Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
Decima sezione civile
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Lucia Francesca Iori, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 21900/2017 r.g. promossa da:
E.XXXXXX G.XXXXXX M.XXX T.XXXX- PARTE ATTRICE
contro
R.XXXX B.XXXX-PARTE CONVENUTA
OGGETTO: solo danni a cose
CONCLUSIONI Le parti hanno precisato le conclusioni come segue: omissis....
"Voglia l'On. le Tribunale adito, In via preliminare Dichiarare l'improcedibilità della domanda del sig. T.XXXXXXXX, per non essere stato preliminarmente esperito il tentativo obbligatorio di mediazione, con adozione dei provvedimenti conseguenti;
omissis...
Con deposito di separate comparse di costituzione e risposta si sono costituiti in giudizio A.XXXXX D.XXXXXXXXX e P.XXX M.XXXXXXX, contestando tutte le pretese attoree e chiedendo il rigetto di tutte le domande avversarie.
Il convenuto A.XXXXX D.XXXXXXXXX, in via preliminare, ha chiesto che venga dichiarata l'improcedibilità della domanda risarcitoria a causa del mancato espletamento della procedura di mediazione, prevista dall'art. 5 del D. Lgs n. 28/2010 quale condizione di procedibilità della domanda in materia di locazione. Sempre in via preliminare, entrambi i convenuti hanno eccepito la mancata tempestiva notifica dell'atto di riassunzione nei confronti di R.XXXX B.XXXXXXXX nel termine di tre mesi ex art. 354 c.p.c. presso il domicilio eletto da quest'ultimo, rilevando il passaggio in giudicato della sentenza e l'estinzione del presente giudizio.
omissis....
La domanda è fondata nei limiti e per le ragioni di seguito indicate.
Giova preliminarmente soffermarsi sulle eccezioni preliminari formulate dai convenuti.
In particolare, il convenuto D.XXXXXXXXX ha chiesto che venga dichiarata l'improcedibilità della domanda dell' attore, per non essere stato preliminarmente esperito il tentativo obbligatorio di mediazione ex art. 5 d. lgs. n. 28/2010.
L'eccezione deve essere disattesa.
Sul punto va rilevato che l'azione promossa dall'attore non ha ad oggetto il rilascio dell'immobile occupato sine titulo, bensì è volta ad ottenere il risarcimento del danno patito dal proprietario a seguito dell'occupazione abusiva dello stesso; si reputa pertanto che, non trattandosi di fattispecie inerente uncontratto di locazione, l'art. 5 d.lgs. n. 28/2010, che prescrive l'obbligatorietà della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda, non sia in specie applicabile.
Del pari va disattesa l'eccezione tesa a far dichiarare l'estinzione del giudizio, anche ai sensi dell'art. 291, co. 3, e 307, co. 3, c.p.c., poiché l'attore non avrebbe notificato la comparsa di riassunzione del 18/04/2017 a R.XXXX B.XXXXXXXX presso il procuratore costituito nel termine perentorio di 3 mesi previsto per la riassunzione del giudizio, né avrebbe provveduto ad integrare regolarmente e tempestivamente il contraddittorio, nonostante i termini concessi dal giudice per la rinotifica. Come è noto, infatti, l'art. 353 c.p.c., a cui l'art. 354 c.p.c. rinvia, richiama a sua volta l'art. 125 disp. att. c.p.c., che all' ultimo comma prevede che la notifica della comparsa in riassunzione deve essere eseguita nei confronti della parte personalmente solo ove non si sia costituita in giudizio, mentre deve essere eseguita nei riguardi del procuratore ai sensi dell'art. 170 c.p.c. in caso di costituzione tramite difensore.
Nel caso di specie, R.XXXX B.XXXXXXXX si è costituito nel giudizio di appello proprio al fine di eccepire la nullità della notifica dell' atto di citazione eseguita nei suoi riguardi in primo grado: la costituzione in tale grado comporta che la notifica della comparsa in riassunzione da parte dell' attore dovesse essere eseguita al suo difensore ai sensi e per gli effetti dell' art. 170 c.p.c.
