Il CNF affronta i nodi irrisolti della mediazione.

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La “Commissione interna al CNF per lo studio e la riforma della mediazione e della conciliazione”, sulla base del confronto con i Colleghi presenti all’incontro del 26 settembre u.s. tenutosi presso il Consiglio Nazionale Forense, ha predisposto un documento che affronta le principali problematiche applicative che le modifiche apportate al d.lgs. n. 28/2010 stanno determinando. Il documento è stato approvato nella seduta amministrativa del Consiglio del 22 novembre u.s.

Letto 2856 dal 11/12/2013



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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

Commissione per lo studio della mediazione e della conciliazione

Circ. 25-C-2013
FAQ sulla mediazione finalizzata alla conciliazione della lite

Sommario: 1. La competenza territoriale dell’Organismo di mediazione – 2. L’assistenza tecnica – 3. Il primo incontro di mediazione – 4. L’accordo conciliativo – 5. Organismi di mediazione forense e revisione delle circoscrizioni giudiziarie.

1. La competenza territoriale dell’Organismo di mediazione.
Come si individua l’Organismo di mediazione territorialmente competente ai sensi dell’art. 4 d.lgs. 28/2010?


Nella nuova formulazione del D. Lgs. 28/2010 (legge 98/13), con l’art 4, è stato introdotto il criterio di competenza territoriale (che in precedenza era stato appositamente omesso perché ritenuto fonte di ulteriori controversie tra le parti), prevedendo che la domanda di mediazione debba essere presentata presso un organismo sito nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.
Ne deriva che per determinare la competenza dell’organismo di mediazione, una volta identificato il giudice competente secondo le norme del cpc, occorrerà fare riferimento all’ambito di competenza territoriale previsto per gli uffici giudiziari, rispettivamente: distretto per la Corte d’Appello, circoscrizione per il Tribunale, mandamento per il giudice di pace ed ambito territoriale regionale (ad eccezione di Lombardia e Sicilia che ne hanno due in regione e valle d’Aosta per la quale si fa riferimento a Torino) per il c.d. tribunale dell’imprese.


La competenza territoriale dell’Organismo di mediazione, individuata a norma dell’art. 4 d.lgs. 28/2010 è derogabile dalle parti?
Il riferimento alle norme del codice di procedura civile per individuare l’ODM territorialmente compente, peraltro, consente di risolvere il quesito teso a sapere se le parti possono derogare, oppure no, alla competenza territoriale dell’organismo di mediazione.
ll codice di procedura civile all’art. 28, com’è noto, disciplina il “foro stabilito per accordo delle parti” prevedendo che “la competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti, salvo che per le cause previste nei nn. 1, 2,3 e 5 dell’art. 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge”.
Limitatissime sono quindi le ipotesi che possono essere richiamate (ad es. la sicura inderogabilità del foro della P.A. prevista dall’art.25) mentre sappiamo che l’indicazione di un foro esclusivo, di per sé non implica la non derogabilità della competenza su accordo delle parti (v. ad es. art.22, foro speciale ed esclusivo, ma, non per questo inderogabile). Di conseguenza, tutte le volte in cui l’ordinamento processuale consente alle parti di derogare alla competenza territoriale dell’autorità giudiziaria non v’è motivo per negare che esse possano farlo anche con riferimento alla competenza territoriale degli organismi di mediazione. (v. un’esplicita conferma in questo senso, nell’ordinanza del giudice Buffone, Trib. Milano, 29 ottobre 2013).


