La mediazione obbligatoria non si estende alle domande riconvenzionali sollevate dal convenuto o proposte da terzi

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Dott.ssa Cristina Scatto

Tribunale di Taranto, sentenza del 2/05/2019

A cura del Mediatore Dott.ssa Cristina Scatto da Lecce.
Letto 6946 dal 10/07/2019

Commento:
La mediazione obbligatoria non si estende alle domande riconvenzionali sollevate dal convenuto, o proposte da eventuali terzi intervenuti. Ciò per un diverso ordine di ragioni. Innanzitutto la locuzione  "chi intende esercitare in giudizio un'azione" contenuta nel comma 1, art. 5, D.Lgs. n. 28 del 2010, va interpretata in maniera estremamente restrittiva e riferita solo a chi intende instaurare un giudizio che, per forza di cose, non può essere nè il convenuto nè il terzo.  In secondo luogo, invece, estendere l'obbligatorietà del tentativo di mediazione anche alle domande riconvenzionali del convenuto o proposte da terzi significherebbe mettere in pericolo la ragionevole durata del processo e, di conseguenza, verrebbe frustrato lo stesso spirito deflattivo della procedura di mediazione. A questa stessa conclusione si giunge se si pensa che, il convenuto, potrebbe proporre una domanda riconvenzionale al sol fine di costringere il giudice a mandare le parti in mediazione dilatando, in maniera inaccettabile, i tempi del processo. La pronuncia del Tribunale di Taranto, quindi, punta a salvaguardare la giusta e ragionevole durata del processo in quanto,  permettere l'esperimento del tentativo di conciliazione su domande ulteriori rispetto a quella introduttiva, sarebbe contrario alle stesse intenzioni del legislatore.

Testo integrale:

 Tribunale Ordinario di Taranto -
SEZIONE SECONDA CIVILEIl
Tribunale di Taranto, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del Presidente Dott.ssa Stefania D'Errico; ha pronunciato la seguente
SENTENZA …omissis…

L'OGGETTO DEL GIUDIZIO, LE RAGIONI DELLE PARTI E LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.