Sul punto, occorre ricordare che la Suprema Corte ha affermato che: "la riassunzione del giudizio davanti al giudice del rinvio, eseguita con notificazione presso il domiciliatario ovvero al difensore costituito nelle pregresse fasi di merito, anziché alla parte personalmente, è nulla, ma - data la possibilità di ricollegare tali soggetti con precedenti designazioni della stessa parte - non è inesistente. Ne consegue che, in applicazione dell’art. 291 cod. proc. civ., il giudice del rinvio non può dichiarare, in tale ipotesi, l'estinzione del processo, ma, a meno che la parte intimata non si sia costituita, sanando la nullità, deve ordinare la rinnovazione della notificazione. Se, nonostante l'invalidità, il giudizio sia proseguito, la Corte Suprema, a cui la questione venga dedotta, deve dichiarare la nullità e cassare la sentenza impugnata con rinvio, quand' anche nelle more delle precorse fasi processuali sia decorso il termine perentorio stabilito dall' art. 393 cod. proc. civ., potendo la menzionata nullità essere sanata con effetto retroattivo dalla riassunzione della causa dinanzi al giudice del rinvio, ritualmente eseguita dall' una o dall' altra parte in lite, con le forme prescritte dall'art. 392, secondo comma, cod. proc. civ." (cfr. Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 27094 del 03/12/2013).
A ciò si aggiunga che le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato che "l'inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità.
Tali elementi consistono: a) nell' attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere della attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall' ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, "ex lege", eseguita) , restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa e che "il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell' atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell' atto, come tale sanabile, con efficacia "ex tunc", o per raggiungimento dello scopo, a seguito della Costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del Giudice ex art. 291 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016). In applicazione dei suddetti principi, con ordinanza del 10.12.2020 è stata disposta la rimessione della causa sul ruolo, disponendo la rinnovazione della notifica della comparsa di riassunzione nei confronti di R.XXXX B.XXXXXXXX nel rispetto dei termini di cui all' art. 163 bis c.p.c. e nelle forme di cui all' art. 170 c.p.c.
A seguito di della rinnovazione, all'udienza del 4.05.2021 si è peraltro costituito in giudizio R.XXXX B.XXXXXXXX.
Ne consegue che, essendo stata portata alla notifica la comparsa in riassunzione nel termine di cui all'art. 353 comma terzo c.p.c. e trattandosi di un' ipotesi di notifica nulla della comparsa in riassunzione, passibile di rinnovazione ex art. 291 c.p.c., va respinta la richiesta di declaratoria di estinzione anche parziale del giudizio, essendosi attivata la parte interessata tempestivamente, sì che non si versa in alcuna delle ipotesi di cui all'art. 307 c.p.c. Passando al merito della vertenza, occorre rilevare quanto segue. Dalla documentazione versata in atti risulta pacifica l'occupazione sine titulo dell' immobile di proprietà dell'attore da parte di tutti e tre i convenuti a decorrere dal mese di febbraio 2010. Infatti, E.XXXXXX T.XXXXXXXX ha ottenuto, il 14.12.2010, la pronuncia di ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. con la quale questo Tribunale ha accertato l'occupazione senza titolo dell'immobile di sua proprietà, sito in Milano, XXXXXXXXXXX 24, da parte di R.XXXX B.XXXXXXXX, a seguito della stipulazione di un contratto verbale di locazione, cui non era seguita la sottoscrizione di un accordo con la necessaria registrazione e la condanna al rilascio (cfr. doc. n. 10). Il signor B.XXXXXXXX, comparso personalmente in quel giudizio all'udienza del 18.11.2010, ha dichiarato: "lo occupo tuttora una stanza all'interno dell'appartamento a titolo di locazione perchè corrispondo un canone di 400, 00. Con me vi sono altri coinquilini. Il proprietario ha sempre rifiutato di stipulare un contratto scritto invitandoci a lasciare l'appartamento se avessimo avuto qualcosa in contrario. lo e gli altri coinquilini abbiamo smesso di versare il corrispettivo dal mese di febbraio in quanto l'appartamento è fatiscente e vogliamo anche un contratto regolare" (cfr. doc. 1 attore - doc. 8 fasc. di primo grado). R.XXXX B.XXXXXXXX, quindi, oltre a confermare di occupare personalmente l'immobile dell'attore e di aver smesso di versare il canone pattuito nella misura di euro 400, 00 a partire dal mese di febbraio 2010, ha fatto riferimento altresì all'occupazione dell'immobile posta in essere anche da altri soggetti. evidente che della dichiarazione integra una confessione stragiudiziale quanto ai fatti riferibili a sé, mentre alcuna rilevanza probatoria assume rispetto al riferimento agli altri occupanti.
