Non so a quanti di voi sia capitato di dover gestire una mediazione “a distanza”, sia in qualità di mediatori che di avvocati delle parti. Ormai le nostre vite si sono intrecciate nelle maglie della “rete”, del c.d. web che, con i suoi pregi o difetti, indiscutibilmente rappresenta una risorsa pressoché illimitata, se la si sa governare nel modo giusto.
Anche la mediazione sempre più spesso si svolge mediante collegamenti on-line, specie quando una o più parti risiedono a grande distanza dal luogo territorialmente competente per incardinare la procedura, così che l'utilizzo di una piattaforma telematica rappresenta una soluzione alle altrimenti comprensibili difficoltà di organizzare gli incontri facendo presenziare direttamente tutti i soggetti interessati.
In tali casi, l'O.d.M., (come ad esempio 101 Mediatori è in grado di fare), sentite parti e mediatori, autorizza lo svolgimento telematico della procedura, facilitando in tal modo incontri che difficilmente si potrebbero svolgere alla presenza diretta e contestuale di parti ed avvocati lontani tra di loro anche centinaia di chilometri.
La metodologia risulta piuttosto semplice, anche per professionisti e parti non propriamente esperti internauti: tramite il p.c. si attiva l’apposita piattaforma di collegamento in videoconferenza e, ottenuta la partecipazione alla conversazione di tutte le parti interessate, si prosegue come in una procedura tradizionale: prima con l'esposizione del preambolo a cura del mediatore, e poi con le sessioni congiunte e separate, sino all'eventuale (sperato) raggiungimento di un accordo.
Dove sta, allora, la differenza, ovvero, in ipotesi, il problema di gestione di una mediazione in video conferenza, rispetto ad una procedura tradizionale?
Si potrebbe concentrare tutto in una parola: distanza. Che vuol dire lontananza fisica, ma anche mentale; difficoltà di comunicazione (che va oltre al normale standard di criticità generato dalle posizioni delle parti che partono naturalmente contrapposte); ostacoli ad interagire non solo con il linguaggio verbale ma anche con ogni senso e parte del corpo, per creare e quindi mantenere quel “contatto” che è l'indispensabile viatico nel cammino verso un potenziale accordo.
Solitamente le parti ed i loro avvocati si arroccano sulle proprie posizioni, più di quanto succede in una mediazione “normale”, perché la barriera dello schermo funge loro quasi da scudo, facendoli sentire più al riparo, emotivamente parlando, e li rende assai meno inclini a modificare dette posizioni di partenza per trovare un punto di incontro, in quella che tecnicamente si chiama ZOPA (zona di possibile accordo).
Spesso, inoltre, accade che una delle parti, o lo stesso suo legale, decida di fare “la voce grossa”, trasformando la conversazione a distanza in una rissa vera e propria, alla quale il mediatore è costretto ad assistere impotente, magari dopo aver tentato a lungo di inserirsi tra i “litiganti” e di placare gli animi.
Talvolta, poi, qualcuno dei partecipanti alla video conferenza sceglie deliberatamente di violare le regole, non solo della buona educazione, ma anche di riservatezza, che, come sappiamo, è uno dei pilastri della mediazione.
E allora, come possono, mediatore ed avvocati, lavorare in sinergia, affinché l'opportunità fornita dalle risorse della rete non si tramuti in uno sterile battibecco o, peggio, in un percorso di guerra, irto di insidie, che porta inevitabilmente ad una resa incondizionata nella quale tutti perdono, a dispetto della logica della mediazione che ha invece come motto il concetto del WIN-WIN (tutti vincono)?
Certo, non esiste un rimedio universale, che metta al riparo tutti gli interessati (mediatore, parti ed avvocati) dagli “svantaggi” del web, ma forse le seguenti brevi linee guida, elaborate sulla scorta di esperienza sul campo, possono tornare d'aiuto, qualora ci si debba cimentare in un incarico (se mediatori o avvocati) o anche in una semplice presenza (se parti) all'interno di una mediazione in video conferenza.
Ergo, dato per scontato che ognuno di noi sappia accendere un computer e collegarsi con audio e video su una piattaforma web, quali cautele o accorgimenti può utilizzare nell'incontro “virtuale”?
