal provvedimento assunto dall'Organismo di Mediazione (doc. 15 parte attrice).
Può quindi ritenersi che entro i termini dei 90 giorni decorrenti dalla comunicazione della deliberazione, la società attrice ha provveduto ad un atto interruttivo del Termine di decadenza, con gli effetti descritti dall'art. 5 co. 6 D. Lgs 28/2010.
Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale.
Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo presso la segreteria dell'organismo.
E nel successivo termine di gg. 90, decorrente dal deposito del verbale, è stata promossa azione giudiziaria (in ordine all'applicazione dell'art. 5 co. 6 D. Lgs 28/2010 ancora la Suprema Corte S. n. 17781/2013 "Peraltro la mediazione, pur essendo facoltativa, si collega ormai ad una attività che, se non è più indispensabile alla proponibilità della domanda, comporta l'affermazione da chi la chiede del suo diritto ad agire a tutela di diritti sui quali tenta la conciliazione, per cui resta ferma la disciplina del D.Lgs. n. 28 del 2012, art. 5, comma 6, anche circa la mancata decadenza dal diritto di agire "per una sola volta", a causa dell'istanza di mediazione per ottenere l'equa riparazione, che ha effetto interruttivo della durata della prescrizione nei sensi già indicati, come se si trattasse dell'esercizio del diritto prescrivibile").
7. Secondo la prospettazione di parte attrice, la delibera del CdA di S.XXXXXX del 16.7.2019 sarebbe stata assunta in violazione del riparto di competenze tra organo gestorio e l'Assemblea dei soci, deputata a norma dell'art. 2357 c.c. ad autorizzare l'acquisto delle proprie azioni, e l'organo amministrativo. La lettura degli atti non evidenzia tale profilo di invalidità.
A fronte della comunicazione del 1.7.2019, con cui K.XXXX instava affinchè il C.X autorizzasse la cessione al prezzo di € 7.441,00, il C.X si è limitato a comunicare di avere deliberato a norma dell'art. 7 dello Statuto, di sostituire, a parità di prezzo e condizioni, il compratore indicato (Bravo) con S.XXXXXX, con conseguente convocazione dell'assemblea dei soci per ottenere l'autorizzazione ex art. 2357 c.c..
Il tenore del relativo verbale di C.X del 16.7.2019, riportante quale ordine del giorno l'esame della richiesta di cessione proveniente da un azionista a norma dell'art. 7 dello Statuto, ricalca fedelmente la previsione statutaria, che ritaglia in capo al Consiglio di Amministrazione, il compito di esprimere il consenso scritto alla cessione, "al solo scopo di consentire a quest'ultimo, a parità di prezzo e condizioni, di sostituire alla persona del compratore indicata dal socio che intende cedere le azioni, altre persone od enti da esso C.XXXXXXX designati, soci o non della società."
Espressa quindi la propria volontà, il C.X disponeva la convocazione dell'assemblea degli azionisti al fine di ottenere l'autorizzazione all'acquisto delle proprie azioni nei modi e tempi di cui all'art. 2357 c.c..
Nei fatti il C.X ha quindi esercitato le prerogative che l'art. 7 dello Statuto riserva a tale organo, senza alcuna ingerenza rispetto alle competenze dell'assemblea dei soci e la condotta osservata non si discosta quindi dai limiti disciplinati dallo S.XXXXX e dalle previsioni di diritto sostanziale circa i compiti riservati ai soci in materia di acquisto di azioni proprie.
Dall'altra parte, la valutazione circa l'opportunità dell'acquisto costituisce un apprezzamento di natura gestoria che appare coerentemente rimesso alla valutazione dell'organo amministrativo, spettando all'organo assembleare autorizzarne poi l'acquisto.
