Il diritto successorio è sicuramente da annoverare tra le materie che più di frequente vengono fatte oggetto di mediazione, in quanto il contenzioso in tale ambito è da sempre importante e, nel pensiero del legislatore, il ricorso alla mediazione obbligatoria doveva appunto avere un effetto deflattivo sulle migliaia di giudizi annualmente promossi dinanzi ai Tribunali del nostro Paese.
Proprio in tale ambito successorio, accade spesso che il mediatore si trovi investito di domande e perplessità provenienti dalle parti, le quali, magari dopo aver faticosamente raggiunto un accordo di massima, temono di non poter disciplinare efficacemente le relative pattuizioni, senza incorrere in difficoltà sia con il notaio che dovrà stipulare l'atto pubblico o scrittura privata successivi, sia con la Conservatoria ed Agenzia delle entrate rispettivamente competenti ai fini della trascrizione del medesimo atto e del pagamento degli oneri di legge connessi.
Esaminiamo, per esemplificare, un caso pratico.
Più parti istanti, identificabili come unico centro di interessi e parenti in linea collaterale del de cuius (e pertanto soggetti non destinatari della eventuale quota di legittima) propongono istanza di mediazione per impugnarne il testamento olografo, eccependone la non autenticità, nonché l'incapacità di intendere e di volere del testatore, ed invitano all'incontro la persona beneficiaria delle disposizioni testamentarie. Ottenuta l'adesione del chiamato, e dopo faticose e lunghe sessioni, le parti tutte addivengono ad un accordo di massima che prevede la cessione - da parte dell'erede testamentario- della quota di proprietà di un bene immobile pervenutole dal de cuius (assieme ad altri cespiti). Gli istanti chiedono tuttavia che la cessione non sia diretta in loro favore, ma che vada a beneficio di una loro congiunta, terza estranea non chiamata in mediazione ma comproprietaria per il residuo del medesimo immobile.
Ciò può accadere perchè spesso, come è noto, in mediazione emergono i bisogni reali delle parti, che non coincidono quasi mai con le posizioni rappresentate in istanza e nell'atto di adesione.
Posto che l'accordo di massima raggiunto dai presenti andrà ad incidere nella sfera giuridica del terzo, si palesa la necessità di integrare il contraddittorio con il comproprietario-litisconsorte, rinviando l'incontro ad altra data per gli adempimenti del caso.
Questo lo scenario ordinario, ma, per quanto sopra detto, qualora si volesse evitare di “allargare” la procedura anche al terzo, le parti potrebbero optare per la sottoscrizione di un accordo nel quale gli istanti fossero indicati come destinatari della cessione della quota del bene, ma con facoltà di individuare prima o contestualmente al successivo rogito notarile un terzo - che non sarà parte dell'accordo- ma in favore del quale il futuro atto esplicherà i suoi effetti.
Tale contratto senza corrispettivi in favore del terzo, previsto ed ammesso dall'art. 1411 c.c. (“È valida la stipulazione a favore di un terzo [1273, 1773, 1875, 1920] (1), qualora lo stipulante vi abbia interesse. Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione”) risulta essere la soluzione transattiva pratica ed al contempo legalmente valida a cui le parti in mediazione possono giungere senza dover integrare il contraddittorio rispetto al terzo non presente in mediazione. In dottrina si è a lungo discusso sulla applicabilità del contratto a favore del terzo ai negozi con effetti reali, e le tesi prevalenti, sia in senso positivo (Capozzi) che negativo (Bianca), in realtà presentano tutte alcune criticità o sul piano pratico (difficoltà in punto di trascrizione, revoca del disponente o rifiuto del terzo per la tesi positiva) o su quello teorico (svantaggi per il terzo, secondo la tesi negativa).
A prevalere è tuttavia la tesi positiva, essendo facilmente superabile l'argomento desunto dall'art. 1376 c.c. e fondato sulla necessità del consenso del terzo (trattandosi di principio generale che, come tale, ammette eccezioni) ed anche quello relativo alle presunte problematiche in tema di trascrizione (per analogia si desume infatti dall'art. 2648 c.c. che un atto si può trascrivere anche senza presentare l'adesione del beneficiario, nel nostro caso il terzo).
Infine, da un punto di vista fiscale, l'atto a favore del terzo sarà tassato una sola volta, secondo il negozio base, poiché “l'attribuzione al terzo non incide sulla tassazione dell’atto, non essendo comunque il contratto a favore di terzo ricostruibile come una pluralita` di negozi fra loro connessi o collegati ma trattandosi di un unico atto al quale e` apposta una clausola che consente la deviazione degli effetti al terzo in via diretta (A. Marrese, Studi Civilstici 2008)”.
