Commento:
Il Tribunale di Catania, chiamato a pronunciarsi sul reclamo proposto dalla parte che si era opposta alla trascrizione dell'accordo conciliativo effettuata con riserva dal Conservatore dei Registri Immobiliari, ha stabilito l’inidoneità dell'accordo alla trascrizione. In particolare, il giudice precisa che in base all’art.11 comma 3 del D.L.vo n.28/10, possono essere trascritti solo gli atti e i contratti previsti dall’art.2643 c.c., mentre il verbale di conciliazione accertativo dell’usucapione, non realizzando alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assumendo il valore di negozio di mero accertamento, non è in alcun modo riconducibile all’ambito applicativo dell’art.2643 c.c. Né, l’accordo amichevole in oggetto può essere ricompreso nell’ambito di previsione dell’art.2643 c.c., ipotizzandone una natura transattiva (e quindi riconducendolo alla categoria dell’art.2643 n. 13 c.c.), ovvero assimilandolo agli atti previsti dall’art.2645 c.c., difettando dei necessari requisiti previsti nella transazione, come ad esempio, le “reciproche concessioni” delle parti. Inoltre, la trascrivibilità del verbale di accordo amichevole contenente l’accertamento dell’intervenuta usucapione, non può nemmeno ammettersi per il tramite dell’art.2651 c.c., dal momento che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell’usucapione. Ed infatti, secondo il sistema del diritto privato, l’atto ricognitivo di diritti reali non può essere ricompreso tra i mezzi legali di acquisto della proprietà, configurandosi invece come semplice atto dichiarativo che, in quanto tale, presuppone che il diritto stesso effettivamente esista secondo un titolo, onde — in difetto di tale titolo — la parte non può crearlo e neppure rappresentarlo.
Il verbale di conciliazione contenente l’accertamento dell’intervenuta usucapione è inidoneo alla trascrizione.Invia ad un amico |
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Tribunale di Catania, ordinanza 24 febbraio 2012.A cura del Mediatore Avv. Maurizio Lazzari da Bologna.Letto 12758 dal 09/03/2012 |
Testo integrale:
Tribunale di Catania, sez. I Civile, decreto 24 febbraio
– Presidente Morgia – Relatore Vitale
Osserva
Parte ricorrente chiede, in seno al ricorso introduttivo, che il Tribunale adito, accertata l’illegittimità della riserva apposta alla trascrizione del verbale di accordo amichevole, ordini al Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania di eliminare detta riserva ad ogni effetto di legge.
Espone in fatto che: in seno al procedimento di mediazione ai sensi del D.L.vo n.28/2010 l’avv. S. A., nella qualità suddetta, aveva riconosciuto la maturata usucapione dell’immobile sopra indicato in capo al Ld. Carmelo; il relativo verbale di accordo amichevole del 4.07.11 era stato omologato dal Presidente del Tribunale di Catania, ai sensi dell’art.12 del D.L.vo n.28/10, con decreto del 29.07.11; le sottoscrizioni apposte sul verbale medesimo erano state autenticate come previsto dall’art.11 comma 3 del citato decreto ai fini della trascrizione, dal notaio Cannizzo di Catania; alla richiesta rivolta della La Spina al Conservatore di procedere alla trascrizione del verbale in questione, il Conservatore aveva, tuttavia, dapprima opposto un rifiuto, indi proceduto a trascrizione con riserva.
Sostiene in diritto la trascrivibilità del verbale di accordo amichevole in oggetto in ragione, anzitutto, del carattere obbligatorio, ex art.5 del D.L.vo n.28/10, del procedimento di mediazione (il cui previo esperimento è, come noto, previsto da tale norma quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale in talune materie tra cui quella afferente ai “diritti reali”), da cui discenderebbe la necessaria attribuzione a detto verbale degli stessi effetti della sentenza, pena la vanificazione della finalità deflattiva perseguita dal legislatore con l’introduzione dell’istituto della mediazione.
A sostegno della propria tesi, adduce che lo stesso legislatore ha peraltro previsto che il verbale di accordo amichevole raggiunto in seno al procedimento di mediazione costituisce titolo trascrivibile, ciò attraverso la disposizione contenuta nell’art.11 comma 3 del più volte citato D.L.vo laddove è prevista l’autentica notarile della sottoscrizione del processo verbale di accordo amichevole al fine di procedere a trascrizione “se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art.2643 c.c.”. La trascrivibilità del verbale di accordo amichevole in oggetto si fonderebbe, in particolare, sull’art.2651 c.c. che prevede la trascrivibilità delle sentenze di accertamento dell’usucapione, cui il verbale di accordo amichevole avente ad oggetto l’accertamento di analoga vicenda dovrebbe, sul piano degli effetti, essere equiparato.