Deve premettersi che la presente sentenza viene redatta senza la concisa esposizione dello svolgimento del processo e con una motivazione corredata da una succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così come previsto dagli art.132 n. 4 e 118 disp.att. c.p.c. nel testo introdotto rispettivamente dagli art. 45 e 52 della L. n. 69 del 18 giugno 2009, trattandosi di disposizioni applicabili anche ai procedimenti pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della (ossia L. 4 luglio 2009), ai sensi dell'art. 58, 2 comma, della legge citata. Con atto di citazione ritualmente notificato …omissis…ha convenuto in giudizio innanzi all'intestato tribunale …omissis…deducendo che con contratto stipulato il 25.08.2006 e registrato il successivo 28.08.2006 aveva ceduto in locazione in favore della società convenuta (poi resistente) i locali di sua proprietà siti in ….per un canone mensile di Euro 5.000,00 ridotto a Euro 4.000,00 per il primo anno e a Euro 4.500,00 per il secondo, al fine di agevolare l'avvio della produzione, e successivamente, a decorrere dal mese di ottobre 2010 e fino al dicembre 2011 a Euro 4.000,00 mensili; che i pagamenti non erano avvenuti con regolarità e erano cessati dal settembre 2013 sino a novembre 2013, data di rilascio dell'immobile; chiedeva pertanto che la convenuta (di seguito resistente) fosse condannata al versamento della somma complessiva di Euro 82.076,06, di cui Euro 79.576,06 a titolo di canoni non corrisposti e Euro 7.500,00 a titolo di risarcimento dei danni, detraendo la cauzione di Euro 5.000,00 versata al momento della stipula del contratto. Con comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale depositata in data 02.05.2014 …omissis…è costituita nel presente giudizio e ha, in via preliminare, eccepito la nullità dell'atto di citazione, atteso che oggetto della domanda è materia locatizia, per cui la stessa andava proposta con ricorso ex artt. 447 bis e 414 c.p.c.; ha, inoltre, eccepito la improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione; la nullità della domanda ai sensi degli artt. 164, comma 4, e 163, comma 3, n. 4, c.p.c.; nel merito ha rilevato l'insussistenza del credito per canoni di locazione, per effetto della riduzione pattuita dal marzo 2013 a Euro 3.850,00 mensili e che l'IVA sino all'ottobre 2013 era fissata al 21%; l'infondatezza della spiegata domanda risarcitoria; ha proposto, quindi, domanda riconvenzionale di risoluzione contrattuale per inadempimento della locatrice, consistito nella mancata consegna alla conduttrice della documentazione indispensabile per lo svolgimento dell'attività in relazione alla quale fu stipulato il contratto (istituto scolastico), che aveva determinato il diniego dell'istanza per il riconoscimento della parità scolastica da parte del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca; ha segnatamente dedotto che l'anticipata risoluzione del contratto di locazione aveva cagionato danni alla società convenuta pari a Euro 40.000,00; che era da ritenersi indebito, per effetto della risoluzione del contratto, il pagamento dei canoni di locazione da giugno 2008 a giugno 2009 pari a Euro 48.000,00, di cui domandava la restituzione; che era inoltre dovuta l'indennità per la perdita di avviamento commerciale ex art. 34 L. n. 392 del 1978 e per i miglioramenti apportati al bene locato, pari a Euro 20.000,00, oltre alla restituzione della somma di Euro 5.000,00 versata a titolo di caparra. All'udienza del 28 maggio 2014 veniva concesso termine di gg. 15 per l'esperimento della mediazione obbligatoria. Con memoria del 19.9.2014, la società ricorrente rideterminava, sulla scorta dei rilievi di parte resistente in punto di riduzione del canone e IVA, in Euro 67.944,94 la somma dovuta per canoni di locazione non versati, e chiedeva all'istruttore l'emissione di ordinanza di pagamento ex art. 423 c.p.c. ovvero 186-bis c.p.c., istanza rigettata con ordinanza del 10.11.2014. All'udienza del 18.03.2015, veniva disposto il mutamento del rito da ordinario a speciale locatizio e assegnati alle parti termini per eventuale integrazione degli atti introduttivi. La causa, a seguito del mutamento del rito, è stata istruita a mezzo di interrogatorio formale dei legali rappresentanti delle parti e prova per testi, e infine, riservata per la decisione dal precedente istruttore ai sensi dell'art. 190 c.p.c. all'udienza del 15.02.2017, è stata rimessa sul ruolo per la discussione ai sensi dell'art. 447 bis c.p.c. e decisa all'udienza del 2 maggio 2019, con lettura in udienza del dispositivo e delle contestuali motivazioni.

LE ECCEZIONI PRELIMINARI.