Partirei con alcuni consigli, che magari potranno essere implementati cammin facendo da ognuno di noi, a seconda dei casi trattati.
1- E' fondamentale, in questo tipo di mediazione “a distanza”, ancor più che nella procedura classica, che il mediatore esiga fin dall'inizio il rispetto da parte di tutti i soggetti coinvolti nell'incontro, perché se riesce da subito a comunicare autorevolezza, sarà poi facilitato a moderare la conversazione on line.
2- Se necessario, il mediatore dovrebbe escludere temporaneamente dalla conversazione(un po' come accade nei talk show televisivi mediante l'eliminazione del microfono) le parti o l'avvocato recalcitranti agli ammonimenti dati, lasciandoli solo a video, sin quando non manifesteranno di voler rispettare le regole dell'incontro enunciate nel preambolo dal mediatore.
3- Gli avvocati, qualora posti in difficoltà da colleghi particolarmente aggressivi o prevaricatori, dovrebbero poter chiedere al mediatore di essere sentiti sin da subito con le loro parti in sessioni separate, al fine di avere le stesse chances dei “più forti”, di prendere la parola.
4- Sarebbe opportuno che il mediatore, dopo lo svolgimento di ogni sessione separata, inserisse immediatamente sulla chat della piattaforma web, alcune sintetiche note informative- nei limiti dell'obbligo di riservatezza- al fine di far percepire ad entrambe le parti la assoluta imparzialità del proprio impegno, e di far loro superare il senso di isolamento dato dal (sia pur breve) black out del collegamento, durante il turno di sessione altrui.
5- Il mediatore, ogni qualvolta lo reputi necessario, dopo l'esposizione del discorso introduttivo, potrebbe sottoporre alle parti una dichiarazione di impegno alla riservatezza, se del caso includente la previsione di sanzioni (in caso di sua successiva verificata inosservanza), chiedendo che esse parti la sottoscrivano e gliela restituiscano tramite la chat , previa autentica delle firme da parte dei rispettivi difensori.
6- Analogo scambio tramite chat, prima del caricamento del file sul portale dell'o.d.m., dovrebbe avvenire per la bozza del verbale e, ovviamente, dell'eventuale accordo.
Tutto ciò nell'ottica di ridurre per quanto possibile la distanza oggettiva ma, soprattutto, quella “percepita”, tra i soggetti della mediazione, rendendoli partecipativi e presenti, sia pure virtualmente, in ogni fase della procedura.
In tali casi, l'O.d.M., (come ad esempio 101 Mediatori è in grado di fare), sentite parti e mediatori, autorizza lo svolgimento telematico della procedura, facilitando in tal modo incontri che difficilmente si potrebbero svolgere alla presenza diretta e contestuale di parti ed avvocati lontani tra di loro anche centinaia di chilometri.
La metodologia risulta piuttosto semplice, anche per professionisti e parti non propriamente esperti internauti: tramite il p.c. si attiva l’apposita piattaforma di collegamento in videoconferenza e, ottenuta la partecipazione alla conversazione di tutte le parti interessate, si prosegue come in una procedura tradizionale: prima con l'esposizione del preambolo a cura del mediatore, e poi con le sessioni congiunte e separate, sino all'eventuale (sperato) raggiungimento di un accordo.
Dove sta, allora, la differenza, ovvero, in ipotesi, il problema di gestione di una mediazione in video conferenza, rispetto ad una procedura tradizionale?
Si potrebbe concentrare tutto in una parola: distanza. Che vuol dire lontananza fisica, ma anche mentale; difficoltà di comunicazione (che va oltre al normale standard di criticità generato dalle posizioni delle parti che partono naturalmente contrapposte); ostacoli ad interagire non solo con il linguaggio verbale ma anche con ogni senso e parte del corpo, per creare e quindi mantenere quel “contatto” che è l'indispensabile viatico nel cammino verso un potenziale accordo.
Solitamente le parti ed i loro avvocati si arroccano sulle proprie posizioni, più di quanto succede in una mediazione “normale”, perché la barriera dello schermo funge loro quasi da scudo, facendoli sentire più al riparo, emotivamente parlando, e li rende assai meno inclini a modificare dette posizioni di partenza per trovare un punto di incontro, in quella che tecnicamente si chiama ZOPA (zona di possibile accordo).
