Improcedibile l’appello se l’appellante non presenzia alla mediazione delegata ma vi partecipa solo l’avvocato sprovvisto di procura speciale

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Avv. Nicola Aldo  Solimena

Corte appello di Firenze, sez. III, 19.07.2022, sentenza n. 1513, consigliere relatore Antonio Picardi

A cura del Mediatore Avv. Nicola Aldo Solimena da Genova.
Letto 584 dal 13/01/2024

Commento:

In una controversia avente ad oggetto la risoluzione di un contratto preliminare riguardante la cessione del ramo d’azienda, la società X chiama Y e Z in giudizio avanti al Tribunale di Siena per aver omesso di dare esecuzione al negozio e di corrispondere le somme dovute. Parte attrice aveva richiesto la risoluzione della scrittura privata inter partes stipulata, per inadempimento di Y e Z, con conseguente condanna di quest'ultimi al risarcimento dei danni. I convenuti si erano costituiti in giudizio contestando integralmente l'attorea domanda e all’esito dell'istruttoria il Tribunale aveva rigettato la domanda proposta dalla società attrice in quanto il supposto contratto preliminare – in realtà una minuta - non aveva secondo il giudicante i requisti minimi (data, oggetto, obbligo di stipulare il definitivo).
Avverso tale sentenza la società X proponeva appello e Y e X si costituivano richiedendone il rigetto. La Corte d’appello disponeva la mediazione delegata che si concludeva con la presa d'atto, da parte del mediatore, della mancata partecipazione personale dell'appellante.
La Corte esamina in via prliminare l'eccezione di improcedibilità del giudizio di appello, per la mancata partecipazione dell’appellante e accoglie tale eccezione dichiarando improcedibile l’appello (con condanna alle spese).
Dopo una premessa sulla mediazione delegata (la mediazione delegata una volta disposta, produce gli stessi effetti della mediazione obbligatoria), il collegio ha rilevato che nel caso di specie pur essendo il procedimento di mediazione stato tempestivamente attivato da parte appellante, quest'ultima ha omesso di comparire dinanzi al mediatore, atteso che all'incontro all'uopo fissato era presente solo il suo difensore (a favore del quale non consta neppure il conferimento di procura speciale).
Si tratta, allora, di stabilire se la condizione di procedibilità possa dirsi avverata per effetto della sola presentazione della domanda di mediazione.
Al quesito deve darsi risposta negativa, sulla scia di Cass n. 40035/21 seppur pronunciata con riferimento ad una fattispecie diversa da quella in esame. Il predetto principio è ritenuto suscettibile di applicazione anche alla fattispecie dedotta in causa, ponendosi in linea l’altra nota sentenza Cass n. 8473/19. Pertanto, ciò che conta, al fine di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità, non è la semplice introduzione del procedimento di mediazione, bensì il concreto esperimento della stessa. E per consentire l'effettivo esperimento del procedimento di mediazione, non vi è dubbio che sia necessaria la presenza personale della parte (o di un suo rappresentante munito di procura speciale). L’avvocato era sprovvisto di procura speciale e, quindi, non era abilitato a rappresentare, in quella sede, la parte.
Di conseguenza laddove, come nel caso in esame, a causa della mancata comparizione della parte che avrebbe avuto interesse ad esperire il procedimento di mediazione  all'evidente fine di continuare a coltivare il giudizio  non si sia tenuto neppure il primo incontro dinanzi al mediatore, la conclusione non può che essere quella della improcedibilità del giudizio.
L’appellante ha peraltro  omesso completamente di prendere posizione sulla stessa nelle sue successive difese, con la conseguenza che la sua assenza è rimasta assolutamente ingiustificata

 
 