Le eccezioni preliminari rilevate dalla società convenuta (e dalla attrice quanto alla asserita improcedibilità della domanda riconvenzionale per non avere la parte resistente esperito il procedimento di mediazione obbligatorio per legge) sono infondate. In punto di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria, le eccezioni dello parti non meritano accoglimento, atteso che la condizione di procedibilità è stata adempiuta attraverso il rituale espletamento della mediazione ad opera della parte resasi diligente (ovvero la società ricorrente) nel termine assegnato dal Presidente Istruttore all'udienza del 28 maggio 2014 e pertanto non sussiste la eccepita improcedibilità. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale in materia, invero, la mediazione obbligatoria non si estende alle domande riconvenzionali sollevate dal convenuto, o proposte da eventuali terzi intervenuti. Le ragioni poste alla base di tale condivisibile indirizzo interpretativo possono essere così sintetizzate: a) le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità sono di stretta interpretazione, poiché introducono limitazioni all'esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 Cost., quindi la locuzione "chi intende esercitare in giudizio un'azione", contenuta nel comma 1, art. 5, D.Lgs. n. 28 del 2010, sarebbe da intendersi come "chi intende instaurare un giudizio"; b) vanno fatti salvi i principi di ragionevole durata del processo e di equilibrata relazione tra procedimento giudiziario e mediazione, indicato nella direttiva comunitaria 2008/52/CEE; c) il procedimento di mediazione sulla domanda riconvenzionale non è generalmente idoneo, dopo il fallimento del procedimento di mediazione sulla domanda principale, a porre fine al giudizio (cfr. Tribunale Reggio Calabria, 22 aprile 2014, in Osservatorio Mediazione Civile n. 42/2014; Tribunale di Palermo, 11 luglio 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 29/2012); d) l'art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 28 del 2010, prevede la facoltà del convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione, sicché va considerato tale "chi viene citato in giudizio", e non già "chi, avendo promosso un'azione e , pertanto, notificato ad altri una vocatio in ius, risulti a sua volta destinatario di una domanda, collegata a quella originaria"; e) non è opportuno consentire che vengano formulate domande riconvenzionali al solo fine di costringere il giudice a mandare le parti in mediazione, così da dilazionare i tempi del processo; infine f) l'interpretazione propugnata dalla giurisprudenza di legittimità già con riferimento all'art. 46 della L. n. 203 del 1982 e, cioè, che " l'onere del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione ... sussiste, oltre che a carico dell'attore che agisce in via principale in giudizio, anche nei confronti del convenuto che proponga una domanda riconvenzionale, secondo uno dei criteri di collegamento previsti dall'art. 36 cod. proc. civ."(Cass. 18 gennaio 2006, n. 830). L'orientamento qui condiviso appare, pertanto, maggiormente conforme alla stessa ratio del tentativo obbligatorio di mediazione, identificabile in ragioni di economia processuale, conseguendone che dilazionare il processo per permettere l'esperimento del tentativo di conciliazione, su domande ulteriori rispetto a quella introduttiva, sarebbe contrario alle intenzioni del legislatore. Quanto alla nullità della domanda per essere stata introdotta con atto di citazione anzicchè con ricorso, deve osservarsi che con ordinanza emessa all'udienza del 18.03.2015 è stato disposto il mutamento del rito da ordinario a speciale locatizio e che le parti hanno ritualmente integrato gli atti introduttivi mediante il deposito di memorie integrative nei termini all'uopo concessi, con l'effetto che l'eccezione deve ritenersi definitivamente superata. In relazione alla nullità della domanda per violazione dell'art. artt. 164, comma 4, e 163, comma 3, n. 4, c.p.c., la domanda non presenta profili di incompletezza ed indeterminatezza essendo stati esposti in modo sintetico ma esauriente gli aspetti fattuali e giuridici che ne costituiscono il fondamento. Nel merito, la domanda è fondata, per quanto di ragione. IN FATTO. Tra le parti è intercorso un "Contratto di locazione commerciale" stipulato con scrittura privata in data 25 agosto 2008 e regolarmente registrato (v. allegato n. 2 del fascicolo di parte ricorrente), a mezzo del quale la società D…omissis…ha concesso in locazione alla I…omissis…per la durata di sei anni (dall'1.9.2008 al 31.12.2014), il bene immobile sito in T. alla Via C. B. nn. 311/323, stabilendosi un canone di locazione un canone mensile di Euro 5.000,00 ridotto a Euro 4.000,00 per il primo anno e a Euro 4.500,00 per il secondo, al fine di agevolare l'avvio della produzione, e successivamente, a decorrere dal mese di ottobre 2010 e fino al dicembre 2011, a Euro 4.000,00 mensili (v. scrittura privata del 30.12.2010) e ancora ulteriormente ridotto, come ammesso dalla parte ricorrente, a Euro 3.850,00 iva compresa, per il periodo dal mese di marzo 2013 al rilascio. All'atto della stipula del contratto, il conduttore riconosceva espressamente di avere esaminato l'immobile e di averlo trovato "in buono stato di manutenzione, privo di difetti e idoneo all'uso cui intende adibirlo". Il contratto si è risolto infine per recesso del conduttore in data 6.12.2013 (v. verbale di consegna).

IL MERITO.