Detto contratto potrà altresì usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalle norme sulla mediazione, che costituiscono altro importante incentivo alle parti per tale tipo di definizione della lite extra iudicium.
Tornando adesso dall'esempio concreto agli aspetti generali dell'istituto “mediazione”, risulta quindi ancora più chiaro che il mediatore dovrà saper affrontare anche casi - per così dire - “particolari”, dando dimostrazione di competenza e di preparazione, allo scopo principale di far concludere positivamente l'iter della mediazione mediante un accordo valido, ma anche per fidelizzare le parti in eventuali future mediazioni.
Appare quindi indispensabile conoscere bene la materia sulla quale si andrà a lavorare, sia da un punto di vista strettamente normativo che giurisprudenziale e dottrinale, ponendo attenzione anche alla prassi in uso alle varie conservatorie ed agenzie delle entrate che, spesso con circolari, intendono disciplinarne gli aspetti fiscali in maniera per così dire “originale” rispetto a quanto un professionista del diritto - sia esso un legale oppure un notaio - potrebbe interpretare dalla “sola” lettura delle norme in materia.
Tenuto conto che la ridotta durata dell'iter ed i costi assai contenuti sono due degli aspetti che, assieme alle agevolazioni fiscali ed al vantaggio nel potenziale recupero delle relazioni umane, depongono a favore della mediazione per la risoluzione di tali conflitti ereditari al di fuori delle aule di giustizia, sarà opportuno che il mediatore si adoperi per garantire il celere raggiungimento del target “accordo” sostenendo, se possibile, soluzioni che non determinino l'estensione dell'ambito soggettivo della lite, e, di conseguenza, la necessità di esperire una nuova fase di mediazione successiva alla chiamata del terzo, laddove si possa effettivamente prescindere dal considerarlo litisconsorte necessario.
Tale capacità di concludere celermente la procedura non deve tuttavia far passare in secondo piano il dovere del mediatore di assicurare alle parti tutte le garanzie che per legge le devono assistere, sino alla sottoscrizione dell'accordo finale, per cui il mediatore non dovrà trovarsi in difficoltà nel rispondere ai loro eventuali dubbi, indirizzandole verso la soluzione più conveniente ma al contempo anche legalmente valida, “a prova di notaio, conservatoria ed agenzia delle entrate”; in tale ottica collaborativa è quindi indispensabile interagire efficacemente sia con il professionista che dovrà occuparsi della stipula, sia, se necessario, con gli enti al cui vaglio l'atto sarà sottoposto per ottenerne la trascrizione e registrazione.
Proprio in tale ambito successorio, accade spesso che il mediatore si trovi investito di domande e perplessità provenienti dalle parti, le quali, magari dopo aver faticosamente raggiunto un accordo di massima, temono di non poter disciplinare efficacemente le relative pattuizioni, senza incorrere in difficoltà sia con il notaio che dovrà stipulare l'atto pubblico o scrittura privata successivi, sia con la Conservatoria ed Agenzia delle entrate rispettivamente competenti ai fini della trascrizione del medesimo atto e del pagamento degli oneri di legge connessi.
Esaminiamo, per esemplificare, un caso pratico.
Più parti istanti, identificabili come unico centro di interessi e parenti in linea collaterale del de cuius (e pertanto soggetti non destinatari della eventuale quota di legittima) propongono istanza di mediazione per impugnarne il testamento olografo, eccependone la non autenticità, nonché l'incapacità di intendere e di volere del testatore, ed invitano all'incontro la persona beneficiaria delle disposizioni testamentarie. Ottenuta l'adesione del chiamato, e dopo faticose e lunghe sessioni, le parti tutte addivengono ad un accordo di massima che prevede la cessione - da parte dell'erede testamentario- della quota di proprietà di un bene immobile pervenutole dal de cuius (assieme ad altri cespiti). Gli istanti chiedono tuttavia che la cessione non sia diretta in loro favore, ma che vada a beneficio di una loro congiunta, terza estranea non chiamata in mediazione ma comproprietaria per il residuo del medesimo immobile.
Ciò può accadere perchè spesso, come è noto, in mediazione emergono i bisogni reali delle parti, che non coincidono quasi mai con le posizioni rappresentate in istanza e nell'atto di adesione.
Posto che l'accordo di massima raggiunto dai presenti andrà ad incidere nella sfera giuridica del terzo, si palesa la necessità di integrare il contraddittorio con il comproprietario-litisconsorte, rinviando l'incontro ad altra data per gli adempimenti del caso.