Proprio in materia di acquisto di azioni proprie, secondo la previsione di cui all'art. 2357 c.c., la lettura costante della dottrina, che si è consolidata sia prima che dopo la riforma delle società di capitali, è improntata sulla distinzione tra il potere autorizzativo dell'assemblea dei soci e quello invece decisionale che spetta agli amministratori esercitare e che potrebbe anche condurre, pur in presenza dell'autorizzazione dei soci, a non dare poi corso all'acquisto, perché non ritenuto più conveniente o opportuno.
In tal senso quindi il tenore dell'art. 7 dello Statuto, a cui il C.X si è uniformato, esprime competenze che non travalicano le disposizioni sostanziali in ordine al riparto delle stesse tra amministratori e assemblea dei soci, la cui competenza, rispetto ad atti che spetta poi agli amministratori valutare se compiere o no, non va oltre l'attività autorizzativa
8. Parte cospicua delle difese riguarda il contenuto dell'art. 7 dello Statuto e la sua qualificazione.
Osserva il Tribunale che il tenore dell'art. 7 in discussione evoca la previsione di cui all'art. 2355 bis c.c. che al comma secondo recita: "Le clausole dello Statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell'alienante; resta ferma l'applicazione dell'art. 2357 c.c..".
Il richiamo è rilevante, poiché parte attrice prospetta nelle proprie difese che tale pattuizione esprime una clausola di prelazione e quindi, in tal caso, le condizioni di vendita costituiscono il frutto di un'attività negoziale che intercorrere tra soggetti diversi dal prelazionario, a cui residua solo la facoltà di aderire a meno alle condizioni poste da altri; se così intesa, le trattative precontrattuali, le dichiarazioni preliminari o anche solo le dichiarazioni d'intenti, non assumono alcun rilievo e non sarebbero suscettibili di far sorgere in capo alcuna legittima aspettativa.
Così ridimensionata la portata della clausola, la delibera del 16.7.2019 sarebbe improduttiva di conseguenze giuridicamente vincolanti e l'unico atto a cui occorre riferirsi, sarebbe costituito dalla cessione di azioni del 23.7.2019 tra K.XXXX e B.XXX, laddove le parti dichiaravano: "di voler condizionare sospensivamente la presente cessione al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte degli altri soci di S.XXXXXX SPA", rispetto a cui la successiva delibera dell'assemblea dei soci del 17.9.2019 era rimasta silente e di tenore non pertinente al contenuto della condizione.
Si tratta di interpretazione che va oltre il contenuto della previsione statutaria di cui all'art. 7 e che ad avviso del Collegio appare strumentale a legittimare l'attività negoziale conclusa il 23.7.2019 da K.XXXX e B.XXX, ridimensionando la posizione di Sobilfis a mera prelazionaria, nella posizione di scegliere se aderire o meno alle condizioni concluse da altri.
Al contrario l'art. 7 richiama il tenore dell'art. 2355 bis c.c. e quindi costituisce una clausola di gradimento, non lasciato al mero arbitrio della società delle cui azioni si intende intraprendere la vendita, ma tale da consentire alla stessa, a parità di prezzo e condizioni "di sostituire la persona del compratore", in un'ottica che contempera da un lato la libera circolazione delle azioni e dall'altro la salvaguardia dell'intuitu personae, che la convenuta illustrava nella prima memorie ex art. 183 co VI c.p.c., in cui lo scopo di Sobilfs, costituita da una ventina di imprenditori del settore tessile biellese, era quello di sostenere uno specifico prodotto tessile (filato per tessuto rigato), i cui costi di realizzazione non potevano essere sostenuti se non attraverso la forma societaria. In tale prospettiva, l'interpretazione della pattuizione di cui all'art. 7 dello Statuto quale clausola di gradimento alle condizioni stabilite, non si connota di invalidità o inefficacia.
Peraltro, quand' anche si ipotizzasse che la clausola in discussione esprima una prelazione, ciò non comporterebbe, come preteso, l'irrilevanza ed inefficacia della delibera del C.X del 16.7.2019; confonde parte attrice il piano delle trattative e delle dichiarazioni d' intenti, con l'esercizio di un potere normato dallo statuto e fonte di conseguenze sul piano degli effetti contrattuali.