Spesso, inoltre, accade che una delle parti, o lo stesso suo legale, decida di fare “la voce grossa”, trasformando la conversazione a distanza in una rissa vera e propria, alla quale il mediatore è costretto ad assistere impotente, magari dopo aver tentato a lungo di inserirsi tra i “litiganti” e di placare gli animi.
Talvolta, poi, qualcuno dei partecipanti alla video conferenza sceglie deliberatamente di violare le regole, non solo della buona educazione, ma anche di riservatezza, che, come sappiamo, è uno dei pilastri della mediazione.
E allora, come possono, mediatore ed avvocati, lavorare in sinergia, affinché l'opportunità fornita dalle risorse della rete non si tramuti in uno sterile battibecco o, peggio, in un percorso di guerra, irto di insidie, che porta inevitabilmente ad una resa incondizionata nella quale tutti perdono, a dispetto della logica della mediazione che ha invece come motto il concetto del WIN-WIN (tutti vincono)?
Certo, non esiste un rimedio universale, che metta al riparo tutti gli interessati (mediatore, parti ed avvocati) dagli “svantaggi” del web, ma forse le seguenti brevi linee guida, elaborate sulla scorta di esperienza sul campo, possono tornare d'aiuto, qualora ci si debba cimentare in un incarico (se mediatori o avvocati) o anche in una semplice presenza (se parti) all'interno di una mediazione in video conferenza.
Ergo, dato per scontato che ognuno di noi sappia accendere un computer e collegarsi con audio e video su una piattaforma web, quali cautele o accorgimenti può utilizzare nell'incontro “virtuale”?
Partirei con alcuni consigli, che magari potranno essere implementati cammin facendo da ognuno di noi, a seconda dei casi trattati.
1- E' fondamentale, in questo tipo di mediazione “a distanza”, ancor più che nella procedura classica, che il mediatore esiga fin dall'inizio il rispetto da parte di tutti i soggetti coinvolti nell'incontro, perché se riesce da subito a comunicare autorevolezza, sarà poi facilitato a moderare la conversazione on line.
2- Se necessario, il mediatore dovrebbe escludere temporaneamente dalla conversazione(un po' come accade nei talk show televisivi mediante l'eliminazione del microfono) le parti o l'avvocato recalcitranti agli ammonimenti dati, lasciandoli solo a video, sin quando non manifesteranno di voler rispettare le regole dell'incontro enunciate nel preambolo dal mediatore.
3- Gli avvocati, qualora posti in difficoltà da colleghi particolarmente aggressivi o prevaricatori, dovrebbero poter chiedere al mediatore di essere sentiti sin da subito con le loro parti in sessioni separate, al fine di avere le stesse chances dei “più forti”, di prendere la parola.
4- Sarebbe opportuno che il mediatore, dopo lo svolgimento di ogni sessione separata, inserisse immediatamente sulla chat della piattaforma web, alcune sintetiche note informative- nei limiti dell'obbligo di riservatezza- al fine di far percepire ad entrambe le parti la assoluta imparzialità del proprio impegno, e di far loro superare il senso di isolamento dato dal (sia pur breve) black out del collegamento, durante il turno di sessione altrui.
5- Il mediatore, ogni qualvolta lo reputi necessario, dopo l'esposizione del discorso introduttivo, potrebbe sottoporre alle parti una dichiarazione di impegno alla riservatezza, se del caso includente la previsione di sanzioni (in caso di sua successiva verificata inosservanza), chiedendo che esse parti la sottoscrivano e gliela restituiscano tramite la chat , previa autentica delle firme da parte dei rispettivi difensori.
6- Analogo scambio tramite chat, prima del caricamento del file sul portale dell'o.d.m., dovrebbe avvenire per la bozza del verbale e, ovviamente, dell'eventuale accordo.
Tutto ciò nell'ottica di ridurre per quanto possibile la distanza oggettiva ma, soprattutto, quella “percepita”, tra i soggetti della mediazione, rendendoli partecipativi e presenti, sia pure virtualmente, in ogni fase della procedura.