Quali sono le diverse modalità con le quali le parti possono derogare alla competenza territoriale degli organismi di mediazione?
Premessa la tendenziale derogabilità della competenza territoriale degli ODM appare opportuno accennare alle modalità attraverso le quali può essere esercitata l’autonomia privata in ordine alla competenza territoriale dell’ODM.
La prima e più semplice ipotesi si ha con la presentazione di una domanda congiunta ad opera delle parti dinanzi ad un Organismo prescindendo dalla sua competenza territoriale.
La seconda ipotesi di deroga espressa si ha qualora le parti disciplinino la competenza territoriale con riferimento al procedimento di mediazione, attraverso l’indicazione, in una clausola contrattuale di mediazione, di una città e/o di uno, o più specifici ODM che ivi abbiano sede.
Secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 5, qualora non sia possibile presentare la domanda davanti all’organismo indicato, se le parti non raggiungono un successivo accordo di deroga, deve essere rispettato il requisito della competenza territoriale.
La terza ipotesi, probabilmente più frequente, sarà quella in cui dalla mancata contestazione della parte invitata , deriverà l’implicito accordo di deroga. Qui manca l’accordo preventivo, ma l’accettazione dell’invito a presentarsi davanti ad un ODM in un luogo diverso da quello di competenza del giudice, provoca, come avviene nel processo, la tacita accettazione della deroga. Qualora fossero state presentate più domande in relazione alla stessa controversia, l’organismo davanti al quale si svolgerà il procedimento di mediazione sarà quello territorialmente competente presso cui sia stata depositata la prima domanda. E’ quindi necessario che gli ODM registrino la data e l’ora esatta di deposito delle istanze.


In presenza di una domanda di mediazione presentata davanti ad un Organismo di mediazione territorialmente incompetente, quali sono le responsabilità e i compiti dell’Organismo di mediazione e del mediatore designato per il procedimento?
Né l’ODM né il mediatore sono tenuti a rilevare l’incompetenza territoriale: sarà onere della parte, eventualmente, farlo, ma certamente sia l’ODM che il mediatore possono richiamare l’attenzione delle parti sul punto, fermo restando la sola responsabilità della parte o del suo avvocato, nella scelta dell’ODM.


Quali sono le conseguenze derivanti dall’aver presentato una domanda di mediazione davanti ad un organismo di mediazione territorialmente incompetente?
In relazione alle conseguenze sul processo di una mediazione presentata dinnanzi ad un organismo territorialmente incompetente, potrebbe succedere che la controparte non si sia presentata, oppure che, presentandosi, abbia eccepito l’incompetenza territoriale dell’organismo.
In entrambi i casi, e qualora si tratti di controversie in cui il tentativo di mediazione è previsto dalla legge come condizione di procedibilità, il giudice, se la parte convocata alla mediazione non è comparsa o pur comparendo abbia eccepito l’incompetenza territoriale dell’organismo adito, d’ufficio nella prima udienza o su eccezione della parte chiamata, potrà eccepire l’improcedibilità della domanda e fissare la successiva udienza dopo la scadenza dei 3 mesi (di cui all’art. 6) assegnando contestualmente alle parti il termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione presso un organismo accreditato (e territorialmente competente). (nella richiamata ordinanza del giudice Buffone Trib. Milano, 29 ottobre 2013 si dice: ”La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti”.)
Nel caso invece, di effettivo svolgimento della mediazione dinnanzi ad un organismo territorialmente incompetente, bisognerà distinguere due ipotesi:
1.- Se le parti hanno raggiunto l’accordo: nessun problema, questo potrà acquistare l’efficacia prevista dall’art.12, come novellato.
2.- Non si è raggiunto l’accordo, la presenza della controparte ha garantito la tacita deroga alla competenza ( dove consentita) e quindi la condizione di procedibilità si considererà rispettata.


Nel caso di Organismo che abbia preveda lo svolgimento del procedimento di mediazione per via telematica il requisito della competenza territoriale va egualmente rispettato?
Sì, negli stessi limiti di cui si è parlato per una procedura tradizionale. In questi casi, inoltre, qualunque difficoltà legata alla sede viene annullata dalla possibilità di svolgere la procedura online.


2. L’ASSISTENZA TECNICA
A seguito delle novità introdotte dal d.l. 69/2013, conv. con modif. in l. 98/2013, l’assistenza tecnica dell’avvocato nel procedimento di mediazione è obbligatoria?