In tal senso la missiva del 1.7.2019 di K.XXXX non può essere confinata alla categoria della mera proposta contrattuale; lo esclude già inequivocabilmente il tenore dell'oggetto della comunicazione, "autorizzazione a cessione partecipazione" e la completezza delle condizioni della cessione.
La decisione del C.X del 16.7.2019, di cui la successiva comunicazione all' attrice del 17.7.2019 illustra il contenuto deliberativo, assunta nel rispetto delle previsioni dell'art. 7, andava quindi a perfezionare un accordo di cessione tra le parti alle condizioni indicate e positivamente valutate come convenienti, rispetto a cui l'ulteriore passaggio era rappresentato dall'autorizzazione degli azionisti, di cui infatti veniva già disposta la convocazione.
Rispetto a tale fase contrattuale, parte attrice si è limitata a comunicare l'errore sul prezzo, sorvolando sugli effetti che le precedenti condotte avevano realizzato e senza considerare l'eventualità di riattivare il meccanismo di cui all'art. 7 dello Statuto, chiarendo a S.XXXXXX le proprie intenzioni.
Al contrario l'attrice non ha ottemperato alla previsione statutaria, omissione di cui dava atto nel contratto, e che, trattandosi di fase autorizzativa, occorreva sollecitare prima, come puntualmente fatto il 1.7.2019, con la conseguenza che tale cessione costituisce atto non opponibile a S.XXXXXXX.
9. Dopo la comunicazione dell'atto di cessione e l'indicazione di un termine di 30 gg., trascorso il quale senza indicazioni, l'atto di cessione sarebbe divenuto definitivo, la convenuta convocava l'assemblea dei soci, con specifico ordine del giorno circa "Acquisto azioni proprie - provvedimenti di cui all'art. 2357 c.c. - ratifica operato del Consiglio di Amministrazione - delibere inerenti e conseguenti".
Ora la lettura del verbale di assemblea non lascia dubbio alcuno circa il tenore delle questioni affrontate e trattate in tale occasione, che verteva esclusivamente sull'operazione di acquisto, a parità di prezzo, che il C.X del 16.7.2019 aveva inteso realizzare.
L'assemblea veniva portata a conoscenza di tutti i passaggi salienti della vicenda, compresa la comunicazione dell'errore sul valore delle azioni e le scambio di missive tra legali. La deliberazione dell'assemblea, dopo ampia discussione, è stata quindi quella di deliberare l'acquisto di azioni nel numero massimo di 700, ad un valore minimo e massimo indicato e per un tempo non superiore ai diciotto mesi.
Assume parte attrice che tale assemblea non avrebbe affatto ratificato l'operato del C.X, ma abbia solo deliberato l'acquisto di azioni per il futuro, senza alcun effetto retroattivo rispetto al passato. Si tratta di interpretazione che non si condivide e che prescinde dal tenore complessivo della decisione, nel corso della quale i soci non sono stati chiamati a deliberare una generica autorizzazione all'acquisto di azioni proprie, ma hanno espresso una volontà che si ricollega senza dubbio alcuno alle valutazioni operate dal C.X nel luglio, di cui nella sostanza hanno ratificato la valutazione; dall'altra parte il numero di azioni (700) di poco inferiore a quelle poste in vendita da K.XXXX suggerisce ulteriormente che l'acquisto autorizzato e discusso altro non era che quello delle azioni possedute da K.XXXX e dalla stessa messe in vendita.
Peraltro, il fatto che l'autorizzazione, come osservato dall'attrice riguardasse il futuro, conferma ulteriormente la circostanza che nessuna violazione di competenze era stata attuata dal C.X, che rimetteva le proprie decisioni circa l'acquisto all'autorizzazione degli azionisti, ottenendone piena condivisione.
