Se la controversia verte su un assegno bancario è applicabile la previsione dell'art. 5 comma 1 bis?

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Avv. Stefano Nulli

Corte di Cassazione, ordinanza numero. 9204 del 20.05.2020

A cura del Mediatore Avv. Stefano Nulli da Torino.
Letto 2691 dal 02/06/2020

Commento:
L’art. 5 comma 1 bis d.lgs. n. 28/2010 puntualizza, tra le altre cose, che in materia di contratti bancari l’esperimento del procedimento di mediazione è obbligatorio. Di conseguenza, il corretto svolgimento del tentativo di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Nel novero dei contratti bancari, però, non possono essere ricompresi gli assegni bancari. L’assegno, infatti, è uno strumento di pagamento che mantiene una propria autonomia sia sotto il profilo funzionale che sotto quello strutturale rispetto ad un contratto bancario.

La mediazione, dunque, non è obbligatoria se oggetto della controversia è un assegno bancario ma solo in presenza di un contratto bancario strettamente inteso. 

Testo integrale:

Corte di Cassazione, Sez. VI Civile, Ord. num. 9204 del 20.05.2020
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI CIVILE
ORDINANZA

sul ricorso 16910-2018 proposto da: BANCA , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in presso lo studio dell'avvocato A A, rappresentata e difesa dall'avvocato C S; - ricorrente -
contro
T. A SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,  presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato M S; 
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 12118/2017 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 20/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA. FATTI DI CAUSA

1.- Nel luglio 2015 la s.p.a. T A. ha convenuto avanti al giudice di pace di Milano la Banca di credito cooperativo di Napoli, chiedendo ne fosse accertata la responsabilità per avere questa pagato, quale banca negoziatrice, un assegno non trasferibile a soggetto diverso dall'effettivo beneficiario, con conseguente condanna a risarcire il danno patito. Con sentenza depositata nel settembre 2016, il giudice ha accolto la domanda attorea. La Banca ha allora interposto appello avanti al Tribunale di Milano. Che lo ha respinto con sentenza depositata in data 30 novembre 2017.

2.- In via preliminare, la pronuncia ha respinto l'eccezione di improcedibilità della domanda, per mancato esperimento della mediazione obbligatoria. Ha rilevato, in proposito, che la norma dell'art. 5 comma 1 bis d.lgs. n. 28/2010 non indica genericamente la materia bancaria quale oggetto di mediazione obbligatoria, ma puntualizza che la mediazione è obbligatoria per la specifica materia dei «contratti bancari». Nella specie, invece, la fonte dell'obbligo, la cui violazione risulta imputata alla Banca, si trova direttamente nella legge, sub specie dell'art. 43 legge assegni.

3.- Nel merito, il Tribunale ha rilevato che la responsabilità stabilita dalla norma dell'art. 43 legge assegni ha natura contrattuale, con la conseguenza che la banca, che ha pagato la somma portata dal titolo a soggetto diverso dall'effettivo beneficiario, avrà l'onere di dimostrare la non imputabilità dell'accaduto per potere andare esente da responsabilità. Posta questa premessa, ha rilevato che, nella specie, la Banca non aveva peraltro prodotto l'originale del titolo in questione; e che una simile produzione era per contro necessaria, al fine di potere apprezzare i termini dell'effettiva rilevabilità dell'alterazione cartolare.

5.- Da ultimo, il Tribunale ha osservato che nessuna responsabilità poteva essere addebitata al traente dell'assegno, e attore nel primo grado, per non avere promosso iniziative nei confronti della Banca «in tempo utile per consentirle il recupero della provvista da parte del correntista prima che quest'ultimo chiudesse il proprio conto corrente». «Per la proposizione della domanda fondata sull'art. 43 legge assegni» - ha riscontrato la pronuncia -, non risulta prescritto alcun termine decadenziale. 6.- Avverso questo provvedimento propone ricorso la Banca, affidandosi a quattro motivi di cassazione. Resiste, con controricorso, Tua Assicurazioni.

7.- Il controricorrente ha anche depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 8.- Il primo motivo di ricorso assume, nell'intestazione, la violazione dell'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010 in relazione all'art. 1321 cod. civ. e 43 legge ass.; nonché «omessa, insufficiente, errata e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ.». Nella sostanza, il motivo contesta la decisione del Tribunale di respingere l'eccezione di improcedibilità della domanda attorea per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio.
Nella specie - si precisa - è stata invocata una responsabilità contrattuale; non può essere revocato in dubbio, poi, che la controversia abbia a oggetto un «contratto bancario».

9.- Il motivo non merita di essere accolto. Non può infatti ritenersi che la fattispecie concretamente in esame rientri nell'ambito dei «contratti bancari» presi in considerazione dalla norma dell'art. 5 comma 1 d.lgs. n. 28/2010 (nella versione introdotta dall'art. 84 comma 1 lett. b. decreto legge n. 69/2013, conv. nella legge n. 98/2013). L'assegno rientra propriamente nel novero dei servizi di pagamento, secondo quanto previsto dall'art. 2 lett. g) d Igs. 27 gennaio 2010, n. 11, con disposizione che in sé stessa prescinde dal carattere «bancario» del soggetto che venga a prestare il relativo servizio. D'altronde, la stessa convenzione di assegno, se può anche trovarsi inserita nel corpo di «contratti bancari», mantiene pur sempre una sua propria autonomia, sia sotto il versante funzionale, che sotto quello strutturale.

