Testo integrale:
TRIBUNALE DI VICENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VICENZA,
Sezione Seconda CIVILE, in composizione monocratica, nella persona del dott. Antonio Picardi in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta a ruolo al n. 1665/2021 R.G., promossa con atto di citazione notificato in data 09-10/03/2021 FALLIMENTO -- DI FATTO E OCCULTA tra M.XXX G.XXXX M.XXX, - attore
contro D.XXXXXXXXXXXXX B.XXXXX, nata a Schio (VI) il XXXXXXXXXX, ivi residente in XXX P. M.XXXXXXX n. 29, c.f. XXXXXXXXXXXXXXXX D.XXXXXXXXXXXXX S.XXXX, nata a Schio (VI) il XXXXXXXXXX, ivi residente in XXXXXXXXXXX n. 26, c.f. XXXXXXXXXXXXXXXXX
Entrambe rappresentate e difese dall'Avv. R.XXXXXX C.XXXXX, del Foro di Vicenza, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Vicenza (VI) - XXXXXXXXXXXXXXX n. 21, giusta procura allegata telematicamente alla comparsa di costituzione e risposta. convenute e contro D.XXXXXXXXXXXXX G.XXXXXXXXX, nato a Arzignano (VI) il XXXXXXXXXX, residente a Schio (VI ) , via S.XXXXXXXX Bologna n. 26, c.f. XXXXXXXXXXXXXXXX convenuto contumace In punto: altri istituti relativi alle successioni. All'udienza del 17.01.2023 la causa veniva trattenuta in decisione sulle seguenti conclusioni precisate dai procuratori delle parti costituite CONCLUSIONI ATTORE:
Il procuratore dell'attore precisa come segue le proprie CONCLUSIONI ------
CONCLUSIONI CONVENUTE: ----- -
Su dette premesse parte attrice assumeva che l'atto abdicativo e la successiva redistribuzione del patrimonio ereditario erano stati posti in essere dal dott. D.X al solo scopo fraudolento di risultare formalmente impossidente, così frustrando ogni possibilità di soddisfacimento coattivo delle ragioni dei creditori, sussistendo pertanto interesse della Curatela all'impugnativa della rinuncia ai sensi dell'art. 524 c.c..
In proposito il FALLIMENTO: - allegava perizia di stima dalla quale emergeva che il valore del compendio immobiliare caduto in successione ammontava ad € 1.306.333,75, di cui € 435.444,58 di spettanza del dott. D.XX; - illustrava le vicende che avevano condotto il Tribunale fallimentare a decretare il FALLIMENTO, accertando la sussistenza dei presupposti di legge per ravvisare una società di fatto occulta tra i soci G.XX D.XXX, M.XXX G.XXXX M.XXX e M.XXX T.XXXXXXXX, estendendolo anche alle persone fisiche che la componevano (pronunzia di primo grado dichiarata nulla dalla Corte di Appello di Venezia per un vizio di composizione del collegio giudicante, sentenza di appello peraltro avverso la quale pendeva ricorso per cassazione proposto dal Fallimento); - assumeva l'incapienza del patrimonio del dott. D.XX, già del resto presumibile alla luce della dichiarazione di insolvenza e di conseguente fallimento, a fronte della quale la rinuncia alla quota ereditaria finiva per arrecare un grave pregiudizio ai creditori, sottraendo agli stessi una parte di attivo, unico presupposto di carattere oggettivo richiesto per legittimare l'impugnativa ex art. 524 c.c.; - deduceva ad ogni modo la dolosa preordinazione della rinuncia in danno dei creditori; - assumeva l'insufficienza in concreto del patrimonio del convenuto a far fronte ai debiti, evidenziandosi un passivo del fallimento per debiti allo stato ammontanti a complessivi € 11.743.509,00, per lo più preesistenti al momento della morte della sig.ra C.XXXXXXX, a fronte dei quali il convenuto era sostanzialmente privo di consistenze patrimoniali per farvi fronte, non essendo proprietario di alcun bene immobile né di altro bene aggredibile, né titolare di giacenze di conto corrente, laddove l'unico attivo era costituito dalla pensione (già assoggettata al pignoramento del quinto) oltre che da crediti professionali, che il medesimo in sede di audizione avanti al Curatore aveva quantificato in 455.667, 44, di cui era stato possibile incassare solo 115.471, 48, e per il resto in gran parte nemmeno recuperabili; - assumeva la legittimazione passiva delle figlie, B.XXXXX e S.XXXX D.XXXXXXXXXXXXX, anche per trascrivere la domanda giudiziale, al fine di realizzare l'effetto conservativo disposto dall'art. 2652 n. 1 c.c. in riferimento alla domanda ex art. 524 c.c.. ----,
si costituivano congiuntamente le altre due convenute, in via pregiudiziale di Rito eccependo l'improcedibilità della domanda, avente ad oggetto questione in materia successoria, per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria, ex D.Lgs. n. 28/2010 e successive modifiche; instando per la sospensione necessaria del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione della controversia pregiudicante pendente avanti la Corte di Cassazione in ordine alla declaratoria di fallimento e relativo reclamo; nel merito assumendo l'insussistenza dell'affermato presupposto di carattere oggettivo dell'incapienza del patrimonio del rinunciante e conseguente pregiudizio economico-patrimoniale per i creditori. Così essenzialmente impostato il contraddittorio, all'esito prima udienza del 13 luglio 2021, ritenute eccezioni ed istanze di parte convenuta non assistite da fumus boni iuris, venivano assegnati i termini ex art. 183 comma VI c.p.c.. Limitata l'attività istruttoria ad allegazioni documentali, all'udienza del 17 gennaio 2023 i procuratori delle parti costituite precisavano le rispettive conclusioni, come in epigrafe trascritte, e la causa veniva conseguentemente rimessa in decisione, con assegnazione dei termini di legge per il deposito degli scritti conclusionali.