Il tenore letterale dell’art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 28/2010 introdotto dal d.l. 69/2013, conv. Con modif. in l. 98/2013, stabilisce un obbligo di assistenza tecnica della parte in mediazione («Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di […] è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione […]»), dalla cui inosservanza deriverebbe l’impossibilità di considerare espletata la condizione di procedibilità di cui al comma 1 bis dell’art. 5 d.lgs. 28 cit.
Tale obbligo, tuttavia, sembra riguardare ogni “modello” di mediazione, atteso che il testo normativo non non fa distinzioni al riguardo. Difatti l’art. 8, 1° comma, anch’esso modificato dall’intervento normativo del 2013 dispone semplicemente che «Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento».


A seguito delle novità introdotte dal d.l. 69/2013, conv. con modif. in l. 98/2013, è possibile per la parte che si giovi dell’assistenza del difensore usufruire dei benefici previsti dalla disciplina del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti?
Nessun ostacolo dovrebbe sussistere nell’ammettere la possibilità di accedere ai benefici previsti dalla disciplina relativa al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, indipendentemente dal quanto disposto dal nuovo art. 17, comma 5 bis («Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1 bis, ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del presente decreto, all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni»). Infatti, l’art. 76 (L) d.p.r. 115/2002 non è stato modificato in tal senso, ma non contiene nemmeno disposizioni di segno contrario, mentre in tal senso dispone la c.d. direttiva Legal Aid (Direttiva 2003/8/Ce, art. 7).


A seguito delle novità introdotte dal d.l. 69/2013, conv. con modif. in l. 98/2013, lo svolgimento dell’attività di assistenza da parte dell’avvocato della parte in mediazione presuppone il conferimento di apposita procura ad litem?
L’avvocato, per espressa previsione normativa, è chiamato a prestare attività di “assistenza” e non di “rappresentanza tecnica”.
Ne consegue che:
- non occorre procedere al conferimento di alcuna procura ad litem ai sensi dell’art. 83 c.p.c.;
- l’avvocato che compaia agli incontri di mediazione in assenza dell’assistito non deve dimostrare altro che la sussistenza di un potere di rappresentanza sostanziale.


3. IL PRIMO INCONTRO DI MEDIAZIONE
Quando inizia la procedura di mediazione? Con il deposito della domanda oppure nel momento della manifestazione di volontà delle parti, in seguito al primo incontro, di voler iniziare la procedura?

Come previsto dall’art. 8, comma 1 del D. Lgs 28/10, la procedura inizia con la presentazione della domanda di mediazione presso l’Organismo di mediazione. E’ da questo momento che decorre il termine di trenta giorni entro cui dovrà essere fissato il primo incontro, nonché il termine di tre mesi di cui all’art. 6 comma 1, relativo alla durata della procedura.

Qual è l’obiettivo del primo incontro?
Come emerge dalla lettura dell’art. 8 comma 1 del D. Lgs. 28/10, nel primo incontro è possibile distinguere due fasi:
-una fase informativa in cui il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione
-una fase decisionale, in cui il mediatore invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura.
L’obiettivo del primo incontro è quindi quello di fornire alle parti le informazioni necessarie sulla procedura di mediazione affinché queste possano, successivamente assumere una decisione informata, nel rispetto del principio di volontarietà e autodeterminazione.
Per raggiungere tale obiettivo, è chiaro che il primo incontro non deve ridursi ad un semplice formalismo in cui il mediatore chiede semplicemente alle parti e ai loro avvocati se ci sono spazi per trovare una conciliazione, ma richiede che, con la collaborazione degli avvocati che assistono le parti, l’incontro sia affrontato con le modalità necessarie per permettere al mediatore di espletare l’onere informativo e deontologico posto dalla normativa a suo carico.
Perciò sembra opportuno che la lettera di convocazione indichi la durata presunta del primo incontro (salvo il caso di immediata prosecuzione della mediazione in seguito allo stesso), che non dovrebbe essere inferiore a un’ora per permettere l’espletamento di tutte le attività richieste: fase informativa, valutazioni a carico delle parti e dei loro avvocati e verbalizzazione dell’incontro.