10.- Il secondo motivo di ricorso assume violazione dell'art. 43 legge assegni, nonché «omessa, insufficiente, errata e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4 cod. proc. civ.». Ad avviso del ricorrente, risulta «evidente la contraddittorietà della sentenza di secondo grado, laddove ha ritenuto da un lato non sussistere una responsabilità contrattuale e dall'altro, poche righe dopo, ritenere una responsabilità contrattuale sulla scorta dell'art. 43 legge fall.». D'altro canto - soggiunge il motivo -, la Banca «non è mai stata a conoscenza della contraffazione del nominativo del prenditore ed è stata nell'oggettiva impossibilità di difendersi producendo l'originale dell'assegno, atteso che questo è stato oggetto di "check truncation" ovvero di quella particolare procedura di incasso degli assegni bancari e circolari di importo fino a € 5.000,00», in cui l'assegno viene «troncato», a indicare che non è più valido: si tratta di «tagliarne l'angolo superiore sinistro, cosa che fa normalmente la banca che lo negozia senza inviarlo materialmente alla banca indicata sul titolo per il pagamento».

11.- Il motivo non merita di essere accolto. In effetti, non corre nessuna contraddizione tra l'affermazione del Tribunale dell'essere legale la fonte dell'obbligazione della Banca di verifica del soggetto presentatore dell'assegno e l'ulteriore affermazione del medesimo, per cui la disciplina della responsabilità (distribuzione degli oneri probatori compresa) si atteggia sulla falsariga della responsabilità contrattuale. E' noto che la disciplina regolatrice della responsabilità contrattuale costituisce, nel sistema vigente, il modello generale di regolazione della responsabilità civile. A questo modello - peraltro assai diverso dall'alternativa, che è data dalla responsabilità extracontrattuale (o da torto, come anche si dice) - si adattano, dunque, pure le ipotesi delle obbligazioni ex lege. Ciò posto, va ancora aggiunto che l'adozione del sistema c.d. check truncation non rappresenta, nel sistema attuale, una causa di esonero da responsabilità. E' da aggiungere, altresì, che, nella specie, al giudizio di responsabilità è stata chiamata la banca negoziatrice: quella, cioè, che - secondo la stessa esposizione del ricorrente - trattiene presso di sé l'assegno, troncatolo nel margine superiore.

12.- Il terzo motivo di ricorso assume, nell'intestazione, violazione degli artt. 1189 cod. civ. e 43 legge assegni; degli artt. 1175, 1176 comma 2, 1218, 2697 cod. civ. e 112 ss. cod. proc. civ.; nonché «omessa, insufficiente, errata e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4 cod. proc. civ.». Nella sostanza, il motivo segnala di avere sollevato un'eccezione di carenza di legittimazione passiva: la Banca è rimasta «assolutamente estranea ai fatti di causa»; la domanda avrebbe dovuto essere indirizzata nei confronti del soggetto che si presentò per l'incasso del titolo. Ove poi «si discuta di una responsabilità contrattuale della BCC, va considerata la natura e il grado di diligenza che gli artt. 1176 comma 2 e 1218 cod. civ. esigevano dal debitore della prestazione».

13.- Il motivo non merita di essere accolto. Nella sua prima parte, esso trascura che l'azione svolta da Tua Assicurazione è (non contestatamente) un'azione risarcitoria e non già restitutoria. Quanto poi alla ritenuta diligenza professionale del comportamento tenuto dalla Banca nella fattispecie concreta di cui si discute, va osservato - al di là di ogni rilievo sui limiti strutturali, che sono propri del giudizio di legittimità - che le allegazioni formulate dal ricorrente non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata, come per l'appunto basata sulla mancata produzione dell'originale cartolare.

14.- Il quarto motivo assume «mala gestio della Tua - omesso esame su punto decisivo della controversia - violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 e 1218 cod. civ.; omessa, insufficiente, errata e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e 4 cod. proc. civ.». Ritiene il ricorrente che risulta evidente una responsabilità e/o mala gestio da parte della Tua, la quale, se avesse agito prontamente, avrebbe recuperato le somme direttamente» dal prenditore «ovvero avrebbe consentito alla BCC di recuperare l'importo dell'assegno da questi».

15.- Il motivo non merita di essere accolto. Non risulta che il ricorrente abbia introdotto, nelle precedenti fasi di merito del giudizio, domande intese a fare valere una responsabilità dell'attore in promo grado, ai sensi dell'art. 1227 comma 1 o comma 2 cod. civ. 16.- In conclusione, il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

?La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di C 1.100.00 (di cui C 100,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater d.p.r. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma del comma 1 bis dell'art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta

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Chi è l'autore
Avv. Stefano Nulli Mediatore Avv. Stefano Nulli
Sono avvocato civilista, torinese ma con spirito fortemente dinamico. Dal 1993 mi prendo cura degli interessi dei miei clienti consigliandoli ed affiancandoli personalmente in ogni passaggio delle procedure intraprese per la miglior soluzione dei loro problemi.
Ero scettico sulle opportunità offerte dalla mediazione, ma da quando sono entrato a far parte del team di 101Mediatori ne ho compreso appieno le potenzialità - purché sia svolta con l'impegno e la professionalità che costituiscono lo st...
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