Costituitosi all’udienza del 27.10.11, il Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania chiede il rigetto del reclamo con argomentazioni giuridiche così riassumibili: il verbale di accordo amichevole, avente ad oggetto il riconoscimento della maturata usucapione, non è trascrivibile non potendosi ricondurre ad alcuno degli atti previsti dall’art.2643 c.c., espressamente richiamato dall’art.11 comma 3 D.L.vo n.28/10, in quanto esso non realizza alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assume il valore di negozio di mero accertamento; l’art.2651 c.c. prevede la trascrizione solo della sentenza da cui risulta acquistato per usucapione uno dei diritti indicati dai nn. I, 2 e 4 dell’art.2643 c.c., con ciò escludendo la trascrivibilità degli atti negoziali sia pure produttivi dello stesso effetto della sentenza di accertamento dell’usucapione; la trascrizione del verbale di accordo amichevole, avente ad oggetto il riconoscimento dell’acquisto della proprietà a titolo di usucapione, minerebbe la certezza dei rapporti giuridici poiché consentirebbe alle parti di utilizzare l’istituto della mediazione non già per la composizione di una lite effettiva, bensì per “dissimulare operazioni negoziali ai danni di terzi, con seri pregiudizi alla circolazione dei beni”.
Con note di controdeduzione depositate all’udienza del 17.11.11, parte ricorrente contrasta le argomentazioni avversarie, in particolare sostenendo che il verbale di accordo amichevole in oggetto rientra nel novero degli atti previsti dall’art.2643 c.c. in quanto all’accordo amichevole di accertamento della maturata usucapione conseguirebbe un effetto modificativo di preesistenti situazioni giuridiche soggettive, perché l’accordo amichevole in questione comunque rientrerebbe nella previsione dell’art.2643 n.13 c.c. possedendo tutti i requisiti richiesti dall’art.1965 c.c. ai fini della sua qualificazione come transazione, perché esso rientrerebbe in ogni caso nell’alveo dell’art.2645 c.c. quale norma implicitamente richiamata dall’art.11 comma 3 del D.L.vo n.28/10.
In via subordinata, sollevava eccezione di illegittimità costituzionale dell’art.11 comma 3 del D.L.vo. 28/10 nella parte in cui tale norma non prevede la trascrizione del verbale di accordo amichevole di accertamento dell’usucapione, per contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Costituzione.
Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.
Va osservato, anzitutto, che il verbale di conciliazione contenente l’accertamento della intervenuta usucapione è – contrariamente a quanto sostenuto dal reclamante – inidoneo alla trascrizione poiché, in base all’art.11 comma 3 del D.L.vo n.28/10, possono essere trascritti solo gli atti e i contratti previsti dall’art.2643 c.c. laddove il verbale di conciliazione accertativo dell’usucapione, non realizzando alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assumendo il valore di negozio di mero accertamento, non è in alcun modo riconducibile all’ambito applicativo dell’art.2643 c.c. Prive di pregio sono poi le argomentazioni difensive che pretendono di ricondurre l’accordo amichevole in oggetto all’ambito di previsione dell’art.2643 c.c. ipotizzando la natura transattiva (e quindi riconducendolo alla categoria dell’art.2643 n. 13 c.c.) ovvero assimilandolo agli atti previsti dall’art.2645 c.c., dovendosi di certo escludere la natura transattiva dell’accordo in questione per difetto dei necessari requisiti (“reciproche concessioni” delle parti) ed essendo, per altro verso, non risolutivo il richiamo all’art.2645 c.c. che, com’è noto, prevede la trascrivibilità di “ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluni degli effetti dei contratti menzionati nell’art.2643 c.c.”.
La trascrivibilità del verbale di accordo amichevole contenente l’accertamento dell’intervenuta usucapione non può nemmeno ammettersi per il tramite dell’art.2651 c.c., dal momento che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell’usucapione. AL riguardo, è opportuno ricordare che il contratto di accertamento, definibile come il contratto mediante il quale le parti riconoscono l’esistenza o il contenuto di un loro rapporto giuridico preesistente, può avere ad oggetto – come generalmente ammesso sia in dottrina che in giurisprudenza – anche la proprietà e gli altri diritti reali. I negozi di accertamento della proprietà e degli altri diritti reali non hanno però efficacia costitutiva e non rientrano tra i modi di acquisto dei diritti reali, ma hanno piuttosto valore probatorio nel senso che valgono a provare tra le parti l’esistenza della situazione giuridica accertata, salva la possibilità per ciascuna parte di offrire prova contraria (ossia di provare che la situazione reale è diversa da quella accertata).