Questo lo scenario ordinario, ma, per quanto sopra detto, qualora si volesse evitare di “allargare” la procedura anche al terzo, le parti potrebbero optare per la sottoscrizione di un accordo nel quale gli istanti fossero indicati come destinatari della cessione della quota del bene, ma con facoltà di individuare prima o contestualmente al successivo rogito notarile un terzo - che non sarà parte dell'accordo- ma in favore del quale il futuro atto esplicherà i suoi effetti.
Tale contratto senza corrispettivi in favore del terzo, previsto ed ammesso dall'art. 1411 c.c. (“È valida la stipulazione a favore di un terzo [1273, 1773, 1875, 1920] (1), qualora lo stipulante vi abbia interesse. Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione”) risulta essere la soluzione transattiva pratica ed al contempo legalmente valida a cui le parti in mediazione possono giungere senza dover integrare il contraddittorio rispetto al terzo non presente in mediazione. In dottrina si è a lungo discusso sulla applicabilità del contratto a favore del terzo ai negozi con effetti reali, e le tesi prevalenti, sia in senso positivo (Capozzi) che negativo (Bianca), in realtà presentano tutte alcune criticità o sul piano pratico (difficoltà in punto di trascrizione, revoca del disponente o rifiuto del terzo per la tesi positiva) o su quello teorico (svantaggi per il terzo, secondo la tesi negativa).
A prevalere è tuttavia la tesi positiva, essendo facilmente superabile l'argomento desunto dall'art. 1376 c.c. e fondato sulla necessità del consenso del terzo (trattandosi di principio generale che, come tale, ammette eccezioni) ed anche quello relativo alle presunte problematiche in tema di trascrizione (per analogia si desume infatti dall'art. 2648 c.c. che un atto si può trascrivere anche senza presentare l'adesione del beneficiario, nel nostro caso il terzo).
Infine, da un punto di vista fiscale, l'atto a favore del terzo sarà tassato una sola volta, secondo il negozio base, poiché “l'attribuzione al terzo non incide sulla tassazione dell’atto, non essendo comunque il contratto a favore di terzo ricostruibile come una pluralita` di negozi fra loro connessi o collegati ma trattandosi di un unico atto al quale e` apposta una clausola che consente la deviazione degli effetti al terzo in via diretta (A. Marrese, Studi Civilstici 2008)”.
Detto contratto potrà altresì usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalle norme sulla mediazione, che costituiscono altro importante incentivo alle parti per tale tipo di definizione della lite extra iudicium.
Tornando adesso dall'esempio concreto agli aspetti generali dell'istituto “mediazione”, risulta quindi ancora più chiaro che il mediatore dovrà saper affrontare anche casi - per così dire - “particolari”, dando dimostrazione di competenza e di preparazione, allo scopo principale di far concludere positivamente l'iter della mediazione mediante un accordo valido, ma anche per fidelizzare le parti in eventuali future mediazioni.
Appare quindi indispensabile conoscere bene la materia sulla quale si andrà a lavorare, sia da un punto di vista strettamente normativo che giurisprudenziale e dottrinale, ponendo attenzione anche alla prassi in uso alle varie conservatorie ed agenzie delle entrate che, spesso con circolari, intendono disciplinarne gli aspetti fiscali in maniera per così dire “originale” rispetto a quanto un professionista del diritto - sia esso un legale oppure un notaio - potrebbe interpretare dalla “sola” lettura delle norme in materia.
Tenuto conto che la ridotta durata dell'iter ed i costi assai contenuti sono due degli aspetti che, assieme alle agevolazioni fiscali ed al vantaggio nel potenziale recupero delle relazioni umane, depongono a favore della mediazione per la risoluzione di tali conflitti ereditari al di fuori delle aule di giustizia, sarà opportuno che il mediatore si adoperi per garantire il celere raggiungimento del target “accordo” sostenendo, se possibile, soluzioni che non determinino l'estensione dell'ambito soggettivo della lite, e, di conseguenza, la necessità di esperire una nuova fase di mediazione successiva alla chiamata del terzo, laddove si possa effettivamente prescindere dal considerarlo litisconsorte necessario.
Tale capacità di concludere celermente la procedura non deve tuttavia far passare in secondo piano il dovere del mediatore di assicurare alle parti tutte le garanzie che per legge le devono assistere, sino alla sottoscrizione dell'accordo finale, per cui il mediatore non dovrà trovarsi in difficoltà nel rispondere ai loro eventuali dubbi, indirizzandole verso la soluzione più conveniente ma al contempo anche legalmente valida, “a prova di notaio, conservatoria ed agenzia delle entrate”; in tale ottica collaborativa è quindi indispensabile interagire efficacemente sia con il professionista che dovrà occuparsi della stipula, sia, se necessario, con gli enti al cui vaglio l'atto sarà sottoposto per ottenerne la trascrizione e registrazione.