Commento:
Il caso ha ad oggetto contratti di appalto per servizi informatici in cui la società X srl ha ottenuto il decreto ingiuntivo nei confronti della società Y srl, per corrispettivi attinenti a servizi resi nell’ambito di tali contratti.
L'ingiunta ha proposto opposizione, chiedendo, in primo luogo, la declaratoria di improcedibilità della azione monitoria avversaria, avendo l'opposta omesso di attivare il procedimento di mediazione, a cui le parti si sono obbligate in virtù della clausola 8.4 delle condizioni generali di contratto, predisposte dalla convenuta ed accettate dalla attrice.
L'eccezione di improcedibilità della opponente è fondata e viene accolta dal giudice.
Le parti si sono pattiziamente obbligate ad esperire una procedura di mediazione, convenzionalmente regolata, prima di una qualsiasi azione giudiziale, in caso di controversia dai contratti di cui è causa.
Tale clausola ha il seguente tenore:
"Le Parti convengono di sottoporre tutte le controversie derivanti dal contratto, o comunque collegate, ivi comprese quelle relative alla sua validità, efficacia, interpretazione esecuzione e risoluzione, al tentativo di mediazione previsto dal servizio di conciliazione della Camera di Commercio di Milano, conformemente al relativo Regolamento, che le parti dichiarano di conoscere e accettare interamente. In caso di fallimento di tale tentativo di mediazione, foro esclusivamente competente a conoscere le controversie sulla esecuzione, interpretazione e/o validità del Contratto è quello di Milano, se la controparte non è qualificabile come consumatore."
Tale clausola deve interpretarsi come avente valore cogente per ciascuna delle parti, così come ogni altra clausola contrattuale, ai sensi dell'art. 1372 c.c..
Il giudice richiama Trib. Roma n. 20690/2017 che ritiene "nella disponibilità delle parti medesime la subordinazione della lite alla previa sottoposizione del rapporto controverso ad un terzo".
Simile clausola pattizia non costituisce un limite illecito al diritto di ciascuna parte, costituzionalmente sancito dall'art. 24 Cost., di agire in giudizio per far valere i propri diritti, non avendo le parti escluso il diritto ad adire l'autorità giudiziaria, ma essendosi imposte di esercitare il diritto ad agire in giudizio solo dopo l'esperimento del tentativo di mediazione, come dalle parti regolata.
Tale clausola, ai sensi dell'art. 1367 c.c., deve essere interpretata in modo che abbia effetto, piuttosto che nel senso in cui non ne abbia alcuno.
Le spese di lite seguono la soccombenza.°
Mediatore Avv. Giuseppe Ianni
Avvocato, ho conseguito un Master in "Giurista d'Impresa" e uno in "Comunicazione e produzione radiofonica e televisiva"; divenuto poi Avvocato Negoziatore, mi sono in seguito appassionato alla mediazione in quanto attività efficace, semplice, informale e riservata. La mediazione riesce ad intervenire adeguatamente nella gestione del conflitto facendo sì che la parte sia ascoltata circa i suoi effettivi interessi e bisogni e diventi la reale protagonista di quello che sarà l'accordo finale, senz...
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