In ogni caso A.XXXXX D.XXXXXXXXX e P.XXX M.XXXXXXX, costituendosi in giudizio, non hanno provveduto a contestare ex art. 115 c.p.c. l'occupazione dell'immobile in discorso dal mese di febbraio 2010, essendosi limitato, - da un lato, D.XXXXXXXXX ad eccepire che a seguito della querela presentata dal sig. T.XXXXXXXX il 26/04/2010, il "27/04/2010, i sigg. ri B.XXXXXXXX e D.XXXXXXXXX, occasionalmente presenti all'interno dell'abitazione in Milano (M.) , alla XXXXXXXXXXX n. 24, hanno ricevuto la visita dei Carabinieri della Stazione di Milano-Vigentino che hanno fatto un sopralluogo nell'immobile. Nell'occasione gli agenti hanno effettuato l' identificazione dei soggetti presenti, nelle persone di R.XXXX B.XXXXXXXX, A.XXXXX D.XXXXXXXXX, M.XXX C.XXXXXXX e G.XXXXX B.XXXXXXXX. In realtà, il sig. D.XXXXXXXXX aveva già lasciato la predetta abitazione e si era in un primo momento ritrasferito a casa dell'amico che lo aveva già ospitato, per poi trasferirsi in altro appartamento sito in Milano (M. ) , alla Via G.XXXXXX S.XXXXX n. 3, più vicino anche al proprio luogo di lavoro al N.XXXXXXX MILANO N.XX C. G.XXXX" (Viale Ca Granda angolo V.XXXXXXXXXXX)" (cfr. comparsa di risposta) e - dall'altro M.XXXXXXX a precisare che "alla data del 19.5.2010 l'immobile era occupato dal solo sig. B.XXXXXXXX R.XXXX contro il quale il sig. T.XXXXXXXX proponeva l'azione di rilascio; nessun dubbio vi era pertanto che il sig. M.XXXXXXX fosse ancora all'interno dell'appartamento di XXXXXXXXXXX n. 24 tanto che l'azione di rilascio del sig. T.XXXXXXXX non fu promossa nei confronti del sig. M.XXXXXXX che, vista l'insalubrità dell'immobile, aveva già liberato la propria stanza" (cfr. comparsa di risposta).
L'occupazione dell'immobile di parte attrice dal mese di febbraio 2010 deve pertanto ritenersi pacifica in causa ai sensi e per gli effetti dell'art. 115 c.p.c. Inoltre l'identificazione degli occupanti si evince, in primo luogo, dall' annotazione di Polizia Giudiziaria redatta dai Carabinieri della Stazione di Milano V.XXXXXXX, intervenuti a seguito di denuncia da parte di E.XXXXXX Tirinnello. Ivi, infatti, si legge che durante un sopralluogo presso l'immobile dell'attore venivano identificati B.XXXXXXXX R.XXXX, D.XXXXXXXXX A.XXXXX, C.XXXXXXX M.XXX e B.XXXXXXXX Giorgio (cfr. doc. 4 comparsa M.XXXXXXX). A ciò si aggiunga che nel verbale di esposto presentato alla Guardia di Finanza in data 8.3.2010, i tre convenuti affermavano di essere "attualmente (..) domiciliati in Milano alla XXXXXXXXXXX nr. 24 (..). Per tale appartamento corrispondiamo al proprietario di casa come affitto, tale sig. T.XXXXXXXX E.XXXXXX, una somma pari ad euro 400, 00 cadauno a volte in contanti ed altre tramite bonifici bancari" (cfr. doc. 3. comparsa M.XXXXXXX) . I convenuti nella medesima occasione hanno denunciato la percezione, da parte del locatore, di pagamenti in nero ed il suo rifiuto di stipulare regolare contratto registrato di locazione. Da quanto riportato è possibile desumere la prova che, almeno fino al 28.4.2010, i convenuti B.XXXXXXXX e A.XXXXX D.XXXXXXXXX occupassero l'immobile di proprietà dell'attore e che l'occupazione sia proseguita, da parte di B.XXXXXXXX, nel periodo successivo al 28 Aprile 2010; ciò è confermato dalle dichiarazioni del medesimo convenuto il quale, all'udienza del 18 novembre 2010, ha riferito di "occupare tuttora una stanza all'interno dell'appartamento" (cfr. verbale udienza 18.11.2010). Diversamente P.XXX M.XXXXXXX ha