10. Così interpretato il termine "ratifica" che compare nell'ordine del giorno dell'assemblea del 17.9.2019, si impongono per completezza alcune considerazioni, che attengono in generale all'ammissibilità della ratifica nel caso di acquisto di azione proprie, senza autorizzazione dell'assemblea, e sulla necessità che l'assemblea debba o meno provvedere preventivamente, questioni su cui le difese delle parti indugiano.
Ora il tema registra scarsi arresti giurisprudenziali, alcuni assai risalenti (Tribunale di Milano 23.4.1990); di maggior spessore i contributi della dottrina, sul cui fronte si registra un indirizzo prevalente circa la ratificabilità dell'operazione, non senza voci contrarie, che puntano l'accento sulla responsabilità degli amministratori e sulle possibili conseguenze penali del loro operato.
Va peraltro osservato, sul fronte dell'invalidità derivante dall'acquisto non autorizzato, che le azioni debbono essere rivendute (art. 2357 co. IV c.c.) entro un anno dal loro acquisto, con ciò ammettendo la possibilità di una loro libera circolazione, che sembra contraddire il presupposto dell'illiceità dell'operazione, come osservato in modo condivisibile da parte cospicua della dottrina.
Quanto al dato temporale della "preventiva "autorizzazione, l'art. 2357 c.c. non contiene alcuna espressa previsione circa i passaggi in cui si realizza l'operazione, che invece si ritrova in modo esplicito nella formulazione dell'art. 2357 ter c.c. sulla disciplina delle azioni proprie acquistate, di cui gli amministratori non possono disporre "se non previa autorizzazione dell'assemblea".
Nel caso di specie, non scontando l'azione del CdA di S.XXXXXX alcuna censura di invalidità, come risulta dal tenore dell'assemblea del 16.7.2019, la successiva delibera autorizzativa dell'assemblea degli azionisti, perfeziona (e non ratifica, a fronte di un'usurpazione di competenze che non si è compiuta) l'iter previsto dalla cornice di norme statutarie e di diritto sostanziale, per l'acquisto di azioni proprie.
L'accertamento circa la nullità, annullabilità o inefficacia della deliberazione del C.X del 16.7.2019 è quindi domanda non accoglibile, così come l'accertamento circa il mancato esercizio o decadenza della convenuta dai diritti di cui all'art. 7 dello Statuto, assorbita dalla ritenuta legittimità della deliberazione impugnata e dall'inopponibilità della cessione, sospesa, conclusa tra K.XXXX e B.XXX.
11. Soccombenza dell'attrice.
Seguono le spese di lite da liquidarsi a favore della convenuta secondo lo scaglione di valore da € 52.001,00 a € 260.000,00, liquidando le prime due fasi e quella decisionale; vista la nota spese depositata e preso atto che non è stato richiesto alcun onorario per la fase istruttoria, la quantificazione complessiva dei compensi è pari a € 8.030,00, oltre spese; non è invece accoglibile la richiesta di maggiorazione a norma dell'art. 4 co. 1 bis DM 55/2014, come modificato dal DM 37/2018, non risultando che gli atti siano stati predisposti con richiami ipertestuali.
Quanto alla posizione dell'intervenuta B.XXX Spa, la cui difesa quale intervenuta si è mossa in piena adesione alle prospettazioni di parte attrice, ritiene il Tribunale di disporre l'integrale compensazione.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
Respinge le domande promosse da K.XXXX Spa.
Dichiara tenuta a condanna K.XXXX S.X alla rifusione delle spese di lite sostenute da S.XXXXXX Spa, che si liquidano in € 8.030,00 per onorari, oltre IVA, se dovuta ex lege, CPA e rimborso del 15 % per spese generali.
Compensa integralmente le spese di lite nei confronti di B.XXX Spa.
Torino, 15 luglio 2022
La Presidente dott.ssa Gabriella RATTI
Il Giudice Relatore dott.ssa Maria Luciana Dughetti