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La domanda del Fallimento deve essere accolta, per le ragioni che vengono in breve ad esporsi. Risultano in primo luogo destituite di fondamento le questioni preliminari sollevate da parte convenuta.
Quanto all'eccezione d'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria, ex D.Lgs. n. 28/2010 (e successive modifiche), è vero che l'art. 524 c.c. è norma collocata nel libro II del codice civile, "Delle successioni". Ciò peraltro non equivale automaticamente alla sillogistica conclusione che la presente causa abbia ad oggetto una questione in materia successoria nella prospettiva sottesa alla ratio che giustificherebbe l'esigenza di esperire preliminarmente la procedura di mediazione obbligatoria. La controversia invero concerne la tutela del credito e non, come puntualmente rileva il FALLIMENTO, una lite tra coeredi (in genere appartenenti a medesime famiglie, in guisa che la preventiva mediazione è diretta per quanto possibile a scongiurare l'insorgere di controverse giudiziarie in ambito familiare).
Diversamente l'impugnazione dell'atto di rinunzia è rimedio volto a preservare le ragioni economico-patrimoniali del creditore, ma senza che il chiamato all'eredità (e men che meno il creditore) acquisisca la qualità di erede.
Afferma la Suprema Corte che " in tema di successione "mortis causa", ove il chiamato all'eredità vi abbia rinunciato, il creditore di questi che ne risulti pregiudicato può impugnare la rinuncia ai sensi dell'art. 524 c.c., onde ottenerne la declaratoria di inefficacia nei suoi confronti e così agire sul patrimonio ereditario, fino a concorrenza delle proprie ragioni, senza che il chiamato stesso acquisisca la qualità di erede" (Cassazione civile, sez. VI, 10/09/2021, n. 24524). Anche l'istanza di sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio non può essere accolta. documentato in atti come il ricorso della Curatela avverso la sentenza della Corte d'Appello di Venezia che aveva pronunciato la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal Tribunale di vicenza è stato accolto (doc. 26 attore ) , con rimessione del processo alla Corte territoriale, che a sua volta ha confermato il FALLIMENTO del qui convenuto dott. G.XXX D.XXXXX e della società di fatto ed occulta del medesimo (doc. 34 attore). Evidenzia parte convenuta (suo doc. 9) che il D. risulta a propria volta aver proposto ricorso per cassazione avverso quest'ultima pronunzia. Il rilievo non è decisivo in quanto dalla definizione della questione ancora sub judice non dipende la decisione della presente causa, di cui non costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico, né potendone derivare un possibile contrasto di giudicati. Anche nel merito vanno condivise, nel loro nucleo essenziale, le deduzioni della Curatela. Ai sensi dell'art. 524 c.c., "se taluno rinunzia, benché senza frode, ad un'eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l'eredità in nome e luogo del rinunziante al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti". La consistenza e stima del compendio immobiliare e mobiliare appartenuto alla de cuius L.XXX C.XXXXXXX, alla cui eredità il coniuge chiamato ex lege alla successione ha inteso rinunciare, risultano adeguatamente documentate in atti (cfr. docc. 5, 6, 7 attore), e conseguentemente la quota che sarebbe stata di spettanza del convenuto. Allo stesso modo i debiti di cui dovrebbe rispondere il medesimo una volta dichiaratone il FALLIMENTO trovano un riscontro esaustivo alla luce dell'ampia documentazione allegata dall'attore (tra gli altri domande di ammissione al passivo, integrazione del rendiconto della procedura concorsuale, doc. 27 attore). Parte convenuta obietta che tali presunte passività non sarebbero state definitivamente e/o per l'intero accertate, formulando al riguardo una sia pur sintetica e sommaria contestazione (cfr. per es. pag. 4 e segg. conclusionale di replica).