precisato di aver lasciato l' immobile prima del maggio 2010; sulla base della documentazione versata in atti, non essendo quest'ultimo stato trovato presso l'immobile dell'attore alla fine del mese di aprile 2010, non è dato evincere riscontro della sua presenza in data successiva all'8.3.2010. A. luce di tali risultanze, risulta quindi provato, in primo luogo, l'occupazione sine titulo dell’immobile da parte di tutti e tre i convenuti dal mese di febbraio 2010. In particolare, è dimostrato che B.XXXXXXXX abbia occupato l'immobile da febbraio 2009 a novembre 2010, omettendo di corrispondere il relativo canone a partire da febbraio 2010. Per quanto riguarda D.XXXXXXXXX, è provato che lo stesso abbia occupato l'immobile almeno fino al 28 Aprile 2010 (cfr. annotazione di P.). Infine vi è prova che il convenuto M.XXXXXXX abbia occupato l'appartamento solo sino all' 8.XXXXX 2010 (giorno dell' esposto alla Guardia di Finanza). A fronte delle emergenze, i convenuti non hanno provato i fatti estintivi della pretesa, vale a dire di aver provveduto al pagamento delle somme di euro 400, 00 ciascuno, limitandosi ad affermare di aver pagato - anche tramite bonifico - diverse somme di denaro, ma non fornendo la prova dei medesimi versamenti. Peraltro i versamenti indicati dai convenuti risalgono a date anteriori al mese di febbraio 2010, sì che della eccezione non si reputa adeguata a contestare la debenza delle somme da parte dell'attore a partire dal mese di febbraio 2010. Quanto alle eccezioni di inadempimento inerenti l'omessa manutenzione dell'immobile da parte del proprietario e la violazione del domicilio da parte del fratello dell'attore va rilevato che secondo la giurisprudenza " in tema di locazione di immobili, il conduttore può sollevare l'eccezione di inadempimento, ai sensi dell'art. 1460 c.c., non solo quando venga completamente a mancare la prestazione del locatore, ma anche nell'ipotesi di suo inesatto inadempimento, tale da non escludere ogni possibilità di godimento dell' immobile, purché la sospensione del pagamento del canone appaia giustificata, in ossequio all' obbligo di comportarsi secondo buona fede, dall'oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, avuto riguardo all'incidenza della condotta della parte inadempiente sull'equilibrio sinallagmatico del contratto, in rapporto all' interesse della controparte" (cfr. Cass. Sez. 3 - Sentenza n. 20322 del 26/07/2019). In specie la contestazione dell'inadempimento si reputa non aver completamente pregiudicato la fruizione dell'immobile da parte dei convenuti, trattandosi, da un lato, per loro stessa asserzione di opere di ordinaria o piccola manutenzione e, dall'altro lato, di una generica affermazione, del tutto sfornita di prova che il fratello di parte attrice abbia fatto ingresso nell'appartamento di XXXXXXXXXXX 24 e in ogni caso di quante volte e per quanto tempo ciò sia avvenuto. Per quanto sopra esposto, spetta al proprietario il risarcimento del danno patrimoniale per il mancato godimento del bene, danno che, ai fini della liquidazione, viene commisurato al valore locativo del bene. Secondo consolidato indirizzo della Suprema Corte, in tema di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, "il danno per il proprietario usurpato è in re ipsa, ricollegandosi al semplice fatto della perdita della disponibilità del bene da parte del dominus ed alla impossibilità per costui di conseguire l'utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso (v. da ultimo, Cass., Sez. 2, dell'8 Marzo 2010, n. 5568; Cass., Sez. 3, dell'Il febbraio 2008, n. 3251; Cass., Sez. 3, dell'8 maggio 2006, n. 10498). La determinazione del risarcimento del danno ben può essere operata, in tali ipotesi, facendo riferimento al cosiddetto "danno figurativo " E, quindi, al valore locativo del cespite usurpato (Cass. n. 5028/2011 e giurisprudenza ivi richiamata). Considerato che è pacifico e comunque suffragato dai documenti in atti, che il corrispettivo pattuito per il godimento dell'immobile fosse di euro 400, 00 ciascuno e che della somma riguardi esclusivamente le camere occupate dai convenuti e non anche la stanza eventualmente occupata da terze persone non convenute nel presente giudizio, tutti e tre i convenuti vanno condannati in solido tra loro al risarcimento dei danni per occupazione sine titulo per il valore dei canoni di euro 400, 00 da ciascuno pattuiti per i mesi di febbraio e marzo 2010 e pertanto nella misura di complessivi 2.400, 00; R.XXXX
B.XXXXXXXX va condannato, in solido con A.XXXXX D.XXXXXXXXX, al risarcimento dei danni per occupazione sine titulo per il mese di aprile 2010 nella misura di euro 800, 00; da ultimo R.XXXX B.XXXXXXXX va condannato al risarcimento dei danni per occupazione per i restanti mesi di maggio[1]novembre 2010, che si liquidano in ulteriori euro 2.800, 00. Deve essere accolta anche la domanda dell'attore tesa ad ottenere il rimborso dei costi sostenuti per la sostituzione della Porta blindata (cfr. doc. n. 18: euro 955, 50 ) , atteso che i convenuti M.XXXXXXX e D.XXXXXXXXX hanno ammesso di aver provveduto, insieme agli altri coinquilini, alla sostituzione della serratura (cfr. pag. 5 comparsa M.XXXXXXX e pag. 3 comparsa D.XXXXXXXXX). La Suprema Corte, in tema di qualificazione del debito derivante dall'occupazione sine titulo, ha affermato che "il fatto, poi, che il valore locativo sia individuato in una somma determinata non fa perdere all obbligazione risarcitoria la sua natura di debito di valore, come tale suscettibile di rivalutazione monetaria, in quanto mirando alla reiterazione del patrimonio del danneggiato, la somma di denaro stabilita non rappresenta l'oggetto dell'obbligazione risarcitoria, ma solo un elemento di commisurazione del danno" (Cass. Sez. II, Sentenza n. 7692 del 07/06/2001). Trattandosi quindi di debito di valore e considerato che nelle obbligazioni di valore il debitore è in mora dal momento della produzione dell'evento di danno, sulle somme riconosciute in favore dell'attore sono dovuti gli interessi compensativi al tasso legale dal momento del fatto, per la ritardata corresponsione dell'equivalente pecuniario del danno. Avuto riguardo ai principi enunciati dalla sentenza n. 1712/1995 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, al fine di evitare un lucro ingiustificato per il creditore, e per meglio rispettare la funzione compensativa dell'interesse legale riconosciuto sulla somma rivalutata, gli interessi devono essere calcolati non sulla somma rivalutata ( O espressa in moneta attuale) al momento della liquidazione, né sulla somma originaria, ma debbono essere computati sulla somma originaria devalutata alla data del fatto illecito ( 1 febbraio 2010 ) , mano a mano incrementate nominalmente secondo la variazione dell' indice Istat. Dalla data della sentenza sono dovuti gli interessi al tasso legale sul solo importo liquidato, corrispondente al capitale già rivalutato.