Venendo ad esaminare nel merito la domanda di condanna al pagamento dei canoni di locazione scaduti e non versati, all'esito delle opportune precisazioni fornite dalla ricorrente con la memoria integrativa autorizzata in ordine al quantun preteso per effetto delle riduzioni del canone di volta in volta accordate (v. supra) e al corretto computo dell'IVA secondo i parametri vigenti nel tempo, non vi è sostanziale contestazione da parte della società resistente, apportati i detti correttivi, circa la debenza, a titolo di canoni di locazione scaduti e non versati alla società locatrice, della somma di Euro 67.944,06, da cui va detratta la somma di Euro 5.000,00 (art. 15 del contratto), a titolo di rimborso del deposito cauzionale, e pertanto della somma complessiva di Euro 62.944,06. In ogni caso, la prova del preteso credito e del suo ammontare emerge documentalmente dal contratto di locazione stipulato in data 25.08.2006, dai successivi accordi tra le parti inerenti temporanee riduzioni del canone pattuito e, infine, dalle dichiarazioni testimoniali acquisite nel corso dell'istruttoria, da cui è emerso l'irregolare pagamento dei canoni di locazione e degli oneri condominiali (v. in particolare teste C.T., ud. 25.5.2016). Né la resistente ha mai rappresentato di avere versato quanto dovuto a titolo di pagamento del canone convenuto e tantomeno documentato i pagamenti dei canoni scaduti. Ne consegue la fondatezza della domanda, nei limiti di cui si è detto. Tutte le ulteriori domande sono prive di fondamento e devono, pertanto, essere rigettate. Quanto alla ulteriore domanda di risarcimento del danno proposta dalla società ricorrente, essa è rimasta del tutto sfornita di prova e, d'altronde, la situazione dei luoghi, per come ricavabile dai rilievi fotografici prodotti, peraltro privi di qualsiasi attestazione circa la data della loro effettuazione e quindi non certamente riferibili al momento del rilascio, non attestano se non problematiche di scarsissima entità e presumibilmente di modesto rilievo economico. Sul punto una CTU, la cui richiesta non è stata peraltro formalmente reiterata dalla società ricorrente in sede di conclusioni, avrebbe natura palesemente esplorativa, risultando inoltre inutilmente onerosa per le parti e contraria ad esigenze di economia processuale. In relazione alla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento proposta in via riconvenzionale dalla società resistente, con conseguente domanda di restituzione dei canoni versati e risarcimento del danno subito per effetto del mancato conseguimento delle autorizzazioni necessarie all'esercizio dell'attività al cui esercizio il bene è destinato, deve osservarsi che la specifica destinazione d'uso cui sarà adibito l'immobile locato (nel caso di specie ad istituto scolastico) è di norma determinata da quanto dichiarato e convenuto tra le parti nel contratto di locazione ovvero da esso desumibile. Allorché per l'esercizio dell'attività prevista nel contratto di locazione siano poi necessarie specifiche autorizzazioni amministrative, che il conduttore non riesca ad ottenerle dai competenti enti pubblici per mancanza di requisiti dell'immobile, potrebbe astrattamente sussistere una responsabilità in capo al locatore. Al fine di valutare se in effetti ricorra la responsabilità del locatore occorre, tuttavia, a mente del più recente e restrittivo orientamento della giurisprudenza di legittimità, accertare se sia stata stipulata una espressa clausola contrattuale con la quale il locatore si sia assunto l'obbligo di garantire l'idoneità del bene all'uso pattuito ovvero il conseguimento delle necessarie licenze ed autorizzazioni, in quanto solo in questa ultima ipotesi il locatore sarà responsabile, accertata l'inidoneità del bene all'uso a cui è destinato o la mancata attivazione dell'obbligato nell'ottenimento delle certificazioni richieste, ad agire per la risoluzione del contratto e l'eventuale risarcimento del danno. In punto di distribuzione dell'onere della prova, si afferma, peraltro, con indirizzo ormai consolidato, che nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo grava sul conduttore l'onere di verificare con la dovuta diligenza che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, con l'effetto che ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche dello stesso bene locato. La destinazione dell'immobile può, allora, assumere rilevanza, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso, a maggior ragione allorché vi sia stato il riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore in relazione alla specifica destinazione (cfr. Cass., 3, n. 1735 del 25/1/2011; Cass., 3, n. 5836 del 13/3/2007; Cass., 3, n. 25278 del 1/12/2009: Cass. 3.12.2010, n. 1735; App. Milano, sent. n. 3525/2017, Cass. sent. n. 11865/2015). Tali principi sono stati di recente ribaditi, con ancora maggiore vigore, dalla S.C. che con sentenza del 7 giugno 2018, n. 14731 ha affermato quanto segue:"I motivi sono infondati perché la Corte d'Appello si è attenuta alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato. La destinazione particolare dell'immobile diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso, vieppiù stante il riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore (Cass., 3, n. 1735 del 25/1/2011; Cass., 3, n. 5836 del 13/3/2007; Cass., 3, n. 25278 del 1/12/2009). Né la ricorrente allega l'esistenza dell'obbligo del locatore di procurare il certificato di prevenzione incendi, pretendendo di inferirlo dalla destinazione dell'immobile e dal collegamento negoziale, laddove, secondo la giurisprudenza, l'assunzione dell'obbligo deve essere espressa". Sulla scorta di tali rigorosi principi interpretativi, va quindi esaminata la fattispecie in esame. Nel caso che ci occupa, la dichiarazione della società condttrice di avere visionato l'immobile e di averlo riscontrato conforme all'uso cui era destinato (art. 8 del contratto), unitamente alla mancanza di una espressa clausola di garanzia in relazione