Testo integrale:
Corte appello sez. III - Firenze, 19/07/2022, n. 1513 Intestazione                     LA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE                  
                        SEZIONE TERZA CIVILE                        
nelle persone dei Magistrati:
Dott. AFELTRA Simonetta                             -  Presidente   -
Dott. BREGGIA Carlo                                 -  Consigliere  -
Dott. PICARDI Antonio                          -  rel. Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:                                            
                     SENTENZA                                       
nella causa civile di 2^ Grado iscritta al n.r.g. 2061/2018 promossa
da:
XXXS.A.S. DI                   P.I.A. con il
patrocinio dell'Avv. CAMPANI DUCCIO e BUTINI MICHELE;
- appellante/i -
nei confronti di:
       C.G., (CF) con il patrocinio dell'Avv. PAGANI
ALESSANDRO (CF (OMISSIS)) e dell'Avv. PAGANI LIVIA;
       S.L. (CF) con il patrocinio dell'Avv. PAGANI ALESSANDRO (CF
(OMISSIS)) e dell'Avv. PAGANI LIVIA;
- appellato/i -
avverso la sentenza n. 826/2018 emessa dal Tribunale di Siena e
pubblicata il 02/07/2018;
CONCLUSIONI.
In data 09/02/2022 la causa veniva posta in decisione sulle seguenti
conclusioni:
Per parte appellante: "Voglia Corte di Appello di Firenze, ogni
contraria istanza ed eccezione disattesa ed in riforma della
sentenza n. 826/2018, emessa dal Tribunale di Siena, in persona
della Dott.ssa Ciofetti Clara, in data 27.06.2018, pubblicata in
data 2.07.2018, notificata al procuratore costituito in data
6.07.2018: - in via istruttoria, ammettere le prove per testi
richieste nel corso del giudizio di primo grado e non ammesse; - nel
merito, previo accertamento del grave inadempimento posto in essere
dai sigg.ri        C.G. e        S.L. per aver omesso di dare
esecuzione alle obbligazioni assunte con la scrittura privata di cui
alla parte motiva, dichiarare risolto il contratto inter partes, e
conseguentemente condannare i medesimi, in solido, a risarcire alla
società appellante tutti i danni derivati dalla predetta condotta,
da quantificarsi sin d'ora in Euro 47.881,59 o a quella somma
maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, con gli interessi
dal dovuto all'effettivo saldo; - in riforma della disposizione
relativa alla condanna al pagamento delle spese di causa, condannare
i sigg.ri        C.G. e        S.L. a rifondere le spese processuali
sostenute dalla XXX S.a.s. per tutti i gradi di giudizio".
Per la parte appellata: "che la Corte di Appello di Firenze dichiari
l'improcedibilità della domanda giudiziale promossa dalla XXX
S.a.s. di                   P.I.A., vittoria di spese e compenso per
l'attività professionale svolta di entrambi i gradi di giudizio".
                
 

