Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale - Presidente -
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere -
Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -
Dott. PICARONI Elisa - Consigliere -
Dott. SCARPA Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22429/2016 proposto da:
B.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PANTELLERIA 14, presso lo studio dell'avvocato ANTONIO CANCARO, che la rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
F.L.;
- intimata -
avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 29/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
La ricorrente B.E. impugna, articolando un unico motivo di ricorso, il decreto del 29 luglio 2016 della Corte d'Appello di Palermo, che ha rigettato il reclamo proposto dalla stessa B. avverso il provvedimento del Tribunale di Palermo reso in data 6 maggio 2016, con il quale era stata dichiarata improcedibile la domanda di revoca giudiziale di F.L. dall'incarico di amministratore del Condominio (OMISSIS), non avendo partecipato la ricorrente all'incontro davanti al mediatore agli effetti del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 .
L'intimata F.L. non ha svolto attività difensive.
La Corte d'Appello di Palermo ha aderito all'interpretazione del Tribunale, secondo cui il procedimento di mediazione obbligatoria è applicabile anche al giudizio di revoca dell'amministratore di condominio, nonostante si tratti di procedimento in camera di consiglio, stante la previsione dell'art. 71 quater disp. att. c.c.; ha quindi aggiunto che la mancata comparizione della ricorrente nell'incontro davanti al mediatore equivalesse a mancato avveramento della condizione di procedibilità.
B.E. deduce la violazione degli artt. 64 e 71 quater c.c., nonchè del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 4, lett. f, affermando che il decreto impugnato abbia natura di sentenza e contestando che al procedimento di revoca dell'amministratore di condominio possa applicarsi l'istituto della mediazione obbligatoria.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso proposto da B.E. potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375 c.p.c. , comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio.
La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., comma 2.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost. , avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell'amministratore di condominio, previsto dall'art. 1129 c.c. , e art. 64 disp. att. c.c. , trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione; tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. Sez. 6 - 2, 23/06/2017, n. 15706; Cass. Sez. 6 - 2, 11/04/2017, n. 9348; Cass. Sez. 6 - 2, 27/02/2012, n. 2986; Cass. Sez. 6 - 2, 01/07/2011, n. 14524; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957). E' dunque inammissibile la censura che B.E. rivolge al decreto impugnato, sotto forma di vizio in procedendo, diretta a sindacare la decisione sulla questione della soggezione del giudizio di revoca dell'amministratore di condominio al procedimento di mediazione ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 .
E' vero infatti che l'art. 71 quater disp. att. c.c., (introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220 ) precisa che per "controversie in materia di condominio", ai sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1, si intendono, tra le altre, quelle degli artt. da 61 a 72 disp. att. c.c., (essendo l'art. 64 disp. att. c.c. , relativo, appunto, alla revoca dell'amministratore). Per contro, l'art. 5, comma 4, lett. f, (come sostituito dal D.L. n. 69 del 2013 , conv. in L. n. 98 del 2013 ) del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 , è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità, di cui ai commi 1 bis e 2, non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, essendo proprio il giudizio di revoca dell'amministratore di condominio un procedimento camerale plurilaterale tipico.
Nell'interpretazione di questa Corte, di cui ai richiamati precedenti, si spiega, tuttavia, come il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio: 1) riveste un carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare; 2) è ispirato dall'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell'amministratore; 3) è perciò improntato a celerità, informalità ed ufficiosità; 4) non riveste, tuttavia, alcuna efficacia decisoria e lascia salva al mandatario revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso, facendo valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena (pur non ponendosi questo come un riesame del decreto) (Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957; Cass. Sez. 6 - 2, 01/07/2011, n. 14524). Pertanto, il decreto con cui la Corte d'Appello in sede di reclamo su provvedimento di revoca dell'amministratore di condominio, dichiari improcedibile la domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 , ex art. 5, comunque non costituisce "sentenza", ai fini ed agli effetti di cui all'art. 111 Cost. , comma 7, essendo sprovvisto dei richiesti caratteri della definitività e decisorietà, in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi, non pregiudica il diritto del condomino ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, nè il diritto dell'amministratore allo svolgimento del suo incarico. Trattasi, dunque, di provvedimento non suscettibile di acquisire forza di giudicato, a nulla rilevando la motivazione del ritenuto ostacolo pregiudiziale all'esame della domanda giudiziale, atteso che la pronuncia di improcedibilità, comunque motivata, resta pur sempre inserita in un provvedimento non decisorio sul rapporto sostanziale e non impugnabile, e non può pertanto costituire autonomo oggetto di impugnazione.
Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile.
Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, perchè l'intimata F.L. non ha svolto attività difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l'art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta - 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2018