all'ottenimento delle necessarie autorizzazioni amministrative, conduce, invero, a ritenere che alcun obbligo gravasse sulla locatrice in merito all'ottenimento delle necessarie autorizzazioni amministrative, peraltro solo genericamente indicate dalla resistente. Se si intende restringere la questione alla abitabilità-agibilità dei locali, e fermo restando quanto sin qui esposto e osservato, dalle prove orali espletate emerge in ogni caso la spontanea attivazione da parte della locatrice attraverso il compimento di tutte le attività preliminari finalizzate al rilascio del certificato di agibilità e l'effettivo ottenimento di una agibilità provvisoria, senza che risulti, di converso, un formale rigetto della domanda in via definitiva. Né la ricorrente allega l'esistenza dell'obbligo del locatore di procurare la certificazione in questione, pretendendo di inferirlo dalla destinazione dell'immobile e dal collegamento negoziale, laddove, secondo la ormai prevalente giurisprudenza, in precedenza richiamata e alla quale si rinvia, l'assunzione dell'obbligo deve essere necessariamente espressa, gravando sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche urbanistiche e tecniche del bene siano adeguate a quanto necessario per lo svolgimento dell'attività che costui intende esercitarvi. Deve - anzi - osservarsi come nel caso di specie, data la rilevanza e la delicatezza dell'attività che la società resistente intendeva esercitare e in effetti ha esercitato per tutta la durata del rapporto nell'immobile oggetto del contratto di locazione (scuola privata), sarebbe stato preciso onere se non dovere della stessa verificare preventivamente la sussistenza di tutte le autorizzazioni prescritte dalla legge, al fine di evitare situazioni pericolose per i soggetti (presumibilmente anche minori) frequentatori dell'istituto scolastico. I testi escussi hanno invero confermato che l'immobile fu visionato dall'amministratore della …omissis…. prima di stipulare il contratto di locazione; sul punto vengono in rilievo in particolare le dichiarazioni del teste …omissis… (ud. 25.5.2016), il quale ha riferito che la società resistente, presa visione dei locali e della loro idoneità all'uso cui sarebbero stati destinati, era stata autorizzata dalla locatrice ad effettuare lavori di adattamento dell'immobile alle specifiche esigenze e segnatamente alla più opportuna suddivisione degli ambienti, che l'attività scolastica si era svolta regolarmente per tutta la durata della locazione, anche nel periodo anteriore al rilascio delle autorizzazioni comunali che avvenne con la collaborazione della D., salvo un breve periodo in cui per la caduta di calcinacci dall'immobile sovrastante l'ingresso principale dell'istituto, l'accesso venne limitato ai pedoni; di essere a conoscenza, infine, della morosità della società conduttrice nel pagamento dei canoni di locazione e degli oneri condominiali. Il regolare svolgimento dell'attività scolastica è stata confermata dal teste …omissis… (ud. 21.9.2016), il quale ha dichiarato di aver effettuato un sopralluogo presso i locali al fine di richiedere l'agibilità. Il teste …omissis… (ud. 21.9.2016) ha ribadito che l'immobile fu visionato dal legale rappresentante della società conduttrice prima della stipula del contratto, ha inoltre riferito di essersi occupato nel 2008 della sanatoria delle difformità interne di natura edilizia, del cambio di destinazione d'uso da ufficio a scuola, del parere igienico-sanitario strettamente legato all'attività scolastica e dell'accatastamento; ha precisato che mancava il certificato di agibilità, pur essendo stati acquisiti tutti i necessari pareri. D'altronde, dalle stesse dichiarazioni rese dalla sig.ra …omissis…legale rappresentante della …omissis…all'udienza dell'11.5.2016, risulta che l'attività scolastica venne esercitata regolarmente per tutto il periodo di durata della locazione, avendo la stessa fatto riferimento alla frequenza degli alunni e allo svolgimento nella sede degli esami di Stato. Alcun rilievo assume, peraltro, il diniego del MIUR relativo al riconoscimento della parità scolastica, in quanto anteriore alla stipula del contratto di locazione. Conclusivamente, non sussistendo alcun espresso obbligo in capo al locatore di assicurare l'ottenimento delle autorizzazioni amministrative necessarie per l'espletamento dell'attività cui l'immobile era nello specifico destinato, non può ritenersi ricorrere nella fattispecie in esame alcun inadempimento contrattuale ascrivibile al locatore, il cui comportamento è stato invece costantemente improntato a diligenza e buona fede, con l'effetto che devono essere rigettate, in quanto infondate, le domande di risoluzione del contratto, di restituzione dell'indebito e di risarcimento del danno. Quanto al rimborso dei presunti miglioramenti, è del tutto verosimile ritenere che le opere appaltate alla società …omissis…contratto del 3 luglio 2008 (v. fascicolo parte resistente allegato n. 7), vadano identificate con gli "adattamenti" di cui hanno riferito i citati testimoni, autorizzati dal locatore e da effettuarsi a cura e spese del conduttore, come ammesso dalla stessa sig.ra …omissis…., legale rappresentante della società resistente nel corso dell'interrogatorio formale. In ogni caso, non è stato provato che essi sussistessero al momento del rilascio, per cui la relativa domanda va anch'essa respinta. Infine, non è fondata la pretesa della resistente di indennità per perdita dell'avviamento ex art. 34 L. n. 392 del 1978, in quanto il conduttore di un locale ad uso non abitativo ha diritto all'indennità per la perdita di avviamento" in caso di cessazione del rapporto di locazione soltanto se non dovuta a disdetta o recesso del conduttore stesso, ciò che nel caso di specie deve ritenersi pacifico, in quanto è incontestato che la società resistente ebbe a recedere dal contratto, rilasciando l'immobile in data 6.12.2013, come ammesso dal legale rappresentante della società resistente in sede di interrogatorio formale.