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione, regolarmente notificato, XXXS.A.S. DI P.I.A. (di seguito, per brevità, anche solo "XXX") conveniva in giudizio, innanzi questa Corte di Appello, C.G. e S.L., proponendo gravame avverso la sentenza n. 826/2018 emessa dal Tribunale di Siena e pubblicata il 02/07/2018, che aveva rigettato la domanda proposta da " XXX", con conseguente condanna al pagamento delle spese di lite. Per quel che rileva ai fini della presente impugnazione, il primo giudice, in via di premessa, evidenziava in sentenza che parte attrice aveva dedotto:
che, in data 23.11.2015, P.I.A., F.L. e G.C., quali soci della società XXXs.a.s., avevano sottoscritto con C.G. e S.L. una scrittura privata - qualificabile quale contratto preliminare - avente ad oggetto il futuro trasferimento di un ramo di azienda, inerente l'attività di ristorazione denominata "(OMISSIS)" corrente in (OMISSIS);
che i convenuti, pur avendo sottoscritto la predetta scrittura privata, erano rimasti completamente inadempienti, avendo omesso di dare esecuzione al negozio e di corrispondere le somme dovute. Pertanto, parte attrice richiedeva la risoluzione della scrittura privata inter partes stipulata, per inadempimento dei C.- S., con conseguente condanna di quest'ultimi al risarcimento dei danni, che venivano quantificati in Euro 47.881,59, di cui Euro 15.881,59 per riduzione del fatturato, Euro 12.000,00 per danni all'immagine, Euro 20.000,00 per il pagamento della caparra confirmatoria che non era stata mai versata dai convenuti, pur essendosi gli stessi impegnati in tal senso all'atto della stipula del contratto.
Si costituivano in giudizio C.G. e S.L., contestando integralmente l'attorea domanda della quale chiedevano il rigetto.
All'esito dell'istruttoria, articolatasi nell'assunzione di prove documentali, il tribunale rigettava la domanda proposta dalla società attrice, rilevando:
che la scrittura privata del 23.11.2015 non poteva essere considerata un contratto preliminare, costituendo essa, invece, una semplice minuta;
che, infatti, la stessa, oltre a non riportare alcun obbligo delle parti finalizzato alla stipulazione del contratto definitivo, del quale non era specificata neppure la data, non indicava nemmeno l'oggetto del contratto, non essendo menzionato in nessun punto che la trattativa riguardava la cessione del ramo di azienda relativo all'attività di ristorazione denominata "(OMISSIS)";
che, pertanto, non poteva ritenersi che l'accordo fosse stato raggiunto sugli elementi essenziali del futuro contratto, posto che le parti non avevano espresso un'attuale ed effettiva volontà di vincolarsi.
Avverso tale sentenza proponeva appello la società " XXX" per i motivi che possono così sintetizzarsi:
a) il tribunale aveva errato nell'attribuire alla scrittura privata del 23.11.2015 valenza di mera "minuta" anziché di contratto preliminare finalizzato alla futura cessione di ramo d'azienda, omettendo di considerare che le parti avevano raggiunto l'accordo su tutti gli elementi essenziali dell'operazione negoziale; in particolare, i medesimi C.- S., per tutto il corso del giudizio di primo grado, si erano limitati ad eccepire solo l'impossibilità dell'oggetto del contratto (atteso che, a loro dire, il primo piano del ristorante, facente parte del compendio aziendale, sarebbe stato occupato abusivamente dalla " XXX") ma mai la sua indeterminatezza e/o indeterminabilità;
b) in ogni caso, l'eccezione di inadempimento sollevata dai convenuti si presentava infondata, dal momento che il locale sovrastante il ristorante non era indispensabile all'esercizio dell'attività; inoltre, la licenza relativa al commercio dei tabacchi era assolutamente regolare, tanto da essere stata ceduta all'attuale affittuaria;
c) dall'accoglimento dell'appello doveva conseguire anche la condanna dei C.- S. al pagamento delle spese processuali.
Radicatosi il contraddittorio, C.G. e S.L., nel costituirsi in giudizio, contestavano, perché infondate, le censure mosse da parte appellante nei confronti della sentenza impugnata, della quale chiedevano per contro la conferma.
Con decreto del 21.7-6.9.2021, la Corte disponeva il procedimento di mediazione D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2, che si concludeva con la presa d'atto, da parte del mediatore, della mancata partecipazione personale dell'appellante.
Esaurita la trattazione, la causa veniva trattenuta in decisione in data 09/02/2022, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte, a seguito di trattazione scritta, con i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Deve, preliminarmente, essere esaminata l'eccezione di improcedibilità del presente giudizio di appello, per la mancata partecipazione di P.I.A., quale socia accomandataria e legale rappresentante della società appellante, al procedimento di mediazione disposto da questa Corte con decreto del 21.7-6.9.2021.