Ed infatti, secondo il sistema del diritto privato, l’atto ricognitivo di diritti reali non può essere ricompreso tra i mezzi legali di acquisto della proprietà, configurandosi invece come semplice atto dichiarativo che, in quanto tale, presuppone che il diritto stesso effettivamente esista secondo un titolo, onde – in difetto di tale titolo – esso non può crearlo e neppure rappresentarlo se non a quest’ultimo effetto, attraverso l’esplicito richiamo e la menzione del titolo stesso (vedi Cass. N. 20198/04, Cass.n.8365/00). Così, nel caso di specie, il negozio di accertamento dell’usucapione in favore dell’usucapiente dell’esistenza dei presupposti di fatto (possesso e tempo) al cui verificarsi l’acquisto del diritto di proprietà in capo al secondo opera, invero “ex lege” (stante la natura originaria ed il carattere automatico dell’acquisto per usucapione”).
Ciò premesso, si comprende la ragione per la quale l’art.2651 c.c. prevede la trascrivibilità della sola sentenza accertativa dell’usucapione, e non del negozio di accertamento avente ad oggetto la medesima vicenda. Né la trascrivibilità del negozio di accertamento dell’usucapione, può desumersi in via interpretativa dal citato art.2651 c.c. ove si consideri che l’effetto accertativo di tale negozio rileva, come detto, su di un piano meramente probatorio tra le parti (rimuovendo l’incertezza tra le stesse circa i fatti a fondamento dell’acquisto a titolo originario, dispensando la parte a favore della quale il riconoscimento è stato compiuto dall’onere di provare il rapporto come accertato e ponendo a carico della parte che ha compiuto il riconoscimento l’onere della prova contraria), mentre la pronuncia giudiziale di accertamento dell’usucapione contiene un accertamento valevole “erga omnes” nel senso che la valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al giudizio la forza di giudicato nell’aspetto tipico considerato dall’art.2909 c.c., fa parte tuttavia di quella affermazione obiettiva di verità i cui effetti anche i terzi sono tenuti a subire (così Cass. n.10435/03, Cass. n. 7557/03).
Della sentenza accertativa dell’usucapione è perciò prevista la trascrizione (sebbene si tratti in questo caso di mera pubblicità-notizia, atteso che l’acquisto a titolo originario per usucapione si compie ed è efficace al maturare del periodo e dei requisiti richiesti dalla legge per usucapire il diritto ed esso è di per sé opponibile a qualsiasi terzo che accampi pretese sul bene, a prescindere dalla trascrizione della sentenza).
Chiarito, dunque, che nel vigente sistema la trascrizione del negozio di accertamento dell’usucapione non è prevista, va presa in considerazione la questione di legittimità costituzionale sollevata da parte ricorrente, incentrata sull’assunto che l’accordo amichevole stipulato in sede di mediazione, tanto più nei casi (come quello in esame) in cui il previo esperimento del tentativo di conciliazione è previsto come obbligatorio, debba avere gli stessi effetti della sentenza (pronunciata all’esito del giudizio che il positivo esperimento del procedimento di mediazione ha consentito di evitare) e debba quindi, qualora abbia ad oggetto l’accertamento dell’intervenuta usucapione, essere trascrivibile al pari della sentenza accertativa della medesima vicenda, dovendosi in caso contrario l’art.11 comma 3 del D.L.vo n.28/10 considerare illegittimo – per contrasto con gli artt.3,4 e 111 Cost. – nella parte in cui non prevede la trascrizione del negozio di accertamento dell’usucapione.
In proposito, va osservato che la questione proposta, sebbene non manifestamente infondata alla stregua dei principi costituzionali sopra richiamati e per le ragioni esposte dal ricorrente nelle note di controdeduzione, è tuttavia priva di rilevanza nel presente procedimento in relazione al petitium, avente ad oggetto l’eliminazione della riserva apposta dal Conservatore alla trascrizione del verbale di accordo amichevole intercorso tra le parti.
Alla luce delle superiori considerazioni, la questione di legittimità costituzionale sollevata da parte ricorrente va respinta.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico del reclamante.
P.Q.M.
Visti gli artt.2674 bis e 113 ter c.c.;
Rigetta il reclamo proposto da La Spina Giuseppa quale rappresentante di Ld. Carmelo.
Condanna La Spina Giuseppa alla rifusione delle spese processuali in favore del Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania che liquida in complessivi euro 1.200,00 di cui euro 400,00 per diritti di procuratore, il resto per onorario.
Il giudice.
Catania, 24 febbraio 2012