LE SPESE.

Le spese processuali seguono la soccombenza e tenuto conto della soccombenza di parte ricorrente su alcuni capi della domanda, questo giudice reputa equo compensarle al 25 % tra le parti e quindi condannare la società resistente al rimborso verso la parte ricorrente della parte residua, che si liquida in Euro 700,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge. pqm Il Tribunale di Taranto, seconda sezione civile, in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Stefania D'Errico, sentita la discussione della causa, decidendo sulla domanda proposta con atto di citazione notificato in data 06.02.2014 dalla società …omissis…in persona del legale rappresentante p.t., nei confronti della …omissis…in persona del legale rappresentante p.t., con successivo mutamento del rito da ordinario a locatizio, e sulla domanda riconvenzionale proposta da quest'ultima nei confronti della società ricorrente a mezzo della comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale depositata il 02.05.2014, così provvede: A)

ACCOGLIE, per quanto di ragione, la domanda e, per l'effetto:

B) CONDANNA la resistente I…omissis…., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore della società ricorrente D…omissis…in persona del legale rappresentante p.t., della somma di Euro 62.944,06, oltre interessi legali dal di' della singola maturazione del credito sino al saldo, a titolo di canoni di locazione scaduti in relazione ai periodi indicati nell'atto introduttivo del giudizio, in virtù del contratto di locazione stipulato tra le parti in data 25.08.2006 e registrato il 28.08.2006, detratto quanto versato a titolo di deposito cauzionale;

C) RIGETTA ogni altra domanda;

D) DICHIARA compensate al 25% le spese processuali tra le parti,
CONDANNA

la resistente I…omissis…in persona del legale rappresentante p.t., al rimborso in favore della società ricorrente D…omissis…in persona del legale rappresentante p.t., della residua parte, liquidata come da motivazione, oltre accessori come per legge. Così deciso in Taranto, il 2 maggio 2019. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2019.

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Chi è l'autore
Dott.ssa Cristina Scatto Mediatore Dott.ssa Cristina Scatto
Laureata in Scienze della Comunicazione con un ventennio di esperienza in qualità di manager nell'ambito delle vendita e della negoziazione per un azienda leader del trasporto aereo, mediatrice familiare e counselor professionale, ferrata nella gestione dei conflitti e nelle tecniche di comunicazione interpersonale, frutto dell'esperienza acquisita.
In base alla mia esperienza, la mediazione consente in genere di preservare il rapporto tra le parti: spesso lo rinnova e lo rafforza su basi nuov...
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