Orbene, la normativa introdotta con il D.Lgs. n. 28 del 2010, ed aggiornata con il D.L. n. 69 del 2013, conv. con modificazioni nella L. n. 98 del 2013, prevede all'art. 5, commi 2 e 2 bis, che: "2. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. 2-bis. Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo".
La novella del 2013 ha attribuito al giudice il potere di invitare le parti ad attivare la mediazione anche nelle materie per le quali il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, esclude l'obbligatorietà, indipendentemente dalla loro adesione, originariamente richiesta. Il provvedimento può essere adottato, anche in appello, fino all'udienza di precisazione delle conclusioni o, se non prevista, fino alla discussione della causa anche nei casi in cui l'attore prima dell'introduzione del giudizio abbia già (inutilmente) esperito il tentativo obbligatorio.
La disciplina dispone che ove il giudice, in ragione della natura, dello stato dell'istruttoria e del comportamento delle parti, ritenga che la causa presenti indici di mediabilità e possa, quindi, essere definita mediante un accordo amichevole attraverso l'elaborazione di una proposta, dispone l'invio delle parti in mediazione senza necessità di raccogliere il consenso delle parti, cosicché accanto alla mediazione obbligatoria ope legis è prevista una mediazione obbligatoria ope iudicis. Ove il giudice disponga in tal senso, l'esperimento della mediazione diviene condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Il che è avvenuto nel caso di specie, dove il Collegio, con ordinanza del 21.7-6.9.2021, ravvisando l'esistenza dei predetti indici di mediabilità, ha disposto l'attivazione della procedura D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2.
Ebbene, pur essendo il procedimento di mediazione stato tempestivamente attivato da parte appellante, quest'ultima ha omesso di comparire dinanzi al mediatore, atteso che all'incontro all'uopo fissato era presente solo il suo difensore (a favore del quale non consta, peraltro, neppure il conferimento di procura speciale).
Pertanto, il mediatore, dato atto dell'ingiustificata assenza di P.I.A., quale socia accomandataria e legale rappresentante della società appellante, ha dichiarato fallito il tentativo di mediazione (cfr. verbale in atti).
Si tratta, allora, di stabilire se la condizione di procedibilità possa dirsi avverata per effetto della sola presentazione della domanda di mediazione.
Al quesito deve darsi risposta negativa, sulla scia di quanto già affermato dalla Suprema Corte secondo cui: "in ipotesi di mediazione delegata D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, commi 2 e 2-bis, ciò che rileva, ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione - da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo - e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che la dispone" (cfr. Cassazione civile, sez. 2^, 14/12/2021, n. 40035).
Vero è che tale principio è stato enunciato con riferimento ad una fattispecie diversa da quella in esame, in cui il procedimento di mediazione era stato comunque esperito (con la partecipazione di entrambe le parti), pur essendo stato attivato oltre il termine legale; da ciò la conclusione, cui è pervenuta la Corte di Cassazione, che non poteva essere dichiarata l'improcedibilità della domanda.
Tuttavia, avuto riguardo alla sua portata generale, il predetto principio è senz'altro suscettibile di applicazione anche alla fattispecie dedotta in causa, ponendosi in linea con altro recente arresto giurisprudenziale in materia.
Difatti, come affermato sempre dalla Corte di Cassazione, sia pure con riferimento alle materie rientranti nella c.d. mediazione obbligatoria: "Nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (come introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, conv., con modif., in L. n. 98 del 2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste (...) La condizione di procedibilità si intende positivamente assolta con l'avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all'esito del quale la parte può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di proseguire utilmente la procedura" (cfr. Cassazione civile, sez. 3^, 27/03/2019, n. 8473).
Pertanto, ciò che conta, al fine di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità, non è la semplice introduzione del procedimento di mediazione, bensì il concreto esperimento della stessa, in linea con quanto disposto dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, secondo cui: "l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda anche in sede di appello".