Deve al contrario essere rigettata la domanda dell'attore volta ad ottenere il rimborso delle spese condominiali e di riscaldamento. Sul punto, pur avendo l'attore provato le spese condominiali e la quota per il riscaldamento (rispettivamente pari ad euro 1.495, 81 e 2.608, 19) tramite produzione del riparto consuntivo condominiale relativo al periodo 1.10.09 - 30.09.10. (doc. 1 citazione - doc. 12 fascicolo di primo grado ) , lo stesso non ha dato prova del fatto che nei pattuiti 400, 00 euro non fosse ricompresa anche la quota di spese condominiali. Inoltre l' attore ha lamentato che i convenuti "lasciavano la casa in uno stato di totale abbandono e distruzione"nonché di aver dovuto "ristrutturare totalmente l'appartamento a causa delle pessime condizioni nelle quali era stato ridotto dagli occupanti abusivi al fine di renderlo nuovamente agibile" (cfr. pag. 5 atto di citazione ) , chiedendo quindi di essere risarcito dei relativi danni, costituiti dal rimborso dei costi sostenuti per: a) i lavori straordinari di ripristino dell'immobile, pulizia e tinteggiatura (euro 10.065, 00); b) acquisto degli accessori per il bagno, per la cucina e per l'impianto elettrico (euro 2.977, 95); c) lavori di ripristino dell' impianto di riscaldamento (euro 220, 00). La domanda deve essere rigettata. Infatti, nonostante l’attore abbia prodotto le fatture commerciali relative ai lavori sopra indicati, nonché le ricevute di acquisto degli accessori, egli ha omesso di fornire la prova della riconducibilità dei danni lamentati al comportamento illecito dei convenuti. Sul punto l'attore si è limitato a versare in atti solo poche rappresentazioni fotografiche (cfr. doc. attore n. 14) e , a fronte delle stesse, non è dato quindi sapere se le condizioni in cui versava l' immobile a seguito del rilascio dello stesso fossero imputabili ai convenuti, ovvero se l' appartamento - come sostenuto dai convenuti - si trovasse già nel febbraio 2009 in condizioni di degrado. L' attore ha chiesto, infine, ai sensi dell'art. 2059 c.c., il risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti dal reato di violazione di domicilio ex art. 614, comma 2, c.p., per essersi tutti e tre i convenuti trattenuti nella sua abitazione contro la sua volontà. L'attore T.XXXXXXXX sottolinea, inoltre, come il reato sarebbe aggravato dalla circostanza di cui all'art. 61, n. Il c.p., avendo i convenuti approfittato del godimento dell'immobile concesso in base ad un accordo preesistente. La domanda deve essere respinta, in quanto l'art. 614 c.p. tutela l'interesse alla sicurezza e alla tranquillità "nell'abitazione o in altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi " E, secondo l'interpretazione della giurisprudenza, per "abitazione" deve intendersi ogni luogo ove la persona, singolarmente o con altri, legittimamente dimora. Deve trattarsi quindi di luogo adibito o preponibile al riposo notturno, seppur l'uso di esso sia solo saltuario o occasionale, purché in attualità. Il concetto di "privata dimora "risulta più ampio di quello di abitazione e richiama, per esclusione, ogni altro luogo in cui si svolge la vita privata dell'individuo, ove cioè la persona, continuativamente o saltuariamente, per dovere o per scelta, svolge attività rispetto alle quali ha potere di accettazione o di esclusione della altrui presenza (studi professionali, camere di albergo, cabine di una nave, negozi, bar, case da gioco gestite da privati, palestre private). La Corte Suprema ha ritenuto che esso comprenda qualunque luogo, anche se diverso dalla casa di abitazione, in cui la persona si soffermi per compiere, pur se in modo contingente e provvisorio, atti della sua vita privata riconducibili al lavoro, al commercio, allo studio, allo svago (cfr. Cass. n. 41646/2013 e Cass. n. 6361/2005). Nel caso in esame è pacifico, per stessa deduzione dell'attore, che egli non abitasse, almeno dal mese di gennaio 2009, l'immobile oggetto di occupazione, essendosi trasferito in S., per ragioni di lavoro, e di averlo perciò locato a terzi; della circostanza esclude pertanto l'uso personale dell'immobile. Non essendo l'appartamento di XXXXXXXXXXX 24 adibito a dimora dell'attore, deve escludersi la sussistenza del fatto di reato di cui all'art. 614 c.p. Va infine respinta la generica domanda di risarcimento di un pregiudizio non patrimoniale, sub specie di danno morale, non avendo lo stesso superato il limite della gravità della lesione, richiesto dalla giurisprudenza per il relativo risarcimento (cfr. Cass. SS.UU. novembre 2008 nn. 26972-26973-2697426975) , anche tenuto conto della opacità dei rapporti intercorsi tra le parti e della pacifica scelta dell'attore di non registrare alcun contratto di locazione.
