Dopo la celebre sentenza della Corte Costituzionale n. 272/2012 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 del D.Lgs. 28/2010 per eccesso di delega in relazione al profilo dell’obbligatorietà, non previsto nella L. 69/2009 e nella direttiva 2008/52/CE da essa recepita, si sono susseguite alcune evoluzioni normative di non poco momento, quali la nuova direttiva UE sulla ADR dei consumatori (maggio 2013) e successivamente nel mese di agosto, la riforma della mediazione con il c.d. “Decreto del fare”.
La risposta del Legislatore italiano alla sentenza della Consulta avvenuta proprio con la riforma di agosto 2013, per la verità più un regalo alle richieste provenienti da una certa parte dell’Avvocatura che un vero e proprio rilancio del nuovo Istituto, cozza in alcuni aspetti con la normativa europea, alla quale, ovviamente, il legislatore non potrà non adeguarsi in futuro.
La Direttiva 2013/11/CE che investe principalmente le controversie dei consumatori in larga parte interessati dai problemi inerenti gli acquisti di beni e servizi sul mercato interno, si pone la duplice finalità sia di omogeneizzare le strategie di ADR a livello comunitario, sia di rafforzare il sistema di risoluzione delle controversie attraverso la previsione di specifiche piattaforme on line che gli organismi dovranno avere adeguandosi così alla informatizzazione degli strumenti di compravendita.
Sebbene la normativa europea faccia esclusivo riferimento alle controversie dei consumatori, detta competenza sarà probabilmente destinata ad estendersi anche alle altre materie in considerazione del fatto che da un canto, il preambolo 19 della direttiva 2013 afferma di prevalere in caso di contrasto con la direttiva 2008/52/Ce relativa alla mediazione civile e commerciale, e, dall’altro, dovrà intendersi applicata “orizzontalmente” a tutti i tipi di procedure ADR, comprese quelle disciplinate dalla direttiva 2008/52/CE.
L’estensione dell’applicazione della Direttiva anche ai campi che esulano dalle controversie consumeristiche inciderà inevitabilmente ed in parte sulla normativa italiana, come ad esempio in tema di obbligatorietà della presenza del legale.
L’art. 8 lett. b) della Direttiva prevede difatti la non obbligatorietà dell’assistenza del legale, anche se viene comunque lasciata facoltà al consumatore di avvalersi del parere di un esperto indipendente o essere rappresentato o assistito da terzi in qualsiasi fase della procedura.
In senso opposto a questa previsione rema invece la riforma della mediazione introdotta nell’agosto 2013, secondo cui, come peraltro confermato nella Circolare Ministeriale di fine novembre 2012, deve ritenersi che l’assistenza dell’avvocato sia obbligatoria esclusivamente nelle ipotesi mediazione “obbligatoria” o demandata dal giudice nel corso di tutti gli incontri del procedimento, mentre nella mediazione “facoltativa” le parti possono partecipare senza l’assistenza di un avvocato.
Altro aspetto non secondario ed in contrasto con la Direttiva europea riguarda la formazione dei mediatori e degli organismi di ADR.
Il Legislatore del Decreto del Fare mosso dai rilievi sollevati nelle varie ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale, è corso ai ripari introducendo una serie di disposizioni nel tentativo di garantire, senza peraltro riuscirci, una efficace formazione dei mediatori.
Le nuove norme prevedono che “gli avvocati sono, di diritto, mediatori” e “non possono assumere le funzioni in assenza di adeguata formazione”.
Formazione che, viene specificato, tutti gli avvocati iscritti agli organismi di mediazione devono avere in coerenza con i percorsi previsti dall’art. 55bis del codice deontologico, secondo cui “l’avvocato che svolga la funzione di mediatore deve rispettare gli obblighi dettati dalla normativa in materia e le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei limiti in cui dette previsioni non contrastino con quelle del presente codice.
La norma richiamata appare evidentemente priva di alcuna specificazione se si consideri che l’art. 6 della Direttiva del 2013 dispone che gli Stati membri devono assicurare che i mediatori “possiedano conoscenze e capacità necessarie nel settore della risoluzione alternativa o giudiziale delle controversie dei consumatori, nonché una comprensione generale del diritto”.
Un principio generale che il Legislatore del Decreto del Fare si è probabilmente dimenticato di approfondire adeguatamente e sul quale dovrà necessariamente ritornarci.
Unica nota positiva è da registrarsi con riferimento alla non onerosità del primo incontro di mediazione (sono da corrispondere le sole di segreteria).
Un aspetto, questo, a suo tempo sottoposto al vaglio della Consulta e che implicitamente risulta condiviso positivamente dalla Direttiva secondo cui “non pregiudica la legislazione nazionale che prevede l’obbligatorietà di tali procedure, a condizione che tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accedere al sistema giudiziario” (art.1).