E per consentire l'effettivo esperimento del procedimento di mediazione, non vi è dubbio che sia necessaria la presenza personale della parte (o di un suo rappresentante munito di procura speciale).
Trattasi, del resto, di conclusione coerente con il dettato normativo, atteso che il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, dedicato al procedimento di mediazione, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati.
Come affermato dalla Suprema Corte: "la previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato" (cfr. Cass. civ., n. 8473/2019 cit.).
Il che è proprio quanto accaduto nel caso in esame, dove la P., legale rappresentante della società appellante, non si è presentata dinanzi al mediatore, limitandosi ad inviare soltanto il suo avvocato, peraltro sprovvisto di procura speciale (e, quindi, non abilitato a rappresentare, in quella sede, la parte, atteso che: "nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale" cfr. Cass. civ., 8473/2019 cit.).
E' innegabile, quindi, che la mancata comparizione della parte dinanzi al mediatore ha impedito l'esperimento del procedimento e, quindi, il soddisfacimento della condizione di procedibilità la quale, come affermato dalla Suprema Corte in entrambe le pronunce citate, può ritenersi positivamente assolta solo "con l'avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore".
Del resto, non vi può essere dubbio che il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi nonché a trovare una soluzione che, al di là delle questioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali.
Da ciò l'imprescindibilità della partecipazione personale delle parti (o di un loro rappresentante munito di idonea procura), di cui il mediatore necessita proprio al fine di verificare la fattibilità dell'inizio della procedura di mediazione vera e propria. Ne consegue che laddove, come nel caso in esame, a causa della mancata comparizione della parte che avrebbe avuto interesse ad esperire il procedimento di mediazione  all'evidente fine di continuare a coltivare il giudizio  non si sia tenuto neppure il primo incontro dinanzi al mediatore, la conclusione non può che essere quella della improcedibilità del giudizio. Invero, pur vertendosi, nella specie, di mediazione delegata (e cioè D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2), la stessa, una volta disposta, produce gli stessi effetti della mediazione obbligatoria, nel senso che, analogamente a quanto previsto nei casi di cui ai commi 1 e 1-bis della citata disposizione, il suo esperimento è condizione di procedibilità della domanda. Ne deriva che l'onere della sua attivazione spetterà alla parte che ha interesse alla prosecuzione del giudizio (nel caso di specie, l'appellante), sicché è al suo comportamento che occorre fare riferimento per verificare se la condizione di procedibilità (e, quindi, l'effettivo svolgimento della mediazione) è stata o meno soddisfatta. Ebbene, non solo parte appellante ha omesso di comparire personalmente (o tramite persona appositamente delegata) al procedimento di mediazione ma, a fronte dell'eccezione di improcedibilità del giudizio tempestivamente sollevata dalla controparte (cfr. note di trattazione scritta depositate il 31.1.2022) ha omesso completamente di prendere posizione sulla stessa nelle sue successive difese, con la conseguenza che la sua assenza è rimasta assolutamente ingiustificata. Non può, quindi, ritenersi soddisfatta la condizione di procedibilità di cui al menzionato art. 5, comma 2, proprio a causa dell'inerzia della parte che avrebbe avuto interesse a coltivare il giudizio. Per quanto esposto, si impone la dichiarazione di improcedibilità dell'appello. Le spese del presente grado seguono la soccombenza e vengono così liquidate ex D.M. n. 55 del 2014 (valore Euro 26.001-52.000): Fase di studio della controversia, valore medio: Euro 1.960,00;
Fase introduttiva del giudizio, valore medio: Euro 1.350,00;
Fase decisionale, valore medio: Euro 3.305,00;
Compenso tabellare: Euro 6.615,00 oltre 15% per rimborso forfetario, IVA e CAP come per legge.
Si esclude la fase di istruttoria/trattazione in quanto non svolta.
 

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Chi è l'autore
Avv. Nicola Aldo  Solimena Mediatore Avv. Nicola Aldo Solimena
Sono iscritto all'albo degli Avvocati del Foro di Genova dal 2008 e svolgo l'attività sia giudiziale che stragiudiziale in ambito civilistico con particolare riferimento alla responsabilità civile, professionale e medica, all'infortunistica, alla materia contrattuale ed alla materia immobiliare (amministrazioni patrimoniali e condominiali) oltre all'attività diretta al recupero crediti.

Ho deciso di intraprendere questo percorso come mediatore perché credo che la mediazione sia uno strumento ...
continua





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