Al primo incontro è importante la comparizione personale della parte?
L’art. 8 comma 1 fa riferimento a due soggetti diversi: parti e avvocati. Data la natura, l’obiettivo del primo incontro e l’importanza della partecipazione personale delle parti, risulta essenziale che il regolamento dell’Organismo preveda (come previsto dal DM 180/10 all’art. 7, comma 1, a) la partecipazione personale delle parti al primo incontro di mediazione, limitando a casi eccezionali la possibilità di essere sostituite da un rappresentante sostanziale munito dei necessari poteri.


La lettera di convocazione del primo incontro.
Per l’organizzazione adeguata del primo incontro, si ritiene importante che nella lettera di convocazione sia specificato:
- l’obiettivo del primo incontro e l’importanza di partecipazione personale delle parti
- le disposizioni contenute nel regolamento dell’Organismo in relazione all’assistenza tecnica (ad esempio se il regolamento richiede necessariamente l’assistenza tecnica sia in mediazione volontaria che obbligatoria)
-la durata indicativa che potrebbe avere il primo incontro (sicuramente non inferiore ad un’ora) - l’importo da corrispondere per le spese di avvio (Euro 40 + IVA)
- le conseguenze previste dalla legge nel caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo.


E’ opportuno permettere alle parti la possibilità di procedere all’analisi dei documenti (perizie o altro) in sede del primo incontro, prima della decisione delle parti di proseguire la mediazione?
In linea di massima no in quanto questo tipo di attività eccede l’obiettivo del primo incontro e sarebbe appropriato farlo solo in sede di mediazione. Tuttavia, il mediatore valuterà l’opportunità in ogni caso e la disponibilità delle parti e dei loro avvocati per procedere in tal senso.


E’ possibile svolgere sessioni separate durante il primo incontro?
La mediazione inizia con il deposito della domanda di mediazione, perciò il primo incontro è già parte integrante della procedura e come accade con le altri fasi della stessa, il mediatore può condurre il primo incontro senza formalità (artt. 3, 8 comma 2 D. Lgs. 28/10), nel modo che ritenga più adeguato, quindi predisponendo eventualmente anche sessioni separate qualora lo ritenga opportuno.
E’ necessario far firmare l’impegno alla riservatezza già nel primo incontro (soprattutto se la parte invitata compare, senza aver sottoscritto preventivamente alcuna sorta di adesione)?
La comparizione della parte invitata al primo incontro presuppone già la tacita accettazione del regolamento e quindi dell’impegno alla riservatezza e sarebbe opportuno che il mediatore lo ricordi chiaramente alle parti durante l’incontro.


E’ possibile che il primo incontro sia svolto da un mediatore e nel caso di accettazione, la procedura sia condotta da un altro mediatore?
La normativa non prevede nulla. Le uniche indicazioni riguardanti la possibilità di sostituzione del mediatore sono contenute nell’art. 7 comma del DM 180/10, in relazione alla formulazione della proposta e nell’art. 14 comma 3 del D. Lgs. 28/10, relativamente alla richiesta formulata da una parte . Tuttavia, tranne casi eccezionali, è opportuno che il mediatore incaricato della prosecuzione della procedura sia lo stesso che ha condotto il primo incontro,anche perché il consenso delle parti può avvenire non solo in considerazione dei vantaggi della procedura di mediazione, ma anche in relazione alla valutazione della professionalità e competenze (skills) del mediatore.


- Quando si conclude il primo incontro?
Il primo incontro si conclude quando il mediatore ritiene evidente la volontà delle parti di proseguire o meno con la procedura, oppure quando la mancata comparizione di una esse ne impedisca lo svolgimento. Nel caso di mancata comparizione di una delle parti o di mancato accordo tra le stesse per proseguire la mediazione, il mediatore dovrà redigere l’apposito verbale che costituirà titolo per dimostrare l’assolvimento della condizione di procedibilità (art. 5 comma 2 bis del D. Lgs. 28/10).
Anche nel caso, di concorde volontà delle parti per proseguire la mediazione, è opportuno redigere un verbale che dia atto di tale circostanza, allo scopo di determinare chiaramente la conclusione del primo incontro e l’inizio delle fasi successive della procedura, con il conseguente obbligo per le parti di provvedere al pagamento delle indennità relative.