La domanda attorea va pertanto accolta esclusivamente agli importi sopra indicati, sì che i convenuti vanno condannati, in solido tra loro a risarcire il danno patrimoniale che si liquida in euro 3.355, 50; i convenuti D.XXXXXXXXX e B.XXXXXXXX dovranno essere condannati, in solido tra loro, a risarcire anche ulteriori danni nella misura di euro 800, 00 e R.XXXX B.XXXXXXXX anche l'ulteriore importo di euro 2.800, 00. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., sì che tenuto conto del parziale accoglimento della domanda attorea, le stesse vanno compensate nella misura di %. Pertanto, le parti convenute vanno condannate a rifondere il restante % di quelle sostenute dalla parte attrice per il presente grado di giudizio e per il primo grado di giudizio, definito con sentenza, poi dichiarata nulla dalla Corte di Appello di Milano, che ha provveduto a liquidare solo le spese di secondo grado. La liquidazione avviene direttamente in dispositivo, sulla base dei parametri indicati dal DM n. 55/2014, tenuto conto del valore della controversia (calcolato sull'importo riconosciuto all'esito del giudizio a titolo risarcitorio ex art. 5 del DM), della difficoltà delle questioni trattate, nonché dell'attività difensiva concretamente svolta (studio, introduttiva, istruttoria e decisoria), e dunque con applicazione dei valori medi di riferimento.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione assorbita o respinta, così provvede:
1. accertata l'occupazione sine titulo dell'immobile di XXXXXXXXXXX 24, Milano, per cui è causa nei mesi di febbraio e marzo 2010, condanna R.XXXX B.XXXXXXXX, P.XXX M.XXXXXXX e A.XXXXX D.XXXXXXXXX, in solido tra loro, a risarcire in favore di E.XXXXXX G.XXXXXX M.XXX T.XXXXXXXX i danni patrimoniali, che si liquidano in euro 3.355, 50, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali come indicato in parte motiva;
2. accertata l'occupazione sine titulo dell'immobile di XXXXXXXXXXX 24, Milano, per cui è causa nel mese di aprile 2010, condanna R.XXXX B.XXXXXXXX ed A.XXXXX D.XXXXXXXXX a risarcire in favore di E.XXXXXX G.XXXXXX M.XXX T.XXXXXXXX i danni patrimoniali, che si liquidano in euro 800, 00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, per l'occupazione abusiva posta in essere nel mese di aprile 2010;
3. condanna R.XXXX B.XXXXXXXX a risarcire in favore di E.XXXXXX G.XXXXXX M.XXX T.XXXXXXXX i danni patrimoniali, che si liquidano in euro 2.800, 00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, a titolo di risarcimento del danno per l'occupazione abusiva posta in essere dal mese di maggio al mese di novembre 2010;
4. compensa le spese di lite tra la parte attrice e le parti convenute nella misura di % e condanna R.XXXX B.XXXXXXXX, P.XXX M.XXXXXXX e A.XXXXX D.XXXXXXXXX, in solido tra loro, a rifondere in favore di E.XXXXXX G.XXXXXX M.XXX T.XXXXXXXX il restante quarto delle spese di lite, da quest'ultimo sostenute, che si liquida in euro 2.417, 50 per compensi, euro 272, 50 per le spese, oltre al 15% del compenso per rimborso forfettario spese generali, I.V.A. (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) e C. P. A, somme da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
Milano, 5.4.2022
Il giudice Lucia Francesca Iori