Ed assume per altro, connesso profilo la capienza dell'attivo asseritamente riconducibile al dott. D.XX che sarebbe comunque idoneo" a soddisfare il passivo al medesimo imputabile e ad oggi accertato" (riepilogativamente sempre le citate pagine della replica conclusionale).
L'obiezione non appare però dirimente in questa sede. Osserva invero lo scrivente come il giudice della domanda di impugnativa ex art. 524 c.c. non possa sostituire il proprio scrutinio e decisione a quello del Giudice naturale della verifica del passivo fallimentare (e quindi alla sede fallimentare e relative eventuali opposizioni ed impugnative). Diversamente si realizzerebbe un'indebita "invasione di campo", con sovrapposizione al giudizio del Giudice avente competenza funzionale per l'accertamento definitivo delle ragioni del ceto creditorio, delle relative dimensioni e conseguenti riparti. Tale opzione interpretativa sembra conforme agli insegnamenti della Suprema Corte, la quale per esempio ha affermato che "L'azione per ottenere l'autorizzazione ad accettare l'eredita in nome ed in luogo del debitore rinunziante ha una mera funzione strumentale per il soddisfacimento del credito, e non è perciò necessario che il credito stesso si presenti con le caratteristiche dell'esigibilità e della liquidità, ma è sufficiente che, analogamente a quanto avviene per l'azione surrogatoria e per la revocatoria, sussista una ragione di credito, anche se non ancora accertata nel suo preciso ammontare, e persino eventuale e condizionata" (Cassazione civile, sez. VI, 08/03/2022, n. 7557). Afferma ancora la S.C. (Cassazione civ., sez. VI, 04/03/2020, n. 5994) che "per l'impugnazione della rinuncia ereditaria ai sensi dell'art. 524 c.c. il presupposto oggettivo è costituito unicamente dal prevedibile danno ai creditori, che si verifica quando, al momento dell'esercizio dell'azione, i beni personali del rinunziante appaiono insufficienti a soddisfare del tutto i suoi creditori". Con l'importante puntualizzazione, aggiunge la stessa pronunzia, che "ove dimostrata da parte del creditore impugnante l'idoneità della rinuncia a recare pregiudizio alle sue ragioni, grava sul debitore provare che, nonostante la rinuncia, il suo residuo patrimonio è in grado di soddisfare il credito dell'attore". Ora, a fronte di un default così grave del fallito e delle società del medesimo ovvero al medesimo riconducibili, sarebbe spettato allo stesso (ossia al chiamato all'eredità rinunziante) ovvero alle parti aventi un interesse convergente (ossia le congiunte che avrebbero diretto giovamento dalla rinunzia, per accrescimento della loro quota sull' asse ereditario) l'onere di provare l'adeguatezza del patrimonio personale a soddisfare integralmente le ragioni dell'ampio ed articolato ceto creditorio. Tale persuasiva dimostrazione non risulta acclarata dalle emergenze processuali.
L'impugnativa della Curatela va quindi accolta, provvedendosi come da dispositivo.
Le spese processuali, liquidate ai sensi del D.M. n. 147/2022, scaglione di valore da € 260.000,01 ad € 520.000,00, importi tariffari medi, esclusa la fase istruttoria, che essendo solo documentale può essere liquidata al minimo, seguono il principio di soccombenza e vanno quindi poste a carico dei convenuti tutti (costituite e contumace) in solido.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza deduzione eccezione disattesa o comunque assorbita, così provvede e decide:
- rigetta le eccezioni ed istanze preliminari delle convenute;
- autorizza il FALLIMENTO della società di fatto e occulta tra M.XXX G.XX e dei predetti in proprio, ad accettare con beneficio di inventario l'eredità di C.XXXXXXX L.XXX, nata a S.XXX il XXXXXXXXXX ed avente codice fiscale XXXXXXXXXXXXXXXX, in nome e luogo del rinunciante G.XXXXXXX, allo scopo di soddisfarsi, fino a concorrenza del credito della massa dei creditori, sull'intera quota dei beni ereditari di spettanza di G.X, tra i quali: ( A) il diritto di comproprietà per la quota di un terzo sui seguenti beni immobili così censiti al Catasto Fabbricati: - ------ la quota, spettante al convenuto, dei titoli, obbligazioni, e depositi di somme ricadute nell'asse ereditario;
- ordina all'Agenzia del Territorio, Ufficio provinciale di Vicenza, di provvedere alla trascrizione della presente sentenza;
- condanna i convenuti in solido a rifondere all'attore le spese processuali, liquidate in € 1.241,00 per anticipazioni, 17.000, 00 per compensi professionali, oltre a spese generali 15%, IVA e CPA come per legge sull'imponibile.
Così deciso in Vicenza, il 3 agosto 2023 IL GIUDICE (dott. Antonio Picardi)