- Il verbale negativo
L’art. 8 comma 1 prevede che il mediatore, dopo aver chiarito alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione inviti le parti e i loro avvocati ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione. Pertanto, sembra opportuno che il verbale conclusivo del primo incontro di mediazione contenga le risposte delle parti a tale invito (verbalizzando soltanto chi è favorevole alla prosecuzione e chi no, senza aggiungere le rispettive motivazioni), preferibilmente utilizzando un modulo preconfezionato che contenga SI/NO per ogni parte, per evitare eventuali richieste di verbalizzare le loro motivazioni.
In relazione ad altri argomenti, il principio è che in linea generale i verbali dovrebbero sempre fotografare la situazione (presenza delle parti, degli avvocati, eventuale assenza dell’avvocato di una delle parti, ecc).


 Nel caso di accordo tra le parti per la prosecuzione della mediazione in seguito al primo incontro, bisogna rinviare la seduta?
E’ opportuno non rinviare la seduta. Perciò verificata la disponibilità dell’Organismo, delle parti, degli avvocati e del mediatore, sarebbe quindi preferibile proseguire la seduta subito dopo la verbalizzazione dell’accordo delle parti in tal senso e il versamento delle spese di mediazione o indennità dovute a seconda del valore della controversia.

Come deve intendersi la prescrizione contenuta nell’art. 17, comma 5 ter del D. Lgs. 28/10 (“nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro non è dovuto nessun compenso all’Organismo di mediazione”)?
Il compenso “non dovuto” a cui fa riferimento la normativa è quello relativo all’indennità (in particolare le “spese di mediazione”), ovvero all’importo posto a carico degli utenti per la fruizione del servizio di mediazione. Tuttavia, bisogna distinguere tale importo dalle “spese di avvio”. Infatti, con la circolare interpretativa del 20/12/11, emanata in relazione al DM 145/11, il Ministero aveva distinto l’indennità o spese di mediazione (oggi non dovute nel caso di mancato accordo per la prosecuzione della mediazione), dalle spese di avvio, previste a copertura dell’attività prodromica dell’organismo per lo svolgimento del servizio di mediazione, che invece sono dovute (nella misura di 40 € + IVA da corrispondere, per la parte istante al momento del deposito della domanda e per la parte convocata, al momento dell’accettazione), oltre alle eventuali spese vive dovutamente documentate.
Soltanto nel momento in cui le parti, insieme ai loro avvocati esprimeranno la volontà di proseguire con lo svolgimento della procedura di mediazione, maturerà il diritto dell’Organismo a richiedere il pagamento delle “spese di mediazione” previste in base allo scaglione di riferimento e l’obbligo delle parti a corrisponderlo. Ogni organismo deciderà la modalità per il pagamento ma potrebbe essere molto utile offrire la possibilità di farlo attraverso bancomat.


- E’ possibile svolgere il primo incontro on line?
L’utilizzo del servizio telematico da parte degli Organismi a ciò attrezzati, includendo un regolamento on line, può riguardare l’intero procedimento di mediazione: dalla presentazione della domanda alla sottoscrizione del verbale, includendo la gestione delle singole fasi (deposito dei documenti, comunicazioni con la Segreteria e la conseguente gestione della procedura, quindi anche del primo incontro).
Anche ad una procedura “tradizionale”, potrebbe sempre essere affiancata qualche forma di modalità telematica (comunicazioni telefoniche, via fax, posta, e-mail), e l’eventuale richiesta di svolgimento del primo incontro in tale modalità (ad es. via skype). Tuttavia, in considerazione degli obiettivi specifici e l’importanza del primo incontro, sarebbe preferibile limitare tale modalità ai casi strettamente necessari.


4. L’ACCORDO CONCILIATIVO.
- qual è l'oggetto specifico dell'atto previsto dall'art. 2643, n. 12-bis?

L'oggetto specifico è l'accordo con cui le parti danno atto che si è verificata l'usucapione di un diritto reale su un bene immobile. Deve trattarsi di un diritto usucapibile e non è necessario che l'accordo abbia i requisiti della transazione (reciproche concessioni).


- Può essere trascritto l'accordo che ha un contenuto diverso dall'accertamento dell'avvenuta usucapione?
Se l'accordo contiene disposizioni ulteriori rispetto all'accertamento dell'avvenuta usucapione, esso può essere trascritto ai sensi del n. 13 dell'art. 2643 c.c. [le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti].


- E’ sufficiente l'autenticazione degli avvocati?
No. La sottoscrizione dell'accordo deve essere autenticata da un notaio: ciò è previsto espressamente dalla norma («con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato») e discende comunque dall'art. 2657 c.c.


- Solo l'accordo raggiunto in sede di mediazione può essere trascritto?
No. La disposizione contenuta nell'art. 2643 n. 12-bis c.c. è generale, e quindi - purché autenticato dal notaio - l'accordo che accerta l'usucapione può essere trascritto qualunque sia la sede in cui è raggiunto.


- Che contenuto deve avere l'accordo per acquisire efficacia esecutiva?
L'accordo ha efficacia esecutiva se ha il contenuto previsto dall'art. 474 c.p.c. : in esso devono quindi essere previsti obblighi di una o di ambo le parti.


- Cosa devono attestare gli avvocati?
Gli avvocati devono attestare che l'accordo non è contrario all'ordine pubblico (cioè non contiene pattuizioni contrastanti con i principi fondamentali dell'ordinamento: ad es., viene accordato un risarcimento per l'inadempimento ad un obbligo derivante da un contratto illecito) o a norme imperative. In relazione a quest'ultime peraltro occorre precisare che le disposizioni imperative che disciplinano un rapporto non si applicano all'accordo che risolve una controversia relativa a quel rapporto. Ad es., le norme imperative in materia di locazione non si applicano ad un accordo che risolve una controversia locativa.


- Se manca la sottoscrizione o l'attestazione degli avvocati, l'accordo è invalido?
No, perché la sottoscrizione e l'attestazione degli avvocati sono richieste ai soli fini dell'efficacia esecutiva.


- Se manca la sottoscrizione o l'attestazione degli avvocati, l'accordo può acquistare efficacia
esecutiva?

Sì, mediante l'omologazione del presidente del tribunale, che è alternativa (<<In tutti gli altri casi>>, prevede l'art. 12) alla sottoscrizione degli avvocati.


- Quale natura ha il titolo esecutivo costituito dell'accordo sottoscritto dagli avvocati?
Si tratta di scrittura privata, e pertanto esso viene utilizzato in originale come titolo esecutivo.


- E’ necessaria l'apposizione della formula esecutiva?
No, in quanto l'art. 475 c.p.c. prevede che la formula esecutiva deve essere apposta ai titoli esecutivi utilizzati in copia e non a quelli utilizzati in originale (scritture private, cambiali, assegni).


- E’ necessario notificare alla controparte, insieme al precetto, anche una copia del titolo esecutivo?
No, in quanto l'art. 474 c.p.c. stabilisce che le scritture private non debbono essere notificate, ma debbano essere integralmente trascritte nel precetto, come accade per i titoli di credito.


- Vi è differenza fra l'efficacia esecutiva dell'accordo sottoscritto dagli avvocati e quello omologato dal giudice?
Nonostante la diversa dizione utilizzata dall'art. 12 per l'accordo sottoscritto dagli avvocati (espropriazione forzata, esecuzione per consegna e rilascio, esecuzione degli obblighi di fare e non fare) e per l'accordo omologato (espropriazione forzata ed esecuzione in forma specifica) non vi è differenza, in quanto con il termine <<esecuzione in forma specifica>> si intende l'esecuzione per consegna e rilascio e l'esecuzione per obblighi di fare e di non fare.


5. ORGANISMI DI MEDIAZIONE FORENSE E REVISIONE DELLE CIRCOSCRIZIONI GIUDIZIARIE.
Gli Organismi di mediazione forense costituiti presso gli Ordini degli Avvocati ne condividono le sorti. Di conseguenza a far data dalla soppressione dell’Ordine, andranno ricostituiti presso la sede di quello che avrà inglobato le competenze del primo.